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19 Maggio 2025 - 10:42
RSA Poliziano
Davanti all’ingresso della RSA Poliziano di via Vigliano a Settimo Torinese, tra le voci rotte dalla frustrazione e gli occhi lucidi, va in scena l’ennesima pagina amara del lavoro precario in Italia. Una ventina tra addette alle pulizie e operatori socio-sanitari, in servizio all’interno della struttura ma formalmente assunte attraverso l’agenzia Arkigest Srl di Milano, denunciano il ritardo nel pagamento degli stipendi. Un grido che parte sommesso, tra le mura della casa di riposo, ma che ora si fa pubblico e politico: “Siamo in difficoltà. Non ci hanno ancora pagato. È successo il mese scorso, sta succedendo di nuovo. Non ce la facciamo più”.
Lo stipendio del mese di aprile non è arrivato. E neppure i premi previsti dal contratto Uneba. Nessuna comunicazione diretta dalla struttura, solo lettere fredde e distanti, firmate dall’agenzia. Ma a far più male di tutto è il senso di invisibilità, il sentirsi ingranaggi sostituibili, l’ennesima catena dell’esternalizzazione in cui chi lavora è sempre l’anello più debole.
“Abbiamo famiglia. Mangiamo anche noi. Ci devono dire le cose come stanno”, racconta una delle lavoratrici, stanca di restare in silenzio. “I dipendenti della Rsa Poliziano, quelli assunti direttamente, lo stipendio l’hanno preso. Noi invece no. E Arkigest ci dice che il problema è che la struttura non paga le fatture. Ma a noi questo non interessa. Noi lavoriamo, vogliamo essere pagate”.
La catena di responsabilità è contorta, ma non nuova nel panorama dei servizi alla persona: la RSA è gestita dal Gruppo La Villa, un colosso della sanità privata, mentre Arkigest è l’agenzia interinale che assume direttamente le lavoratrici in somministrazione. I rapporti economici si rompono tra fatture contestate, bonifici mancati e accuse reciproche, ma a farne le spese – ancora una volta – sono le persone in carne e ossa.
Un documento firmato Arkigest Srl e inviato alle dipendenti, datato 16 maggio 2025, parla chiaro: “Siamo costretti a comunicarle con la presente che, a seguito di ingiustificati inadempimenti nei pagamenti che si protraggono da due mesi, da parte dell’azienda utilizzatrice presso la quale operate in somministrazione, non possiamo garantire la regolare erogazione degli stipendi del mese di aprile..."
Non un caso isolato, quindi, ma una situazione di crisi che dura da settimane. Nel comunicato ufficiale, Arkigest racconta che al 29 aprile 2025, il Gruppo La Villa non aveva ancora saldato le fatture in scadenza già da fine marzo, e che – nonostante ciò – l’agenzia aveva comunque anticipato gli stipendi di marzo alle lavoratrici. Una mossa definita “gravosa”, resa possibile solo grazie a una disponibilità interna che ora non è più sostenibile.
Ma c’è di più. Sempre secondo la nota di Arkigest, il 29 aprile il Gruppo La Villa avrebbe inviato 352 contestazioni su altrettanti importi, ma in modo generico, ritenendo “non corrette” le somme richieste. Solo in 91 casi è stato indicato l’importo considerato esatto. Un comportamento, si legge nella lettera, che “ha deliberatamente messo la nostra azienda in difficoltà operative e finanziarie”.
E mentre le due società si accusano a vicenda – una per non pagare, l’altra per aver risposto tardi – le lavoratrici sono in trincea, senza soldi, senza certezze e senza risposte. Alcune di loro, raccontano, hanno ricevuto una proposta informale da parte della RSA: quella di essere pagate direttamente dalla struttura in via straordinaria, bypassando l’agenzia. Arkigest avrebbe dato il benestare, ma anche questo – al momento – è rimasto lettera morta.
Intanto, si continua a lavorare. Per senso di responsabilità, per rispetto degli anziani ospiti, perché anche nei momenti peggiori c’è chi mette avanti la coscienza. Ma il malessere cresce. “Siamo disperate”, ripetono più volte le donne in presidio.
“Non è giusto che chi ha il contratto diretto venga pagato e chi lavora allo stesso modo, con le stesse mansioni, resti senza nulla. Non è colpa nostra se ci hanno assunte tramite agenzia. Non possiamo più aspettare”.
Il contratto collettivo applicato è l’Uneba, che prevede anche un premio annuale, che ad oggi non è ancora stato versato. E nessuno ha spiegato loro perché. Nessuna riunione, nessun confronto. Solo silenzi. Silenzi che fanno più male di ogni ritardo.
Una vicenda che si ripete: il mondo della sanità privata e delle RSA, spesso finanziato anche con fondi pubblici, continua a vivere su un equilibrio precario in cui le cooperative, le agenzie e i gruppi gestori scaricano responsabilità mentre chi assiste gli anziani, lava i pavimenti, cambia i pannoloni, rischia di non ricevere il salario.
E allora si protesta. Non con i megafoni, ma con i volti stanchi e dignitosi. Non con gli slogan, ma telefonando ad un giornale, con parole semplici: “Abbiamo lavorato. Ora vogliamo essere pagate”.
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