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Lago di Candia, strage di carpe: due tonnellate di pesci morti e un virus che agita le acque del parco

Colpito da una moria senza precedenti, il lago di Candia diventa il teatro di un disastro ambientale: centinaia di carpe, anche di oltre 15 chili, uccise dalla viremia primaverile. Ma l’odore è insopportabile e nessuno le rimuove: è scontro sulle responsabilità, mentre i pescatori parlano di abbandono

Lago di Candia

Lago di Candia, strage di carpe: due tonnellate di pesci morti e un virus che agita le acque del parco

Due tonnellate di carpe morte sono affiorate o giacciono sui fondali del lago di Candia, nel cuore verde del Canavese. Una scena che sa di tragedia ecologica: i corpi gonfi e irriconoscibili dei pesci – in particolare le carpe più grandi, in periodo di deposizione – si sono accumulati lungo le sponde, nelle anse del canneto, a ridosso dei nidi delle folaghe, lasciando dietro di sé un odore acre e persistente. Eppure, nonostante la portata dell’evento, nessuno è intervenuto per bonificare. Il risultato è uno spettacolo macabro che offende il paesaggio e la memoria stessa del luogo: sito di interesse comunitario, parco naturale e area protetta.

A causare l’ecatombe non sarebbe l’inquinamento – come inizialmente temuto dopo le recenti piogge torrenziali che avevano fatto temere un afflusso di pesticidi agricoli nelle acque – bensì la viremia primaverile, una patologia virale acuta e selettiva, letale per carpe, tinche, siluri, carassi, koi e lucci, ma non pericolosa per l’uomo. Il sindaco Mario Mottino ha voluto spegnere le voci su un possibile avvelenamento diffuso: “Se fosse stato inquinamento, sarebbero morti anche altri pesci”. A morire, invece, sono state solo le carpe: e soprattutto quelle adulte, nel pieno dello sforzo riproduttivo.

Carpe morte

L’Istituto Zooprofilattico di Torino ha già prelevato campioni da analizzare su incarico del servizio veterinario dell’Asl To4, mentre l’Arpa monitora lo stato dell’acqua, che al momento risulterebbe ancora balneabile. Ma la sicurezza scientifica non basta a tranquillizzare chi vive il lago ogni giorno: i pescatori sportivi, protagonisti di una lunga tradizione di pesca sostenibile – in particolare di carpfishing catch and release – denunciano l’abbandono della fauna ittica e il degrado ambientale. “I resti sono lì da giorni. Il fetore è insopportabile. Ma tutti scaricano le responsabilità”, dice un pescatore, esasperato.

Chi deve intervenire? Non le guardie ecologiche, rispondono dai tavoli competenti. Non il Comune, secondo altri. Un rimpallo che evidenzia una grave falla nella gestione ambientale, proprio in un sito che dovrebbe essere simbolo di tutela e armonia tra uomo e natura. E mentre le analisi procedono e i risultati tardano ad arrivare, l’immagine del lago di Candia si offusca: una cartolina rovinata, un richiamo turistico e naturalistico che ora puzza di marcio e silenzio istituzionale.

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