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Lavoro
14 Maggio 2025 - 10:43
Crisi Ex Ilva, la cassa integrazione arriva anche in Piemonte
La crisi dell’ex Ilva non si ferma ai grandi impianti di Taranto. La richiesta di cassa integrazione per oltre 3.900 lavoratori presentata da Acciaierie d’Italia investe anche il Piemonte, colpendo direttamente gli stabilimenti di Novi Ligure (Alessandria) e Racconigi (Cuneo). In quest’ultimo sito, specializzato nella produzione di coil d’acciaio, sono 45 i dipendenti coinvolti dalla procedura, che rischiano di essere sospesi in un contesto già segnato da incertezza strategica e mancanza di investimenti strutturali.
A denunciare con durezza la situazione è il segretario provinciale del Partito Democratico di Cuneo, Davide Sannazzaro, che parla di “una crisi annunciata, lasciata colpevolmente marcire”, puntando il dito contro l’assenza di una pianificazione industriale nazionale: «Non possiamo accettare che ancora una volta siano i lavoratori a pagare il prezzo di scelte sbagliate. Il rischio, concreto, è quello di una desertificazione industriale che svuota interi territori». Un’accusa rivolta direttamente al governo, colpevole – secondo il Pd – di non aver previsto in tempo strumenti efficaci per tutelare una filiera chiave come quella siderurgica.
Richiesta di cassa integrazione per i dipendenti piemontesi dell'ex Ilva
Lo stabilimento di Racconigi, realtà produttiva radicata e parte integrante del sistema industriale piemontese, è oggi senza certezze. I lavoratori, che operano nella trasformazione delle bobine d’acciaio, si trovano a fare i conti con un limbo operativo che rischia di compromettere non solo i salari e la dignità, ma anche le prospettive industriali dell’area. Sannazzaro chiede «un tavolo nazionale di crisi con la presenza di governo, Regioni, sindacati e azienda», per affrontare il nodo alla radice e definire un piano di riconversione chiaro, sostenibile e condiviso.
Il Piemonte, da sempre motore metalmeccanico del Paese, si ritrova a essere un tassello fragile di una catena in crisi. E il caso Racconigi dimostra che non è più solo una questione “tarantina”. A mancare, al netto delle dichiarazioni d’intenti, è una visione industriale complessiva, capace di coniugare sostenibilità ambientale, innovazione e tenuta occupazionale. Senza questa regia, la crisi Ex Ilva rischia di trasformarsi in un contagio nazionale, con effetti a catena sul tessuto produttivo, sull’indotto e sulla tenuta sociale delle comunità coinvolte.
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