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08 Maggio 2025 - 09:01
Installazione del progetto Capsula Mundi: la capsula biodegradabile che accoglie il corpo in posizione fetale e dà vita a un albero, simbolo del ciclo vitale che continua anche dopo la morte.
Non più marmo, né cipressi immobili a sorvegliare tombe silenziose. Nessun odore acre di cera o rigide file di croci. Immaginate invece una radura, alberi giovani che si abbracciano tra i rami, foglie che danzano al vento e sotto, nel cuore della terra, l’abbraccio più antico: quello tra corpo umano e suolo. È questa l’immagine che Anna Citelli e Raoul Bretzel hanno voluto donare al mondo quando hanno ideato Capsula Mundi.
Un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: trasformare ogni morte in un inizio, ogni addio in germoglio. Non una bara, ma una capsula organica a forma di uovo. Non la rigidità del legno, ma la morbidezza della bioplastica derivata da amido. Non una sepoltura per dimenticare, ma un gesto per continuare a vivere, sotto forma di albero.
La forma non è casuale. L’uovo è simbolo di origine, di nascita, di vita che si prepara. E dentro quell’uovo, il corpo viene deposto in posizione fetale. Si torna bambini. Si torna alla natura. Poi, la capsula viene interrata e sopra di essa viene piantato un albero. Non uno qualsiasi: è chi muore, in vita, a sceglierlo. Un leccio, un ciliegio, un acero, magari un ulivo. Il corpo si decompone naturalmente, nutrendo le radici. Lentamente, la materia si fa linfa, e la linfa foglia.
Non un cimitero, ma un bosco della memoria. Vivente, mutevole, respirante.
Per comprendere la portata di Capsula Mundi, serve guardare alla morte con occhi nuovi. Ogni anno, le bare in legno costano all’ambiente migliaia di alberi abbattuti. La cremazione, a sua volta, libera sostanze nocive nell’aria. Le sepolture tradizionali occupano spazio, cemento, disconnessione. E la morte diventa un affare di pietra, separato dalla vita.
Con Capsula Mundi, tutto cambia: la morte torna a essere parte del ciclo. È sostenibilità vera, non solo simbolica. “Siamo parte della natura anche da morti”, dicono Citelli e Bretzel. Ed è proprio vero. Il nostro corpo, che è stato cibo, respiro, energia, può diventare humus, nutrimento, foglia. Può diventare albero.
Nata in Italia, l’idea ha fatto il giro del mondo. I due designer hanno presentato il progetto in fiere internazionali, da Milano a Londra. L’entusiasmo è stato enorme, ma anche le difficoltà non sono mancate. In Italia, le leggi funerarie sono rigide e ancorate a una visione ottocentesca della morte. Al momento, l’unica parte del progetto già realizzabile è l’urna biodegradabile per le ceneri. La capsula per il corpo intero, invece, è ancora in attesa di un cambiamento normativo. Eppure, in Paesi come il Regno Unito, i ‘natural cemeteries’ stanno diventando realtà. Il futuro potrebbe essere più verde, anche nei nostri addii.
Anna Citelli e Raoul Bretzel, ideatori di Capsula Mundi.
Pensate a questo: morire sapendo che un albero crescerà al nostro posto, che un bambino, magari nostro nipote, domani, si siederà all’ombra delle nostre radici, che un uccello canterà tra i nostri rami, che il nostro corpo, invece di marcire in una bara, sarà parte attiva di un nuovo ecosistema.
È questo il cuore pulsante di Capsula Mundi: offrire un senso alla morte, un senso che non sia solo fine, ma trasformazione.
“Un giorno i cimiteri saranno foreste”, così recita lo slogan. E viene da sperare che sia vero. Che le città dei morti si riempiano di foglie, di respiro, di bellezza. Che smettiamo di costruire tombe per iniziare a piantare alberi.
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