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Ivrea, protesta contro Carrefour: "Complice del genocidio in Palestina"

Il Comitato di Ivrea per la Palestina sposta all’ultimo il presidio da via Circonvallazione all'Iper di Burolo. Distribuiti volantini per denunciare il sostegno della multinazionale all’esercito israeliano. Scontro politico con Massimiliano De Stefano

Ivrea, protesta in corso davanti al Carrefour: "Boicottiamo i complici del genocidio in Palestina"

Davanti al Carrefour di Burolo

Doveva essere un presidio di protesta davanti al Carrefour Market di via Circonvallazione 54, a Ivrea. Ma a pochi minuti dal via, il Comitato di Ivrea per la Palestina ha cambiato rotta, spostandosi all’Iper Carrefour di Burolo. "Abbiamo preferito raggiungere un pubblico più ampio", spiegano gli organizzatori.

Il gesto, tutt’altro che improvvisato, è parte di una campagna di boicottaggio lanciata per denunciare il sostegno che la catena francese sta garantendo all’esercito israeliano. Il presidio, pacifico ma determinato, è iniziato intorno alle 16.30 con un unico obiettivo: sensibilizzare l’opinione pubblica sul conflitto in corso in Palestina e sul "ruolo attivo di alcune multinazionali nel supportare, direttamente o indirettamente, l’occupazione militare israeliana".

"Non possiamo più far finta di niente", dichiarano gli attivisti. "Carrefour fornisce pasti e servizi all'esercito israeliano, rendendosi complice di un genocidio che il mondo osserva in silenzio. È nostro dovere opporci, anche attraverso il boicottaggio".

presidio

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Durante il presidio, i manifestanti hanno distribuito materiale informativo ai clienti in ingresso e in uscita, appiccicato locandine alle vetrate, raccontando come anche un semplice gesto quotidiano – come scegliere dove fare la spesa – possa trasformarsi in un atto politico. "Boicottare Carrefour non significa solo non comprare qui oggi", spiega un'attivista, "ma interrogarsi ogni giorno su dove finiscono i nostri soldi e chi avvantaggiamo, mentre altrove si consuma lo sterminio di interi popoli".

I responsabili del supermercato, questa volta, hanno lasciato fare.

"Ci conoscevano già e non hanno tentato di allontanarci", racconta un manifestante. "La scorsa volta avevano chiamato i carabinieri, ma fu accertato che, rimanendo all'esterno e senza bloccare gli accessi, non violavamo alcuna legge".

La manifestazione di Burolo si inserisce in un più ampio movimento internazionale di solidarietà, che negli ultimi mesi ha moltiplicato proteste, campagne di disinvestimento e boicottaggi mirati in tutto il mondo. Il Comitato di Ivrea per la Palestina assicura che questa è solo la prima di una lunga serie di iniziative: "Non ci fermeremo finché non ci sarà giustizia per il popolo palestinese. L’occupazione è un crimine. Chi la sostiene non può pensare di essere lasciato in pace".

La protesta ha acceso il dibattito anche a livello politico. Il consigliere comunale Massimiliano De Stefano, poche ore prima, è intervenuto a gamba tesa sui social, criticando l’iniziativa e invitando i cittadini a schierarsi contro.

"Il Carrefour Market di via Circonvallazione è gestito da un piccolo imprenditore locale - ha sentenziato su Facebook - Boicottarlo significa colpire famiglie che nulla hanno a che vedere con il conflitto. È frustrante vedere una sinistra tanto insensibile verso chi crea lavoro. Protestare è giusto, ma non danneggiando chi è innocente. Per questo farò la spesa proprio lì e invito tutti a fare lo stesso".

Un’uscita che, di fatto, ha poi trovato una conferma involontaria nel cambio di programma degli organizzatori,.

Non si è fatta attendere la replica di Franco Giorgio, militante di sinistra, che ha riportato il dibattito sui binari delle accuse rivolte alla multinazionale.

"Vorrei ricordare a De Stefano che Carrefour ha una lunga storia di complicità: nel 2010 portò in tribunale gli attivisti BDS in Francia. Nel 2022 ha siglato un accordo di franchising con Electra Consumer Products e Yenot Bitan, aziende israeliane coinvolte nella colonizzazione dei territori palestinesi. Recentemente, Carrefour ha anche donato pacchi di aiuti all'esercito israeliano".

Giorgio ha chiarito che l'obiettivo non è chiudere supermercati né licenziare dipendenti, ma "chiamare cittadini, lavoratori e sindacati a pretendere che Carrefour interrompa ogni collaborazione con imprese complici dell’occupazione. La protesta non si limita all’astensione dalla spesa, ma chiede una mobilitazione più ampia, compresa la possibilità di scrivere direttamente all’azienda per chiederle di cambiare rotta".

"In Palestina è in atto un genocidio. Ogni strumento è necessario per provare a fermarlo", conclude.

Carrefour nel mirino: perché cresce il boicottaggio internazionale

Il colosso della grande distribuzione Carrefour è finito al centro di una vasta campagna internazionale di boicottaggio. A promuoverla è il movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), insieme a comitati locali, associazioni e attivisti solidali con la causa palestinese. Le accuse rivolte all’azienda sono pesanti: complicità con le politiche israeliane nei territori occupati, supporto logistico all’esercito e rapporti commerciali con imprese attive negli insediamenti considerati illegali dal diritto internazionale.

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Foto archivio

Il motivo principale della protesta risale al marzo 2022, quando Carrefour ha stretto un accordo di franchising con due aziende israeliane, Electra Consumer Products e la sua controllata Yenot Bitan. Electra, in particolare, è accusata di essere direttamente coinvolta nella fornitura di materiali e servizi agli insediamenti israeliani situati in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, aree che la Corte Internazionale di Giustizia considera occupate illegalmente.

Ma non è tutto. Secondo il movimento BDS, Carrefour avrebbe fornito supporto logistico e alimentare all’esercito israeliano durante le recenti operazioni militari a Gaza. Si parla di distribuzione di pacchi alimentari destinati ai soldati impegnati nelle operazioni sul campo. Un gesto che, per gli attivisti, rappresenta una diretta complicità in quello che definiscono "un genocidio in atto".

“Sostenere economicamente un esercito che commette crimini di guerra equivale a partecipare a quelle violazioni”, affermano le organizzazioni promotrici della campagna. Per questo motivo, il boicottaggio è stato indicato come una forma concreta e pacifica di resistenza: non solo una protesta simbolica, ma una pressione economica reale, volta a costringere Carrefour a interrompere ogni legame con le imprese e le istituzioni israeliane coinvolte nell’occupazione.

Le mobilitazioni sono cresciute in tutto il mondo. A dicembre 2024, BDS Italia ha lanciato una giornata nazionale di protesta che ha visto presidi davanti a numerosi supermercati Carrefour nel nostro Paese. In Giordania, proprio a seguito delle crescenti pressioni popolari, Carrefour ha annunciato la chiusura delle sue operazioni nel novembre 2024.

Il movimento chiede esplicitamente a Carrefour di:

  • Terminare l'accordo di franchising con Electra Consumer Products e Yenot Bitan.

  • Sospendere ogni forma di supporto all’esercito israeliano.

  • Interrompere la vendita di prodotti provenienti dagli insediamenti illegali.

“Le imprese non possono restare neutrali quando sono coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani”, ribadiscono gli attivisti, sottolineando che la responsabilità morale non si limita agli Stati, ma si estende anche ai soggetti economici globali.

In risposta, Carrefour ha finora evitato dichiarazioni pubbliche dettagliate sulle accuse, mantenendo una posizione di basso profilo. Ma l’eco della protesta cresce giorno dopo giorno. E nelle piazze, davanti ai supermercati, l’invito risuona chiaro: “Boicottare è un gesto di coscienza”.

I partigiani di oggi sono davanti ai Carrefour

Mentre nelle piazze si celebrava il 25 aprile trasformato in "festival" con discorsi impettiti, con corone d’alloro e con frasi piene di retorica, da qualche parte c’erano ragazzi e ragazze che, senza microfoni né protezioni istituzionali, organizzavano la Resistenza vera, davanti ai Carrefour di Ivrea e Burolo.
Con in mano volantini, bandiere, verità scomode.
Con il coraggio di dire che oggi, come allora, ci sono popoli che vengono occupati, bombardati, sterminati.
Con il coraggio di denunciare che anche dietro un carrello della spesa si può nascondere la complicità con chi uccide.

Oggi i veri partigiani sono loro.

Non chi abbandona le cerimonie (vergogna!) appena intravede una bandiera palestinese, come accaduto a Lace.
Non chi usa la parola "Resistenza" come un soprammobile buono solo per le fotografie.
Non chi ricorda il passato per cancellare il presente.

La Resistenza, quella vera, è scelta. È coraggio. È schierarsi contro l’ingiustizia quando farlo costa caro.
La Resistenza è dire no all'occupazione di Gaza, no alla colonizzazione della Palestina, no al massacro dei bambini, degli innocenti, dei senza voce.

Chi ieri ha manifestato davanti ai Carrefour, chi ha raccontato che multinazionali come questa forniscono supporto logistico e morale all’esercito israeliano, chi ha chiesto di boicottare chi sostiene la guerra, ha onorato il 25 aprile più di mille discorsi ufficiali.

Hanno ricordato a tutti noi che la memoria non è una medaglia da appuntarsi al petto, ma una responsabilità da portare ogni giorno sulle spalle.

Oggi la Resistenza si chiama solidarietà con Gaza.
Oggi i partigiani sono quelli che rifiutano l’indifferenza.

Chi crede che la lotta per la libertà sia finita nel 1945, sbaglia.
Finché ci sarà un popolo occupato, finché ci sarà chi lucra sulla guerra, finché ci sarà chi bombarda scuole e ospedali con il silenzio complice delle democrazie occidentali, la Resistenza dovrà continuare.

Bisognerebbe boicottare non solo Carrefour.
Bisognerebbe boicottare tutti quelli che finanziano, sostengono, alimentano la guerra.
Bisognerebbe avere il coraggio di costruire ogni giorno una società che non accetta più di vivere sopra le macerie degli altri.

I manifestanti di ieri, con la loro semplicità ci hanno insegnato tutto questo.
Sono i partigiani che il nostro tempo disperatamente cerca.

E noi, o stiamo con loro, o abbiamo già perso. 

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