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Il 25 aprile silenziato: cortei vietati, “Bella Ciao” censurata, memoria disinnescata

Vietati cortei, comizi e perfino i canti: l’Anpi denuncia rappresaglie, la politica si divide e la memoria si fa fragile

Il 25 aprile silenziato: cortei vietati, “Bella Ciao” censurata, memoria disinnescata

Il 25 aprile silenziato: cortei vietati, “Bella Ciao” censurata, memoria disinnescata (foto di repertorio)

Un 25 aprile sotto voce. Non solo sobrio, ma in certi casi esplicitamente silenziato. Vietati i cortei, rimandate le commemorazioni, addirittura messo in discussione il diritto di cantare “Bella Ciao”. È questo il clima che si respira in diversi Comuni italiani, da Domodossola a Grosseto, da Cinisello Balsamo alla provincia di Roma, dove il lutto nazionale per la morte di Papa Francesco – legittimo e condiviso – è diventato, in alcuni casi, un alibi per depotenziare la Festa della Liberazione.

A Romano di Lombardia si è arrivati a vietare inni e canti, eccezion fatta per il “Silenzio”. A Orbetello, il Comune ha negato il suolo pubblico all’Anpi, che ha parlato di “rappresaglia politica”. A Domodossola, città con una forte tradizione resistenziale, il corteo è stato cancellato con motivazioni che mescolano lutto e sobrietà. In Valcamonica, a Ono San Pietro e Cividate Camuno, le celebrazioni sono state annullate. Solo dopo le proteste è arrivata una precisazione: la festa si farà, ma altrove, in forma aggregata.

L’Anpi, come prevedibile, denuncia una deriva strumentale e segnala casi che “non hanno nulla a che fare con il rispetto, ma molto con l’ideologia”. In Toscana, l’associazione partigiana ha escluso i sindaci di Grosseto e Orbetello dalle celebrazioni ufficiali per aver in passato reso omaggio a figure del neofascismo italiano. Le repliche sono taglienti, ma i segnali di tensione istituzionale e civile si moltiplicano.

Anche dove governa il centrosinistra, come a Ponte San Nicolò nel padovano, si è scelto di sospendere le celebrazioni in nome della sobrietà. E a Genazzano, nel Lazio, la manifestazione è stata ridotta alla sola deposizione di una corona. Il Pd locale parla di un fatto “mai accaduto in 80 anni”. La replica del sindaco non si fa attendere: “Non sono fascista, è solo il corteo a essere annullato”. Ma la sinistra cittadina promette: “Il corteo si farà lo stesso”.

In mezzo a questo clima, è emerso anche un caso negli Archivi di Stato, dopo che una prima comunicazione interna aveva chiesto di rinviare gli eventi del 25 aprile. Il direttore generale ha poi chiarito che si trattava solo di evitare “inaugurazioni in pompa magna”, non certo di chiudere le celebrazioni.

Intanto, la frase chiave della settimana resta quella del ministro Musumeci: “Sia un 25 aprile sobrio”. Ma è proprio su quella parola, sobrio, che si è aperto un varco ambiguo: dove finisce il rispetto e dove inizia la rinuncia?
Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha risposto senza esitazioni: “Il 25 aprile è ancora troppo poco festeggiato. Si dovrebbe cantare e ballare, fare tutto ciò che un regime non permetteva”.

E forse è questo il punto più inquietante: quando la memoria si trasforma in formalità, quando la Resistenza diventa scomoda, e quando l’assenza del rumore rischia di diventare assenza di senso.

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