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22 Aprile 2025 - 12:30
Conclave 2025: due cardinali piemontesi nella corsa per il futuro della Chiesa
In Vaticano in attesa, mentre il mondo cattolico si raccoglie per scrivere una nuova pagina di storia, due cardinali piemontesi si preparano a votare il prossimo Papa. Si chiamano Roberto Repole e Giorgio Marengo. Sono entrambi tra i 135 porporati che entreranno in conclave nei prossimi giorni. E non sono due nomi qualsiasi. Dietro le loro biografie c’è un pezzo d’Italia che vuole contare, e un’idea di Chiesa che guarda al futuro senza dimenticare la strada fatta.
Roberto Repole, arcivescovo di Torino, classe 1967, ha il passo lento dei pastori veri e lo sguardo fisso sui cantieri della crisi. Figlio di immigrati meridionali, cresciuto tra le periferie torinesi, ha scalato la gerarchia ecclesiastica senza perdere il contatto con la città che lo ha formato. Quando Papa Francesco lo ha nominato cardinale lo scorso 6 ottobre 2024, lo ha fatto per riconoscere una voce limpida, sociale, impegnata. Repole ha fatto parlare di sé per il sostegno ai lavoratori di Mirafiori, per le visite agli stabilimenti, per l’incontro con John Elkann, presidente di Stellantis. Ma anche per le sue parole nette contro la riapertura del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di corso Brunelleschi: “Un oltraggio alla dignità umana”, ha detto. Per lui, il Vangelo cammina tra le tute blu e le frontiere dell’emarginazione.
Dall’altra parte del mondo – letteralmente – c’è Giorgio Marengo, 51 anni, originario di Cuneo, missionario della Consolata e cardinale in Mongolia. A Ulan Bator, guida una comunità minuscola, appena 15.000 cattolici, ma il suo nome è risuonato più volte durante il pontificato di Francesco. Perché Marengo incarna la Chiesa “in uscita”, quella che non aspetta dietro i portoni, ma si mette in viaggio. È il secondo cardinale più giovane dell’intero collegio elettorale, subito dopo l’ucraino Bycok. Ma l’età, in questo contesto, può essere un vantaggio: visione lunga, energie fresche, sensibilità nuova. Per qualcuno, ricorda l’ascesa di Karol Wojtyla, giovane e inatteso, destinato a cambiare tutto.
Due piemontesi. Due stili. Due mondi. Un unico scenario: il Conclave. Quando le porte della Cappella Sistina si chiuderanno, Repole e Marengo siederanno con gli altri cardinali a scegliere il successore di Papa Francesco. Sarà un voto, certo. Ma sarà anche una dichiarazione di intenti. La Chiesa che uscirà da questo conclave dovrà affrontare le tensioni geopolitiche, le sfide ambientali, le spinte riformiste, le crisi vocazionali e il peso della secolarizzazione. Dovrà essere ferma ma accogliente, tradizionale ma riformista, universale ma concreta.
In questa cornice, il Piemonte cattolico – spesso considerato riserva di pensiero più che centro di potere – si ritrova nel cuore del dibattito spirituale più importante del nostro tempo. Non è solo una questione di rappresentanza. È una presenza che racconta un'Italia che ancora sa offrire leader capaci di guardare oltre i confini, che siano quelli delle diocesi o dei deserti asiatici.
Il conclave che si apre non sarà solo una successione. Sarà un passaggio d’epoca. E dentro quella Sistina, con il fumo che presto tornerà a farsi segnale, ci sarà anche un po’ di Piemonte. A portare avanti, forse, un’idea di Chiesa che ha ancora molto da dire.
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