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22 Aprile 2025 - 10:36
L’anello del Pescatore: il sigillo che si spezza. La distruzione del simbolo papale segna la fine del pontificato di Francesco
Non è solo un gesto, non è solo un anello. Quando il camerlengo, alla presenza dei cardinali, colpisce l’“annulus piscatorius” e lo distrugge, la storia si ferma per un istante. In quel gesto c’è la fine di un pontificato, la chiusura definitiva di un’epoca spirituale, ma anche l’apertura silenziosa di una sede vacante. Con la scomparsa di Papa Francesco, il Vaticano si prepara a compiere uno dei suoi atti più carichi di significato. L’anello del Pescatore è il simbolo per eccellenza del potere pontificio, e la sua distruzione è la garanzia che nessun altro potrà parlare o agire a nome del pontefice defunto.
Ma l’anello è molto di più di un sigillo. È la sintesi visiva della missione di San Pietro, il primo dei papi, il pescatore d’anime, colui a cui Cristo affidò le chiavi del Regno. Ogni papa ne riceve uno unico, disegnato solo per lui. Serve a siglare i documenti ufficiali, ma è anche la rappresentazione materiale della sua autorità spirituale. Distruggerlo è un atto necessario, ma anche profondamente simbolico: spezzare il potere per proteggerlo, per impedirne l’abuso, per lasciare spazio a ciò che verrà.
L'anello del pescatore
Eppure, anche qui, Francesco ha tracciato una linea nuova. Niente oro, niente sfarzo. Ha scelto un anello in argento dorato, sobrio ma intenso, creato da Enrico Manfrini, lo scultore della fede. Al posto delle reti, simbolo tradizionale del pescatore, ha voluto le chiavi del Regno, a dire che la sua era una Chiesa che non voleva trattenere, ma aprire. Un gesto coerente con tutto il suo pontificato, teso alla sobrietà, alla misericordia, al servizio. Un papa che ha scelto i confini della terra come luogo dell’annuncio, più che il centro del potere.
Ma anche questa scelta, come ogni gesto nella liturgia della successione papale, affonda le radici nella storia. Il modello dell’anello di Francesco era nato in cera per Paolo VI, poi fuso in metallo nel 1988 e custodito gelosamente da monsignor Pasquale Macchi, quindi da monsignor Ettore Malnati, prima di arrivare a Bergoglio grazie a cardinale Giovanni Battista Re. Un filo invisibile che lega i pontificati, da ieri a oggi, e che fa di ogni anello non solo un ornamento, ma un frammento della memoria ecclesiale.
Ora quell’anello verrà spezzato. Non per cancellare, ma per sigillare. Per dire che il tempo di Francesco si è compiuto, e che la Chiesa è pronta a ripartire. Quando il nuovo pontefice verrà eletto, durante la solenne messa d’inaugurazione, sarà il cardinale decano a infilargli al dito un nuovo anello. Un gesto antico, che riattiva la catena apostolica. Un cerchio che si chiude, e uno che si apre. La morte di un papa non è mai solo lutto: è la soglia di un nuovo inizio, carico di attesa, speranza, e, come sempre, di mistero.
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