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18 Aprile 2025 - 00:02
Nevio Perna e Andrea Grigolon
Non bastano le percentuali a raccontare una buona pratica, né tantomeno la propaganda aziendale per trasformare un esperimento localizzato in un dogma territoriale. È questo il cuore del duro comunicato firmato dai circoli Legambiente Dora Baltea ODV e Pasquale Cavaliere – Basso Canavese ODV, che prende di mira il piano strategico industriale 2025-2041 proposto dalla Società Canavesana Servizi (SCS) per la raccolta rifiuti nei comuni canavesani. Un piano in cui la parola d’ordine è “cassonetti intelligenti”, e dove il caso di Banchette viene presentato come un esempio virtuoso da estendere su larga scala.
Ma per Legambiente, quell’esempio non è affatto virtuoso. Anzi: “Parte della diminuzione di produzione pro capite di rifiuti ottenuta in seguito all'installazione delle campane ad accesso controllato nel Comune di Banchette è dovuta principalmente al cessato utilizzo dei cassonetti da parte di persone di passaggio provenienti da altri comuni”.
E questo comporta un effetto domino tutt’altro che positivo: “Una riduzione dei costi in un Comune comporta l’aumento dei costi in un altro Comune (in particolare nei Comuni limitrofi)”, avvertono gli ambientalisti.
Il comunicato di Legambiente arriva dopo che SCS ha reso noti alcuni dati con cui ha esaltato il successo della sperimentazione a Banchette. Secondo l’azienda, tra il 2021 e il 2024 il rifiuto indifferenziato è sceso da 162 a 108 kg pro capite e la raccolta differenziata è salita dal 65,5% al 74%, con un risparmio economico per il Comune pari a 83.000 euro e una conseguente riduzione della tassa rifiuti nel triennio 2023-2025. Un bilancio che, almeno sulla carta, sembrerebbe positivo.
Ma Legambiente invita alla prudenza, e soprattutto contesta il metodo.
“I dati sono pubblici e consultabili da chiunque lo voglia fare”, scrive l’associazione, ma aggiunge: “Legambiente ha preso in considerazione i risultati ottenuti dalla sperimentazione svolta nel comune di Banchette, perché espressamente richiamata nel piano SCS come modello da estendere a tutti i comuni”. Ed è qui che il ragionamento si fa più profondo: “Banchette è un Comune con caratteristiche peculiari fra i comuni serviti da SCS, caratterizzato da una superficie territoriale estremamente contenuta e da una densità di condomini molto elevata. Riteniamo che non sia rappresentativo della generalità dei comuni canavesani”.
Non è solo una questione di geografia o urbanistica. È anche una questione di approccio.
Secondo Legambiente, un piano strategico che voglia davvero essere tale non può basarsi su un solo modello e su una sola sperimentazione: “L'eventuale sperimentazione avrebbe dovuto mettere a confronto diverse modalità di raccolta per poterne comparare i risultati e verificare il grado di accettazione da parte degli utenti coinvolti. Il piano strategico avrebbe dovuto essere elaborato sulla base di sperimentazioni diversificate e più rappresentative”. Così non è stato.
Altro punto critico è l’effettiva “intelligenza” dei cassonetti. Per Legambiente, si tratta di un’intelligenza parziale e fuorviante: “I cassonetti ad accesso controllato consentono di controllare chi conferisce i rifiuti ma non cosa viene conferito (errati conferimenti), quindi non la qualità del rifiuto”.
Un dettaglio non da poco: senza controllo sulla qualità, la raccolta differenziata rischia di essere solo una facciata.
E la beffa arriva subito dopo: “Inoltre possono aumentare i fenomeni di abbandono e di vandalismo, con conseguente crescita dei costi per i Comuni per l’installazione e la gestione di impianti di videosorveglianza, non previsti nel piano proposto”.
Per l’associazione ambientalista, l’alternativa è già sotto gli occhi di tutti. Non una novità tecnologica, ma un sistema rodato e già collaudato in molti territori piemontesi: il porta a porta abbinato alla tariffazione puntuale.
“Come abbiamo già avuto modo di esplicitare e come può essere facilmente verificato dai dati dei consorzi piemontesi virtuosi, il sistema di raccolta porta-porta abbinato alla tariffa puntuale garantisce il miglior coinvolgimento degli utenti e i migliori risultati dal punto di vista delle percentuali di raccolta differenziata e di quantità/qualità del rifiuto prodotto”.
Una proposta concreta, non dogmatica. Legambiente non nega che ci possano essere varianti e adattamenti: “Ciò naturalmente non significa che in specifiche realtà territoriali (alta densità abitativa in grandi condomini, comuni con forte impatto turistico) non si possano adottare altre soluzioni più adatte. Il tutto in un’ottica di flessibilità per valorizzare il più possibile il ruolo dei cittadini/utenti”. Ma ciò che chiede l’associazione è che si smetta di usare un caso eccezionale come regola, e che si metta finalmente al centro l’interesse collettivo, non il ritorno di immagine o l’efficienza amministrativa di breve periodo.
Insomma, quello di Legambiente non è un no ideologico, ma una richiesta di serietà, trasparenza e responsabilità. La scelta dei “cassonetti intelligenti” come soluzione unica e generalizzata – con costi alti, risultati discutibili e nessuna garanzia sul lungo periodo – rischia di essere un boomerang per i cittadini. Soprattutto per quelli che pagano le bollette, raccolgono con cura la plastica e la carta, e si vedranno chiedere, in nome della tecnologia, di mettere mano al portafoglio per un sistema che potrebbe fare peggio di quello attuale.
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