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17 Aprile 2025 - 18:20
Patrizia Dal Santo e Massimiliano De Stefano
Problema sfratto degli ospiti della Residenza collettiva autogestita “Santo Bambino”, di via Varmondo Arborio 18 a Ivrea. L’Osservatorio Casa si è riunito ieri e si sono trovate tante piccole soluzioni.
A dirlo è la vicesindaca Patrizia Dal Santo.
“Il Comune ha messo a disposizione delle risorse per pagare qualcuno che presidi le strutture. Abbiamo recuperato 21 posti letto e avevamo già risolto il problema della famiglia con minori. Si aggiunge il dormitorio della Caritas… Alcuni hanno già trovato una sistemazione e un paio di persone, in realtà, sono proprietari di casa…”
Al tavolo dell’Osservatorio Casa si sono seduti, oltre al Consorzio In.rete e al Comune, anche Fondazione Ruffini, Pollicino, Caritas, Mastropietro, Cisv di Albiano e Circoli Virtuosi.
In numeri: 21, più la famiglia con minori, più 6. La situazione sarebbe bell’è risolte.
La verità è che non è così. Non è così perché nessuno, in verità, conosce esattamente il numero delle persone che stanno lì. C’è chi dice 30, chi 25, chi addirittura 50…
L’elenco non ce l’ha nessuno ma in molti sostengono ci siano un mucchio di “clandestini”.
“Questo problema che ci è piombato addosso fra capo e collo ci dice che le cose vanno gestite insieme. Ci ha fatto comodo, bisogna dirlo… Ringraziamo Don Arnaldo Bigio, ma non si poteva pensare che la sua opera continuasse all’infinito. Non può essere che una sola persona si faccia carico di un problema così grande.”
E tutto comincia con una lettera che definire "gelida" è dire troppo poco.
Risale allo scorso 14 febbraio. È firmata da don Arnaldo Bigio, presidente dell’associazione L’Orizzonte.
Destinatari: tutti coloro che da tempo vivono nella Residenza collettiva autogestita “Santo Bambino”, in via Varmondo Arborio 18 a Ivrea.
Il contenuto è chiaro e spietato: “Per improrogabili lavori di ristrutturazione della struttura e di riorganizzazione dell’accoglienza, la residenza dovrà essere totalmente liberata entro e non oltre il 25 aprile.”
Una frase formale che suona come una condanna. Perché quelle persone – italiani in difficoltà economica, migranti, uomini e donne soli – non sono numeri. Sono vite sospese, scarti di welfare, esseri umani senza più un posto dove andare.
A saperlo, a quanto si scopre, era solo Patrizia Dal Santo e gli uffici. Ma non ufficialmente e fino a pochi giorni fa, nessuno s’era preoccupato più di tanto.
La “Santo Bambino” era nata nel 2014, come progetto pilota di accoglienza solidale, fortemente voluto da due protagonisti del volontariato eporediese: don Arnaldo Bigio, allora guida spirituale e sociale dell’associazione L’Orizzonte, e don Silvio Faga, oggi vescovo di Biella, che all’epoca era presidente della Fondazione Canonico Cuniberti.
Insieme, avevano sognato una casa per chi era stato sfrattato, per chi non aveva più nulla, per chi era invisibile alle politiche pubbliche.
La parola chiave era autogestione.
Non assistenza passiva, ma partecipazione, responsabilità condivisa.
Dodici posti, divisi in quattro nuclei abitativi. Cucine comuni, vita in comune. Un tetto, certo, ma anche una comunità da ricostruire. O almeno provarci.
Nel tempo, quei dodici posti sono diventati una trentina di letti occupati e forse anche di più.
“Sembra che per una parte significativa degli ospiti sia stata trovata una soluzione – commenta il consigliere comunale Massimiliano De Stefano – tuttavia, attendiamo di leggere i giornali poiché finora non è stata fornita alcuna comunicazione diretta a loro. È sconcertante constatare la mancanza di umanità nei confronti dei più vulnerabili, come se fossero semplici pacchi da trasportare.”
E tra l’altro, De Stefano, evidentemente in contatto con gli ospiti della struttura, da qualche ora ha il dito puntato un altro problema: quello dell’acqua e del riscaldamento letteralmente chiusi.
“L’emergenza abitativa degli ospiti del Santo Bambino ha assunto proporzioni preoccupanti, e la gestione della Vice Sindaca Dal Santo lascia molto a desiderare. È inaccettabile che la questione sia stata affrontata senza coinvolgere sin dall'inizio il sindaco e la giunta, creando un vuoto di responsabilità che grava innanzitutto sulle spalle dei cittadini più vulnerabili. La situazione degli ospiti del Santo Bambino, privati da due giorni di acqua calda e riscaldamento per malfunzionamento o altro (non si sa), è un chiaro esempio di questo fallimento. È nostro dovere fronteggiare l'emergenza con serietà e determinazione. È fondamentale che la Vice Sindaca si faccia carico delle proprie responsabilità e comunichi pubblicamente ciò che sta accadendo. È tempo che gli interessi collettivi prevalgano su altre logiche, soprattutto se prevale una certa incapacità nell'affrontare tematiche inerenti ai propri compiti, soprattutto nei tempi giusti, senza dover correre ai ripari. Aiutateli, perché alcuni ospiti chiedono più tempo per trovare una sistemazione. E diteci come state gestendo l'emergenza, perché al momento sappiamo solo che c'è stata una gravissima inadempienza…”.
Non c’è pace – e neppure un termosifone acceso – per gli ospiti della struttura del Santo Bambino di Ivrea, che da due giorni si arrangiano senza riscaldamento né acqua calda. Ma se le caldaie sono spente (per legge, ci mancherebbe), il dibattito pubblico è accesissimo. Non scalda i corpi, ma almeno tiene viva la polemica.
Ad accendere la miccia, con un post su Facebook, è il consigliere comunale Massimiliano De Stefano, che denuncia un silenzio istituzionale più glaciale dell’interno della struttura. La sua tesi è chiara: l’amministrazione brilla per assenza, mentre le persone dormono al freddo.
“È inaccettabile che la questione sia stata affrontata senza coinvolgere sin dall’inizio sindaco e giunta”, scrive De Stefano, puntando il dito contro la vicesindaca Patrizia Dal Santo, accusata di una gestione così efficace da non farsi notare nemmeno con una lente d’ingrandimento.
A questo punto, entra in scena lei, Anna Bono, ex consigliera della Lega.
“La struttura è privata!”, proclama con vigore, “e poi il riscaldamento è spento ovunque in Piemonte, lo dice la legge!”. Insomma, è tutto perfettamente regolare: si può tranquillamente congelare, purché entro i limiti normativi.
Kekko Malpy – pseudonimo più che plausibile – replica piccato: “Vuol venire a vivere da noi signora Anna Bono per sentire se si sta bene al freddo?”. E rincara: “Anche toglierci l’acqua calda non mi sembra il caso”.
Che poi il riscaldamento è una cosa, ma l’acqua gelida per lavarsi è tortura di Stato.
Bono, instancabile, ritorna all’attacco.
"Non è il Comune, sono le associazioni, Don Arnaldo e compagnia bella a doversi occupare degli ospiti. Mi sembra ovvio”, conclude, con quella chiarezza tipica di chi, alla fine, ha sempre ragione. O perlomeno lo dice con sufficiente convinzione.
De Stefano non molla: “Non ho capito qual è la tua proposta, Anna”, ribatte, “ci sono più di trenta persone che tra una settimana rischiano di dormire sotto le stelle. Che facciamo, una fiaccolata per tenerle al caldo?”
Alla fine, il consigliere chiude il cerchio: “L’amministrazione ha il dovere di risolverla”
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