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Emergenza Santo Bambino. 30 sfratti. L'assessora lancia un appello ai cittadini: “Aiutateci!”

Dal Comune contatti con ATC, Regione, Caritas e Vescovo. Ma a dodici giorni dallo sfratto, 27 persone rischiano ancora la strada. Dal Santo: “Il problema più grande mai affrontato. Se avessimo case disponibili, potremmo gestirle come Comune”

Patrizia Dal Santo

Patrizia Dal Santo

La notizia dello sgombero imminente della Residenza collettiva Santo Bambino è arrivata sul tavolo dell’assessora alle Politiche sociali Patrizia Dal Santo solo di recente. La comunicazione ufficiale è datata 14 febbraio, firmata da don Arnaldo Bigio, presidente dell’associazione L’Orizzonte, e indirizzata a una trentina di ospiti della struttura di via Varmondo Arborio 18 a Ivrea: dovranno liberare tutto entro il 25 aprile per “improrogabili lavori di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’accoglienza”.

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“Stiamo sudando freddo. È un problema, il più grande mai affrontato” – dice con franchezza l’assessora – “Stiamo cercando risorse ovunque. Abbiamo individuato qualche possibilità per alcuni ospiti che avevano le caratteristiche necessarie, ma non per tutti. Abbiamo attivato le procedure per l’emergenza abitativa, con particolare riguardo alle famiglie con minori.”

La situazione, riconosce l’assessora, è delicata. “Stiamo anche dialogando con il Vescovo. Capisco la sua intenzione di ristrutturare una struttura che oggi è davvero inguardabile, invivibile. Ma capisco anche quanto sia fondamentale trovare alternative prima di mandare via tutte queste persone. Il Vescovo vuole restituire dignità all’abitare, ma spero che, se si intravedesse una soluzione in tempi brevi, la Diocesi non sia così categorica con la data dello sfratto.”

la struttura

Dal punto di vista logistico, il Comune ha avviato interlocuzioni con ATC, con il Consorzio In.Re.Te. e con altri Comuni del territorio.

“Con ATC abbiamo chiesto che ci vengano messi a disposizione alcuni alloggi per l’emergenza abitativa. Ma siamo in attesa del benestare della Regione Piemonte. Va detto che, per legge, solo il 50% degli alloggi che si liberano può essere utilizzato per l’emergenza, mentre il resto resta vincolato alla graduatoria ordinaria.”

L’Amministrazione ha anche portato il tema all’assemblea straordinaria del Consorzio In.Re.Te., chiedendo supporto ai paesi vicini. “Abbiamo chiesto un aiuto concreto, anche se non è semplice convincere le persone ad accettare sistemazioni fuori da Ivrea. La residenza in città per molti è essenziale.”

Ieri era prevista una riunione con l’Osservatorio Casa.

“Sono emerse diverse soluzioni con le cooperative che si occupano del tema dell’abitare, con In.Re.Te. e con l’Asl. Come Comune abbiamo deciso di investire. È possibile che avremo novità a breve. Un bel numero di casi ha già trovato una sistemazione…”

L’assessora guarda con speranza al dormitorio della Caritas

“Un po’ di posti sono disponibili lì…” sottolinea.

Infine, un appello chiaro e diretto a tutti i cittadini di Ivrea: “Se ci fossero case disponibili, anche in comodato, il Comune potrebbe farsi carico della gestione. Sarebbe un investimento straordinario, ma necessario. Servirebbe a trovare subito una soluzione concreta, nostra, per garantire un tetto a chi oggi rischia di ritrovarsi per strada.”

Non è così convinto che l’Amministrazione comunale abbia affrontato questo problema come si sarebbe dovuto il consigliere comunale Massimiliano De Stefano, che sui social, per primo, ha raccontato il problema.

“Se il vicesindaco Dal Santo si fosse attivata correttamente, non avrebbe motivo di nascondere l’emergenza in corso. L’amministrazione avrebbe dovuto segnalare immediatamente la situazione alla Regione. Lo ha fatto? E poi coordinarsi con gli altri enti competenti per garantire assistenza ai 31 ospiti della struttura Santo Bambino. È inaccettabile che, mentre si festeggiava con il taglio del nastro alla Caritas per sei posti letto, altre 30 persone di fronte, tra cui due minori, rischiano di rimanere senza un tetto e senza dignità. Chiederemo il carteggio per verificare se l’intervento dell’amministrazione è stato adeguato in questa situazione critica. Ma l’obiettivo principale rimane la soluzione abitativa degli ospiti. La missione di don Arnaldo, persona che stimo molto e che ringrazio per tutto quello che ha fatto, non può essere ricordata con questa brutta pagina per colpa dell’attuale amministrazione. Meno tagli di nastri e più concretezza: questo chiedono i cittadini.”

E infine... “A quanto pare basta denunciare perché i problemi vengano presi di petto e si arrivi a una soluzione abitativa che tutti noi auspicavamo. Mi fa molto piacere. Sicuramente l’amministrazione ha dimostrato, per l’ennesima volta, la sua vulnerabilità anche dove dicono di essere forti e coesi: le politiche sociali. E vabbè…”

Quando la solidarietà finisce in una data di calendario

È giusto riconoscere la complessità del problema.  Ma resta un dato che colpisce: la lettera di sfratto è datata 14 febbraio. La comunicazione è arrivata agli uffici comunali “da un paio di settimane”, quindi con oltre un mese di ritardo operativo. Un tempo prezioso, sprecato.

Si dice che si “sta cercando ovunque”, ma oggi siamo al 13 aprile. Mancano dodici giorni al 25 aprile, e molte di quelle 30 persone sono ancora senza una soluzione certa. Il fatto che una struttura come la Santo Bambino sia “invivibile” era noto da tempo. Non è un’informazione nuova. La manutenzione carente non può diventare pretesto per un’evacuazione senza alternativa.

Che il Comune si muova adesso, nel panico, è l’ennesimo esempio di gestione emergenziale della povertà, sempre affrontata quando esplode, mai pianificata.

L’idea che il Comune possa gestire direttamente degli immobili è interessante, ma arriva troppo tardi, in ogni caso si tratta di un auspicio non di un progetto reale.

Sperare che la Diocesi “non sia così categorica con la data dello sfratto” è un atto di debolezza istituzionale: non si negozia un rinvio, si costruisce una soluzione. Ora.

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