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25 aprile, memoria viva: Montanaro tra rastrellamenti, sacrifici e libertà

Gino Massa e gli eroi dimenticati: la Resistenza montanarese raccontata

25 aprile, memoria viva: Montanaro tra rastrellamenti, sacrifici e libertà

25 aprile, memoria viva: Montanaro tra rastrellamenti, sacrifici e libertà

Si avvicina il 25 aprile, la Festa della Liberazione. È anche la festa in ricordo dei partigiani, che lottarono per la liberazione del suolo nazionale e per l’abbattimento definitivo del fascismo. Contribuirono a conquistare quella libertà, poca o tanta che sia, che consente a noi di scrivere questo articolo, e a voi di leggerlo, senza timore di prenderci manganellate.

Anche Montanaro ha combattuto e pagato caro la “sua” Resistenza al fascismo. Riportiamo da Patria Indipendente, una pubblicazione dell’ANPI, alcuni episodi.

La Resistenza montanarese comincia ufficialmente il 1° settembre 1944, quando Giovanni Clara per il Psi, Carlo Frassale in rappresentanza dei contadini, Bernardino Massa e Mario Piccablotto per il Pci e Francesco Gianaria per il Partito d’Azione, danno vita al CLN locale [Comitato di Liberazione nazionale]”.

I momenti peggiori e tragici arriveranno più tardi, tra gli ultimi giorni di aprile e il 1° maggio 1945. Alla fine di aprile in paese si sparge la voce secondo la quale alla tenuta Cerello, a pochi chilometri dal paese, sono nascosti quattro o cinque militari del Reich. Vanno in ricognizione i fratelli Domenico e Michele Zocca. Una volta all’interno della cascina scoprono che i militari tedeschi nascosti non sono quattro o cinque, ma molti di più, e naturalmente sono armati. I due fratelli bluffano: all’ufficiale tedesco, che conosce l’italiano, dicono che lui e suoi soldati sono circondati da migliaia di partigiani. L’indomani i tedeschi si arrendono e consegnano le armi ai membri delle SAP (Squadre di azione partigiana) montanaresi: “incolonnati … sotto la pioggia … i militari del Reich attraversano il paese accorso in strada a vederli… e sono avviati alle scuole elementari, dove rimarranno prigionieri” per pochi giorni. È il 27 aprile.

Il giorno dopo, il 28 aprile, “una macchina con a bordo due tedeschi rapisce due partigiani e li porta a Chivasso. Il 30 aprile un treno tedesco si guasta in zona e venti ostaggi vengono prelevati e usati come manovalanza”.

Poi, il 1° maggio 1945, il fatto più noto: la morte in combattimento del partigiano Luigi “Gino” Massa. Erano le cinque del mattino. Ovunque la guerra stava finendo e i nazifascisti sparavano i loro ultimo disperati colpi con la ferocia vendicativa degli sconfitti. Autocarri di nazisti e fascisti in fuga entrano in Montanaro. Gino Massa, figlio di Bernardino, fa parte delle SAP. Si trova vicino alla torre dell’acquedotto al comando di un gruppo di sappisti. Convinti di avere via libera, lasciano il posto. Ma compare una automobile dalla quale parte una raffica: Gino Massa viene colpito mortalmente, ma prima di cadere riesce ancora sparare e colpisce quattro nazifascisti. Tre rimangono feriti, mentre il quarto, il tenente colonnello Kerb Winatr, rimane ucciso colpito in piena fronte. Ma muore anche Gino Massa: “articola ancora poche frasi al padre accorso … poi gli muore fra le braccia”.

La reazione dei fascisti e dei nazisti è immediata: “Pochi minuti ed i soldati occupano l’intero paese: sparano, entrano nelle case, rastrellano gli uomini, li trascinano per strada”. Intanto arriva il secondo morto montanarese: “È ancora buio, e dalle parti della gora di Chivasso un uomo spaventato scappa; lo vedono, urlano, poi mirano e sparano, lui cade nell’acqua, colpito: è Pietro Prono, 67 anni, contadino”.

Un gruppo della brigata fascista Ettore Muti preleva da casa sua Italo Giavarini, 28 anni, ferroviere, in pigiama lo trascinano in strada” e lo uccidono. Sono appena le 7 del mattino.

Rastrellando il paese, i nazisti hanno preso in ostaggio un centinaio di uomini: Piccablotto e Binello – due «anziani» in grado di assumersi responsabilità ed essere ascoltati – si consegnano ai tedeschi; l’interprete viene convocato, i due spiegano che offrono la vita purché gli ostaggi siano liberati. Il maggiore tedesco è disposto a liberare gli ostaggi, ma esige la restituzione del corpo dell’ufficiale Kerb Winatr ucciso da Gino Massa e il rilascio dei commilitoni catturati e rinchiusi nelle scuole elementari”.

Nel frattempo il paese “subisce un cannoneggiamento dalla piazza verso Sant’Anna, la stazione, via Cesare Battisti, poi l’ultima bordata è per la chiesa di San Grato.

Intanto la trattativa per la liberazione degli ostaggi si conclude nel pomeriggio. I tedeschi ottengono il rilascio dei camerati che si trovano nelle scuole elementari e la restituzione del corpo dell’ufficiale, e verso le 17 in colonna lasciano il paese. Ma trattengono Piccablotto e Binello, come condannati alla fucilazione se la colonna venisse attaccata: i due montanaresi saranno rilasciati il giorno dopo, fra Mazzè e Caluso, ammaccati e sanguinanti per un pestaggio gratuito, ultimo atto di quegli ultimi giorni della Liberazione.

L’Atlante delle stragi nazifasciste riporta i dati delle tre vittime montanaresi:

Massa, Luigi (Gino), nato il 23/09/1923, a Torino, 4ª divisione Garibaldi.

Giavarini Italo, nato il 25/01/1917, a Torino, 9ª Brg Sap W. Venturelli

Prono Pietro, 67 anni, contadino

L’episodio della morte in combattimento di Gino Massa è raccontato più dettagliatamente nella pagina Facebook dell’ANPI di Montanaro.

Non siamo sicuri di avere riferito tutti gli eventi: i montanaresi che vorranno segnalarci eventuali dimenticanze ci aiuteranno a completare il racconto.

Buon 25 aprile!

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