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10 Aprile 2025 - 16:23
Strage di Ustica, il punto d’impatto: “Fu un jet USA a colpire il DC-9” (foto di repertorio)
“Non fu una bomba, né un missile. Fu un aereo da caccia americano”. Dopo quarantacinque anni, la strage di Ustica potrebbe finalmente avere una nuova verità, che scavalca ipotesi e depistaggi. È quanto sostiene L’Espresso, che nella sua prossima uscita in edicola presenta una inchiesta esclusiva firmata da Paolo Biondani, con un editoriale a firma del direttore Emilio Carelli destinato a far discutere.
Secondo quanto anticipato, il DC-9 Itavia, precipitato il 27 giugno 1980 nel Tirreno con 81 persone a bordo, sarebbe stato centrato in volo da un caccia statunitense, nel contesto di un’azione di inseguimento militare contro un Mig libico. Altro che cedimento strutturale – la versione inizialmente accreditata e costata la fine della compagnia Itavia – o attentato, o missile: nessuna traccia di esplosioni interne o esterne è mai stata rilevata in modo definitivo, secondo quanto riporta l’inchiesta.
Il particolare chiave emerso sarebbe la punta deformata dell’ala destra del velivolo, “un chiaro segnale di urto con un oggetto solido”. Ma non solo. Accanto al relitto, venne ritrovato un contenitore di carburante con punta azzurra, in dotazione ai jet americani della portaerei Saratoga, operativi nel Tirreno proprio quella notte. E secondo L’Espresso, questi elementi riscrivono radicalmente la narrazione ufficiale di uno degli episodi più oscuri della storia italiana.
Carelli punta il dito contro quarant’anni di insabbiamenti, con prove svanite, documenti spariti, registrazioni occultate, e parla apertamente di “azione di guerra in tempo di pace”. La nuova pista è quella di una verità conosciuta ma taciuta, su cui pesano “responsabilità internazionali” e un danno di immagine ingiusto per l’Italia e per la compagnia Itavia, screditata per anni.
L’Espresso annuncia che il dossier conterrà anche testimonianze, documenti tecnici e nuove analisi forensi. “Restituire verità e dignità a chi ha perso la vita e a chi ha cercato risposte – scrive Carelli – è il nostro obiettivo. E farlo con gli strumenti del giornalismo investigativo è un dovere verso la memoria collettiva”.
Un lavoro che si preannuncia esplosivo, nel senso più profondo del termine: non per ciò che accadde nei cieli, ma per ciò che fu nascosto a terra.
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