Lo Stato deve risarcire Itavia per il disastro aereo del Dc9, partito da Bologna e inabissatosi a largo di Ustica con 81 persone a bordo il 27 giugno 1980. Ma i 265 milioni stabiliti dalla Corte d'appello di Roma nel 2013 potrebbero essere pochi, perché va valutato anche il danno subito dalla compagnia per la revoca della concessione di volo e per questo ci dovrà essere un nuovo appello. La Cassazione mette così un ulteriore tassello nel mosaico giudiziario sulla strage. A distanza di oltre 38 anni, i colpevoli non ci sono. I responsabili civili, invece, sono chiari e definitivi: sono il ministero della Difesa e quello dei Trasporti, che avrebbero dovuto adottare misure per evitare quel disastro. E qualunque sia l'esito del nuovo processo, dovranno versare un maxi-risarcimento. I giudici civili hanno chiarito che la "causa più probabile della sciagura di Ustica" va individuata "nel lancio di un missile" e che "gravava sul ministero della Difesa l'obbligo di assicurare la sicurezza nei cieli e di impedire l'accesso di aerei non autorizzati o nemici" e sul ministero dei Trasporti "l'assistenza e la sicurezza del volo". A maggio le Sezioni Unite della Cassazione avevano confermato questo impianto. Ora la terza sezione civile apre anche a un risarcimento più alto, perché i danni subiti dalla compagnia potrebbero essere andati oltre quello commerciale, la riduzione dei voli e il fermo della flotta, quantificati da una perizia disposta nel processo d'appello. Va valutato anche il danno della cessazione dell'attività, cui è seguita, sei mesi dopo, la revoca della concessione. In pratica, la compagnia ha finito di esistere in conseguenza della strage, è finita in dissesto e in amministrazione straordinaria, e a questo dovrebbe essere dato un peso maggiore, per questo la Corte ha accolto in parte la posizione della società e disposto un nuovo processo d'appello, a Roma. Sarà il sesto grado di giudizio di questa lunghissima battaglia giudiziaria tra Itavia e i ministeri, iniziata con una prima sentenza nel 2003: il tribunale di Roma concesse un risarcimento di 108 milioni e aprì la strada alla tesi del missile. Con la stessa motivazione, la Cassazione nel 2013 diede ragione ai parenti delle vittime: i giudici ne accolsero la richiesta di risarcimento e scrissero la prima 'verità giudiziaria'.
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