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Scopel lascia il Pd, Katia è già in abito da sposa. A Settimo è guerra di lunghi coltelli

Tradimenti, assessorati mancati, vendette e sogni infranti: nella maggioranza di Piastra volano gli stracci. Mentre il Pd minimizza, i protagonisti si infuriano. E il “dopo Piastra” fa già tremare le sedie

Scopel lascia il Pd, Katia prepara l’abito da sposa. A Settimo è già guerra di coltelli

Scopel lascia il Pd, Katia prepara l’abito da sposa. A Settimo è già guerra di coltelli

Fanno finta di sorridersi, di brindare insieme, di remare tutti nella stessa direzione “per il bene della città”. Ma sotto la tovaglia del ristorante della maggioranza, più che posate, girano coltelli affilatissimi.

E tra una forchettata e l’altra, mentre qualcuno serviva l’ennesimo piatto di retorica, Alessandro Scopel si è alzato da tavola, ha sbattuto la porta del Partito Democratico (pare con un sonoro “andate a fanculo”) e si è seduto al tavolo del gruppo misto. Meglio un uovo oggi che una gallina domani...

Non proprio un colpo di scena da House of Cards, ma abbastanza per far tremare le porcellane di Palazzo Civico.

Ed eccola lì, pronta a entrare in scena anche Katia Albanese, fidanzata e fors'anche già moglie del transfugo. Ancora formalmente seduta nelle file del Pd, ma con l’abito già stirato per accompagnarlo anche in politica, dopo averlo seguito nella vita. Una fuga di coppia, quella annunciata dai rumors, che ha più il sapore della vendetta che del romanticismo.

Il motivo? Sempre lo stesso: una poltrona. Anzi, un assessorato. Che volevano in due, ma soprattutto lui. Scopel si era illuso che, a suon di preferenze, gli sarebbe spettato per diritto divino. Solo che qualcuno – e non è difficile immaginare chi – i conti li aveva già fatti. Temevano che Alessandro potesse avanzare “pretese” e allora giù con il “Sistema Settimo”: operazione “gonfia-voti” su Chiara Gaiola.

Gaiola che, detta fuori dai denti, per come aveva gestito il commercio, di voti avrebbe dovuto prenderne uno. Il suo. E invece puff! Magia. Spinta in alto da una manina generosa, è risultata “più votata” di Scopel, giusto quel tanto che bastava per togliergli ogni legittima ambizione. Risultato: Scopel fregato, niente assessorato, un altro avanti, grazie.

Lui, naturalmente, l’ha capita al volo. E ha agito di conseguenza.

Del resto, la candidatura stessa di Scopel aveva già spaccato il Pd. C’era chi non lo voleva proprio e chi, più diplomaticamente, storceva il naso per via delle sue troppe vicinanze a Caterina Greco e alla corrente dei “Gallo”, quelli finiti nel tritacarne dell’inchiesta “Echidna” della magistratura torinese.

Finiti i Gallo, finiti i giochi. Per il “Sistema Settimo”, Scopel improvvisamente vale zero. E senza più santi in paradiso, si guarda attorno e — colpo di teatro — si scopre socialista.

I socialisti. Quelli veri sono estinti più o meno con il fax. Oggi restano come categoria dello spirito, roba da citare nei dibattiti culturali o nelle battute sugli anni ’80. Ma in tempi di cadreghe disperse, ogni ombrellone fa ombra. E se un insider del Pd sussurra “non sa nemmeno cosa siano i socialisti”, poco importa. L’importante è sembrare vivi. E incazzati.

Intanto, mentre Katia Albanese conta i giorni al matrimonio (politico), il Pd affida la linea a Nicolò Farinetto, la cui espressione rassicurante fa il paio con le ultime parole famose: “Va tutto bene”.

Peccato che abbia la stessa credibilità di un comunicato stampa nordcoreano. Dai Nicolò, non va bene niente. Ti è cresciuto il naso. Katia e Alessandro fanno i piccioncini, ma sono furiosi come belve da circo, e in Comune lo sanno tutti. Tranne chi preferisce non vedere.

Di sottofondo, mentre la sindaca continua a tagliare nastri come una sarta e cerca di farsi largo nel panorama politico extracittadino, in maggioranza si affilano lame e già si lavora per il “dopo Piastra”, anche se mancano ancora quattro lunghissimi anni.

Ma si sa, come in ogni corte, i pretendenti al trono iniziano a muoversi ben prima che il Re (o la Regina) abdichi. Il nome più chiacchierato? Caterina Greco. Alla notizia, più di uno ha iniziato a cercare casa a San Mauro.

Altri tirano fuori Luca Rivoira, ma a parte qualche comparsata in bermuda mentre gira salsicce al barbecue, non si è ancora mai sentito un pensiero politico sensato uscire dalla sua bocca. Silenzio cosmico.

Insomma, siamo solo ad aprile 2025, ma in Comune si respira già aria da campagna elettorale. L’unica cosa certa è che i sorrisi sono di cartone, le coppie sono in fuga, e la maggioranza scricchiola come una sedia dell’ikea.

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