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TOman, la "gang" che unisce: anime, amicizia e lotta al disagio giovanile

Nata a Torino dall'idea del ventenne David Muccitelli, la community TOman raccoglie oltre 500 appassionati di anime e manga in tutta Italia. Un progetto inclusivo che combatte isolamento, bullismo e solitudine attraverso incontri reali e legami autentici

TOman, la "gang" che unisce: anime, amicizia e lotta al disagio giovanile

David Muccitelli con il vestito ufficiale della cosca del protagonista Mikey in " Tokyo Revengers"

In un’epoca dominata da diffidenza, solitudine e relazioni filtrate da uno schermo, soprattutto tra i più giovani, c’è chi prova a cambiare le regole del gioco. È il caso della community TOman, una realtà nata a Torino dall’amore per anime e manga, ma cresciuta con l’ambizione di ricostruire legami veri, offrire accoglienza e combattere il disagio giovanile.

Dietro questo progetto c’è David Muccitelli, 20 anni, giovane imprenditore con le idee chiare: ridare fiducia al mondo giovanile, offrendo uno spazio sicuro dove potersi esprimere senza paura di essere giudicati. La sua missione parte dalla conoscenza diretta di fenomeni drammatici come l’Hikikomori, l’isolamento estremo che colpisce sempre più adolescenti, e dalle conseguenze spesso devastanti di bullismo e cyberbullismo, che possono sfociare in episodi di autolesionismo e, nei casi più estremi, di suicidio.

“Il mio obiettivo è creare un ambiente libero da giudizi e tossicità, lontano dalle fiere e dai raduni impersonali con centinaia di persone che non si conoscono tra loro”, racconta Muccitelli. “Voglio costruire una comunità di appassionati in cui ciascuno possa sentirsi libero di essere sé stesso, incontrarsi dal vivo e sentirsi finalmente accettato”.

Così, nel luglio 2021, nasce TOman: un nome che unisce l’omaggio alla serie “Tokyo Revengers” al riferimento alla città d’origine, Torino. Ma l’intento non è quello di emulare la violenza e il controllo del protagonista dell’anime: al contrario, l’obiettivo è creare connessioni sane, momenti felici e sostegno reciproco.

“All’inizio eravamo solo cinque ragazzi con la passione per ‘Tokyo Revengers’ e ‘Naruto’. Ricordo quando interpretammo gli Akatsuki durante una fiera: un momento speciale, condiviso con chi ci capiva davvero”, racconta David. “Da lì è nato tutto. E oggi la community conta oltre 500 membri attivi in quasi tutte le regioni d’Italia”.

Nel tempo, TOman è diventata una vera e propria rete inclusiva per chi ama anime e manga. Una “gang” evoluta in una famiglia diffusa, dove l’unico potere riconosciuto è quello dell’ascolto e dell’amicizia. Dai classici intramontabili come Mazinga Z alle serie più amate dal pubblico femminile come Sailor Moon o L’incantevole Creamy, per Muccitelli non esiste distinzione: l’importante è immergersi in storie capaci di insegnare il valore della solidarietà, del rispetto e del coraggio.

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“Chi vuole unirsi a noi può farlo facilmente: condividiamo i link sui social, oppure ci si può unire tramite passaparola”, spiega David. “All’iscrizione chiediamo solo nome, età e città di provenienza, per facilitare la creazione di gruppi locali e promuovere incontri dal vivo. L’importante è partecipare, rispettare le regole e favorire un dialogo costruttivo. E se qualcuno decide di allontanarsi, potrà sempre tornare: l’importante è sentirsi parte di qualcosa”.

TOman guarda al futuro con entusiasmo. La prossima grande tappa sarà la partecipazione – per il secondo anno consecutivo – al Torino Comics, la più importante fiera cosplay della città. Un’opportunità importante per dare visibilità al progetto e sensibilizzare il pubblico sull’importanza della condivisione e del rispetto.

“Essere ospitati da Torino Comics è sempre un momento emozionante. È la dimostrazione che una passione, se coltivata con cura, può diventare uno strumento sociale fortissimo”, sottolinea Muccitelli.

In fondo, tutti cercano un posto dove sentirsi accolti, capiti e liberi di essere sé stessi. Nelle trame di tanti anime, i “cattivi” non sono altro che anime ferite, in cerca di comprensione. Ecco perché TOman funziona: perché mette al centro l’inclusione come antidoto al disagio, in un mondo sempre più frammentato e polarizzato.

I social media mostrano spesso il contrario: solitudine, alienazione, disperazione. Ma è solo tornando a incontrarsi di persona, condividendo passioni e quotidianità, che si può davvero fare la differenza.

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