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Ombre su Torino

Uscire al pomeriggio e sparire nel nulla. Il mistero di Camilla Bini

Una storia senza fine di coincidenze e misteri.

Uscire al pomeriggio e sparire nel nulla. Il mistero di Camilla Bini

Uscire al pomeriggio e sparire nel nulla. Il mistero di Camilla Bini

8 agosto 1989

Camilla Bini ha 34 anni e abita in via Limone 13 bis, Borgo San Paolo, Torino.

Quel giorno, intorno alle 16, incontra sulle scale due vicini di casa. Parlano del più e del meno, del caldo, delle vacanze: la ragazza racconta che andrà probabilmente in Puglia con un’amica. Dopo qualche minuto, Camilla li saluta cordialmente e scende in strada. Ad attenderla un uomo e la sua Lancia Beta blu. La giovane monta e i due se ne vanno in direzione del centro.

Il 28 agosto alla Bolaffi di via Cavour qualcuno si accorge che manca all’appello una dipendente. Camilla Bini sarebbe dovuta rientrare in ufficio quel giorno ma nessuno l’ha vista. Ed è strano poichè tutti in azienda la descrivono come molto puntuale e precisa, mai un minuto di ritardo in sedici anni di lavoro.

Le indagini scattano immediatamente perché, in effetti, da quell’8 agosto nessuno ha avuto più notizie di lei. Camilla è single e riservata e, in un periodo in cui i cellulari sono privilegio di pochi, tale silenzio durante le vacanze non ha destato sospetti. Viene perquisita la casa: il frigo è pieno, le valigie e i vestiti sono nell’armadio e, in generale, regna l’ordine. Tranne per un piccolo particolare. Nel lavello vengono trovate due tazzine (di cui una sporca di rossetto) e due bicchierini da amaro. Su nessuno di questi reperti vengono prese le impronte o viene estratto il DNA.

Le ricerche della polizia e alcune puntate di “Chi l’ha visto?” non portano risultati. Sembrano riconoscere Camilla in mezza Italia ma non è vero: la giovane è praticamente diventata un fantasma.

Non succede niente per sette anni.

L’8 maggio 1996 sparisce nel nulla una quarantenne della buona borghesia di Torino che si chiama Marina di Modica . Il principale indagato risulta essere un uomo di nome Paolo Stroppiana. Li ha presentati un’amica comune, la dottoressa Bianca Tovo, e si sono dati appuntamento proprio il giorno in cui Marina scompare. Devono vedersi perché quest’ultima vorrebbe vendere dei vecchi francobolli e Stroppiana è un filatelico: lavora alla Bolaffi di via Cavour.

Paolo e Camilla sono quindi colleghi, ma non solo. C’è chi giura che tra di loro ci fosse una relazione amorosa e Stroppiana è stato visto più volte in via Limone. L’uomo, ovviamente, nega (come farà pure nel caso della Di Modica) anche perché pure la sua fidanzata è una loro collega. Le coincidenze iniziano a diventare troppe quando si scopre che l’amica con cui Camilla doveva andare al mare è proprio la donna di Stroppiana, Beatrice Croce Di Dojola.

Nonostante uno svolgimento da libro giallo, questa fitta di rete di conoscenze incrociate non permetterà di fare luce sul caso della sparizione di Camilla Bini. I legami tra i protagonisti, anche se concreti, non portano ad incriminazioni e le maldestre indagini dell’89 non permettono di ottenere elementi utili dal punto di vista scientifico.

Anche l’uomo della Lancia non verrà mai identificato. Dopo un lunghissimo iter processuale Paolo Stroppiana viene condannato nel 2011 a 14 anni per l’omicidio di Marina Di Modica. La notizia darà nuovo impulso alle indagini sul caso Bini ma, dopo 11 anni infruttuosi, nel 2022 il caso viene archiviato senza colpevoli. Erano solo coincidenze.

Un po’ come altre che, in questa storia, hanno fatto capolino. Per esempio, quella di una trentatreenne di nome Fiorella Rolfo. Appassionata di gite in alta quota, nell’agosto 1985 parte per il Kashmir, insieme a un gruppo di amici. Durante un’escursione si sente poco bene e si ferma nei pressi di un fiume. I suoi compagni di viaggio proseguono ma quando tornano indietro a prenderla non la trovano più. Verrà considerata morta, caduta da un ponte. Il corpo non verrà mai trovato. In gita con lei c’era anche Bianca Tovo.

Quest’ultima, il mese prima, era rimasta molto impressionata dalla morte di un funzionario della USL da cui dipende l’ospedale in cui lavora lei stessa. Edvige Porta, 50 anni, il 2 luglio 1985 viene trovata legata, pestata a sangue e accoltellata nel suo ufficio.

Anche questo un caso senza colpevole. Neanche a dirlo, la morta era una collega di Marina Di Modica.

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