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22 Marzo 2025 - 19:11
Il fiorentino Romeo Menti, sulla destra, grande ala del Toro, nell'area avversaria. Palleggiatore efficace era dotato di velocità e dribbling (foto tratta da Grande Torino per sempre! di Franco Ossola
La necessità per le squadre calcistiche, diventata poi abitudine, di frequentare le zone di montagna in un ritiro precampionato, riguardò per un non breve periodo anche le Valli di Lanzo. A cominciare dal 1930, infatti, dopo che l’anno precedente erano stati in Val Ferret (Val d'Aosta), alcuni giocatori della prima squadra del Torino come Antonio Janni e Giuseppe Aliberti, vincitori dello scudetto del 1926-27, poi revocato, e di quello successivo, 1927-28, cominciarono a frequentare Ala di Stura durante l’estate, accompagnando le giovanili dei cosiddetti «Balon-Boys».
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I giocatori erano ospitati in quella che era definita una «casetta alpestre» nei pressi del vicino «castello» e della Stura, nella zona oggi denominata «la fabbrica», dove anticamente sorgeva una fucina per la lavorazione del ferro. Il luogo serviva come base per le escursioni, e gli allenamenti avvenivano in un piccolo campo arrangiato nella folta faggeta, con appassionanti gare a sei contro sei. Gli stessi atleti non disdegnavano poi i bagni in una pozza creatasi nel greto del torrente.
Scopo del ritiro era naturalmente quello di rinvigorire e rilassare i giocatori attraverso una permanenza lontano dalla città.
La squadra principale del Foot Ball Club Torino, che nei primi anni Trenta si limita a piazzamenti di centro classifica, comincia anch’essa a salire nelle Valli di Lanzo in estate. A partire dalla stagione 1935-36, intanto, inizierà una rinascita, che getterà le basi per il periodo d’oro che sarebbe stato poi quello rappresentato dal Grande Torino: quell’anno la squadra conclude al terzo posto ma soprattutto, in quello che è l’anno di esordio della manifestazione, conquista la prima Coppa Italia. Nella stagione 1936-37, poi, termina il campionato al terzo posto.
A sinistra: Ala di Stura, estate 1938. L'orchestra improvvisata da alcuni calciatori del Torino al Grand Hotel.
Al pianoforte, Raf Vallone, futuro attore di successo (archivio Corrado Golé).
A destra: Balme, estate 1939. Un giovane Franco Ossola, prima pedina del Grande Torino (archivio Franco Ossola).
Balme. estate 1939. Foto di gruppo dei giocatori del Torino (archivio Franco Ossola).
Ferruccio Novo era il presidente della squadra di allora. Qui lo si può vedere negli anni giovanili
in una rarissima foto che lo ritrae calciatore: è in quinto da sinistra, l'unico con la maglia a maniche corte (foto tratta da Grande Torino per sempre! di Franco Ossola, Editrice Il Punto, Torino 1998).
Una delle tante dispute tra Torino e Juventus. Guglielmo Gabetto, giocatore originario di Borgata Aurora, ha appena scoccato un tiro. Dal volto preoccupato di Rava, a sinistra, si direbbe gol
(foto tratta da Grande Torino per sempre! di Franco Ossola, Editrice Il Punto, Torino 1998).
Villeggiatura e Grand Hotel.
È nell’agosto del 1938 che la rivista «Il calcio illustrato» dedica un ampio servizio alla villeggiatura alese dei granata. I 18 giocatori della prima squadra, guidati dall’allenatore ungherese Erbstein, dopo un’interruzione nell’estate precedente, sono ospitati al Grand Hotel, lussuoso albergo che dagli inizi degli anni Trenta e fino al 1935 ospitava anche ogni estate il Nobel Guglielmo Marconi con la famiglia.
Gli atleti, tra un allenamento e l’altro, intrattengono gli altri perplessi e più misurati villeggianti con un’improvvisata orchestrina, di cui fa parte anche Raf Vallone, divenuto poi negli anni a venire giornalista e attore. Quella squadra, nella successiva stagione del campionato 1938-39, si piazza al secondo posto.
Nel frattempo la formazione giovanile, seguita dal vice-allenatore Mario Sperone, si trova a Balme, otto chilometri più a monte, ospitata in una rustica dimora. Probabilmente, la casa che li accoglie, alla frazione Cornetti, è la stessa che l’anno dopo, nel 1939, quando assumerà la presidenza Ferruccio Novo, alloggerà la prima squadra, giunta poi settima nella successiva stagione calcistica.
Dall’archivio di Franco Ossola, figlio di colui che diventerà il primo pilastro del Grande Torino, sono infatti comparse qualche anno fa alcune belle immagini di quel periodo, che ritraggono i calciatori durante gli allenamenti o raggruppati per le foto ricordo.
In quelle fotografie, oltre al burbero benevolo Sperone, che alla guida del Grande Torino vincerà il campionato 1948-49, spiccano il giovanissimo attaccante Franco Ossola, che grazie ai progressi eccezionali, diventerà uno dei goleador più prolifici della storia granata, il portiere Filippo Cavalli, il forte difensore Sergio Piacentini e «il gladiatore»Federico Allasio, così soprannominato per il fisico possente.
La nascita del Grande Torino.
È proprio all’estate del 1939, quando il quarantaduenne industriale Ferruccio Novo assume la presidenza di quella che è diventata l’Associazione Calcio Torino, succedendo all’ingegner Giovanni Battista Cuniberti, che viene fatta risalire ufficialmente la nascita di quel fenomeno di sport e passione chiamato Grande Torino. Novo, che con il fratello aveva avviato una fabbrica di accessori in cuoio, era un attento amministratore e la scelta delle destinazioni del ritiro estivo della squadra sottostava anche a oculate ragioni di ordine economico.
Seguendo i suggerimenti di Vittorio Pozzo, si circondò di collaboratori competenti, come i già affidabili ex giocatori Antonio Janni e Mario Sperone; a Rinaldo Agnisetta venne affidato il ruolo di amministratore delegato, Roberto Copernico (aveva un negozio di abbigliamento in centro) fu chiamato al ruolo di consigliere, all’inglese Leslie Lievesley andò il ruolo di allenatore delle giovanili, mentre la guida tecnica fu data a Ernest Egri Erbstein (il quale, in quanto di origine ebraica, a causa delle leggi razziali collaborò lungamente in incognito).
L’acquisto dal Varese del talentuoso diciottenne Franco Ossola, disegnerà la prima pedina dello squadrone e già l’anno successivo Ossola mostrerà il proprio valore, risultando, grazie alle 14 reti su 22 presenze, il capocannoniere granata.
Approfittando del clima di stagnazione e delle limitate risorse economiche di cui il calcio può disporre, Novo, in vista del campionato 1941-42, portò in granata ben cinque nuovi giocatori: Pietro Ferraris II, l’ala sinistra della Nazionale campione del mondo 1938, su suggerimento di Ellena; Romeo Menti, un’ala veloce con facilità di piede e tiro potentissimo; quindi il portiere Alfredo Bodoira, e gli attaccanti Felice Borel, già campione del mondo nel 1934, e Guglielmo Gabetto. Gli ultimi tre provenivano addirittura dai cugini bianconeri.
Con l’inizio della guerra, la Val d’Ala, forse per la vicinanza a Torino, per l’economicità delle residenze e la relativa sicurezza (nel giugno del ’40 l’aggressione alla Francia aveva infatti destato non poche preoccupazioni), continuerà ad essere considerata un luogo ideale agli allenamenti estivi e i risultati saranno confortanti.
Il Toro, giunto secondo nel campionato 1941-42, si reca ancora sotto la Bessanese. I giocatori vanno all’albergo Camussot e si allenano lungo i prati e i sentieri scoscesi del luogo. In un piccolo avvallamento pianeggiante, definito localmente «Pian dla Fòpa» ma ribattezzato poi «Conca d’Oro», giocano tra loro le amichevoli partitelle.
Stagioni di risultati sorprendenti.
Nel 1942, un breve articolo sulla «Stampa» del 13 agosto, riporta come, prima della convocazione prevista per il 18, *«i dirigenti della società avevano in un primo tempo ventilato l’opportunità di inviare il nucleo di titolari della prima squadra e delle principali riserve a trascorrere un periodo di allenamento collegiale in montagna, e la località prescelta pareva dovesse essere quella di Balme.
Pur non avendo l’intenzione di impiantare un vero e proprio nucleo di giocatori in preparazione, il Torino ha da ieri inviato qualche suo elemento precisamente a Balme, e alcuni altri raggiungeranno in questi giorni lassù i compagni. La permanenza nella ridente sede dovrebbe risultare brevissima e nella entrante settimana Kuttik, con tutti gli elementi anziani e quelli di nuovo acquisto a disposizione, dirigerà l’inizio degli allenamenti e ne tratteggerà gli schemi di svolgimento e di sviluppo».*
Al via della successiva stagione 1942-43, a disposizione dell’allenatore ungherese Kuttik, al quale subentrerà Antonio Janni a metà campionato, c’è una rosa che comprende giocatori di prim’ordine: i preparati portieri Alfredo Bodoira e Filippo Cavalli; difensori di esperienza come Osvaldo Ferrini e Giacinto Ellena, e di qualità come Sergio Piacentinie Luigi Cassano; a centrocampo i veterani Fioravante Baldi e Cesare Gallea, con i nuovi Giuseppe Grezar, Ezio Loik e Valentino Mazzola; davanti Romeo Menti e Piero Ferraris, senza dimenticare ovviamente Guglielmo Gabetto e Franco Ossola.
Il successivo campionato li vedrà primeggiare, conquistando anche, accoppiata fino ad allora mai riuscita, la Coppa Italia. La formazione è ormai in buona parte quella del ciclo del Grande Torino, che terrà banco anche nei successivi tornei.
Il ripetersi di risultati sempre più sorprendenti, comprova come forse anche l’aria della montagna avrà avuto in quei successi un ruolo fortificante e finanche decisivo.
La leggenda di quegli «invincibili», preparati negli allenamenti in quota e capaci di stupire il mondo conquistando consecutivamente gli ultimi cinque campionati, sarà interrotta solamente il 4 maggio del 1949 dal ben più modesto promontorio di Superga.
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Si ringraziano Franco Ossola e Corrado Golè per le informazioni e per le fotografie.
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