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Davide batte Golia: il piccolo Comune fa condannare Inwit

Telefonia mobile, il Tribunale dà ragione al Comune: la società di telefonia condannata a pagare

Davide batte Golia: il piccolo Comune fa condannare Inwit

Davide batte Golia: il piccolo Comune fa condannare Inwit

Contro ogni pronostico, il Davide del chivassese ha tirato fuori la fionda e ha colpito dritto in fronte il Golia della telefonia.

Il Comune di Monteu da Po, poco più di mille anime, ha vinto una battaglia legale di peso contro Inwit S.p.A., società tra le più grosse d’Italia nella gestione di siti per antenne di telecomunicazione. Tradotto: un colosso che voleva pagare 800 euro all’anno d’affitto per un terreno che, da contratto, ne valeva 8.000.

Tutto nasce quando Inwit, subentrata a Vodafone Italia in un contratto di locazione con il Comune, decide che non ha più voglia di versare il canone intero pattuito. Così, a fine 2022, si autoapplica un bello sconto del 90%, appellandosi alla legge 160/2019 sul canone unico antenne. Un bel colpo basso, mascherato da tecnicismo legale: 800 euro invece di 8.000, senza neanche sedersi a discutere.

Ma a Monteu da Po non l’hanno presa bene. E hanno fatto la cosa giusta: prima hanno inviato solleciti, poi, visto che Inwit faceva orecchie da mercante, è partito l’accertamento esecutivo patrimoniale. Cifra richiesta: 19mila euro, per i canoni arretrati pagati solo in parte. Inwit ha fatto ricorso, e lì è partita la vera battaglia: davanti al Tribunale di Ivrea.

A guidare l’offensiva legale del Comune, l’Avvocato Patrizia Bugnano, che ha fatto valere un principio tanto semplice quanto ignorato da troppi: il terreno dato in affitto è un bene patrimoniale disponibile, cioè un bene che il Comune può usare per fare cassa. E per far quadrare i conti pubblici, non puoi regalare affitti a multinazionali.

La Giunta comunale di Monteu da Po

La tesi del Comune è stata accolta in pieno dal giudice: il canone antenne vale per i beni pubblici a uso collettivo (tipo le piazze o i lampioni), non per i terreni che il Comune gestisce come un privato. Ed è una tesi che trova fondamento anche in una nota dell’ANCI e dell’IFEL, che spiegano chiaramente come in questi casi l’amministrazione agisce da soggetto privato, quindi può (e deve!) riscuotere il canone pattuito.

Morale della favola: Inwit ha perso. Il giudice ha respinto l’opposizione e dato pienamente ragione al Comune. Ma c’è di più: questa sentenza diventa un precedente importante per centinaia di altri piccoli Comuni italiani che si trovano nella stessa situazione e che ora, grazie a Monteu da Po, sanno di poter difendere il proprio patrimonio senza farsi schiacciare.

«Amministrare con scienza e coscienza», recita la nota del Comune, a firma della sindaca Elisa Ghion e del suo esecutivo.

«Poiché sull’interpretazione dell’art. 54 del D. Lgs. n.259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) la giurisprudenza di merito non è pacifica né concorde, l’esito processuale grazie al quale il Tribunale di Ivrea ha accolto la tesi del Comune e rigettato l’opposizione all’accertamento esecutivo di Inwit, acquista peso e significato per analoghi contenziosi che proliferano su tutto il territorio nazionale: la pronuncia eporediese rappresenta, dunque, un precedente importante per quegli Enti che intendono affermare il diritto/dovere di amministrare con scienza e coscienza».

Ma qui c’è anche un bel po’ di coraggio e tenacia. Perché in un’Italia dove spesso i grandi fanno i furbi, è bello vedere un piccolo Comune che non si piega e si fa rispettare.

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