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21 Marzo 2025 - 09:58
Allarme desertificazione commerciale: in 12 anni spariti oltre 140mila negozi
Dal 2012 al 2024 l’Italia ha perso quasi 118mila negozi al dettaglio e circa 23mila ambulanti. Un’emorragia lenta ma costante che sta svuotando le città, cambiandone l’anima e mettendo in discussione l’equilibrio sociale ed economico dei territori. È la cosiddetta desertificazione commerciale, che colpisce soprattutto i centri storici, dove i negozi chiudono più rapidamente rispetto alle periferie. Si tratta di una trasformazione che non riguarda solo il commercio, ma l’intera vivibilità urbana. Quando sparisce una bottega, si perde un pezzo di comunità, un presidio di prossimità, un riferimento per i residenti.
Dietro questa crisi profonda si intrecciano diverse cause. L’avanzata dell’e-commerce ha modificato le abitudini dei consumatori, riducendo drasticamente il passaggio nei negozi fisici. A questo si aggiunge l’aumento dei costi di gestione, tra affitti, bollette e tassazione locale, che mette in ginocchio soprattutto le piccole realtà a conduzione familiare. La crisi economica, iniziata nel post-2008 e aggravata da pandemia e inflazione, ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie, penalizzando i consumi nei piccoli esercizi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: serrande abbassate, vetrine vuote, locali sfitti, interi quartieri che perdono identità.
Non è un fenomeno uniforme su tutto il territorio. Al Nord si registra la perdita maggiore, con città come Ancona, Gorizia, Pesaro, Varese e Alessandria che hanno visto scomparire più di un terzo dei propri negozi. Al Sud la tenuta è migliore, anche se la tendenza resta negativa. In alcuni casi, come a Crotone o Palermo, la rete commerciale resiste grazie alla centralità delle attività di prossimità e a un diverso rapporto con il commercio ambulante.
Il calo dei negozi va di pari passo con un altro indicatore: la chiusura degli sportelli bancari. In meno di dieci anni sono passati da oltre 8mila a poco più di 5mila. Meno servizi, meno presidi, meno vita nei quartieri. La città si svuota, e con essa si indeboliscono coesione sociale, sicurezza e senso di comunità. Per questo la desertificazione commerciale non è solo un tema economico, ma anche culturale e politico. Un campanello d’allarme per amministratori locali, urbanisti e cittadini.
Alcune categorie, come quella della ristorazione e degli alloggi, registrano una crescita. Ma è una dinamica che spesso non compensa la perdita complessiva di varietà e funzionalità. Un centro storico pieno di bar e ristoranti, ma privo di librerie, mercerie, cartolerie o alimentari, diventa un contenitore fragile, esposto alla stagionalità turistica e poco utile per chi ci vive tutto l’anno.
Il commercio di vicinato è molto più di un’opportunità economica: è un legame quotidiano, un elemento identitario, un servizio fondamentale. Rilanciarlo significa investire sulla qualità della vita urbana. Servono politiche fiscali più eque, incentivi per chi apre attività nei quartieri, agevolazioni per l’affitto commerciale. Ma serve anche una riflessione sul nostro modo di abitare le città, sul valore dei piccoli gesti, sul tempo che dedichiamo ai luoghi.
Senza una rete diffusa di negozi e attività di prossimità, la città perde la sua anima. E con essa, anche il futuro.
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