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Cinque anni fa le bare di Bergamo. Il Comune ricorda le proprie vittime della pandemia

Anche San Mauro Torinese ha voluto ricordare i propri cittadini morti a causa del Covid. Rimangono però troppe ombre sulla gestione della pandemia, con i familiari che chiedono giustizia

Cinque anni fa le bare di Bergamo. Il Comune ricorda le proprie vittime della pandemia

18 marzo 2020 – 18 marzo 2025. Sono passati cinque anni dalle orribili immagini di quel lungo corteo funebre, ma con le bare caricate sui mezzi militari, a Bergamo per portare fuori dalla città decine di vittime di Covid-19. Immagini che hanno segnato profondamente la vita di tutti, a cominciare da chi ha perso i propri cari, ma anche da chi ha subito le conseguenze della malattia, oltre che l’isolamento sociale imposto a tutta la popolazione per ragioni di salute pubblica.

Anni tristi, che qualcuno vorrebbe rimuovere per sempre dalla propria memoria – in parte comprensibilmente –, ma proprio da questo nasce l’esigenza di ricordare chi ha perso la vita a causa della pandemia. Il 18 marzo è diventata infatti la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di Coronavirus.

Il Comune di San Mauro Torinese ha voluto ricordare le vittime della propria città deponendo, quel giorno stesso, un mazzo di fiori sotto la targa fatta installare nel cimitero cittadino a novembre 2022.

«Una giornata che rende omaggio a tutte le vittime della pandemia ma che vuole anche sottolineare lo sforzo dei professionisti sanitari, del mondo del volontariato, delle forze dell’ordine, delle istituzioni, delle tante associazioni che hanno dato il proprio contributo per superare una delle fasi più critiche e drammatiche degli ultimi anni. Per tenere vivo il ricordo, l’Amministrazione comunale, nel 2022, ha dedicato alle vittime sanmauresi del Covid-19 una targa all’interno del Cimitero comunale, dove questa mattina è stato deposto un omaggio floreale», ha fatto sapere il Comune in un comunicato.

A livello nazionale (e non solo) rimangono però numerose macchie sulla memoria di chi ha perso la vita a causa della pandemia, complice la disorganizzazione gestionale della sanità pubblica e scelte del tutto inadeguate intraprese dal Ministero della Salute e dalle regioni.

Come evidenziato da una lunga relazione da 100 pagine pubblicata dall’OMSrimossa poi misteriosamente dal sito come denunciato da Fanpage, anche se l’OMS smentisce che ci siano stati condizionamenti esterni da parte dell’allora governo Conte II –, «non preparati a una simile inondazione di pazienti gravemente malati, la reazione iniziale degli ospedali (italiani, ndr) è stata improvvisata, caotica e creativa» complice un piano pandemico «di preparazione e risposta alla pandemia influenzale creato nel 2006 dopo l'esperienza della Sars» e confermato nel 2017, ma «la pianificazione, tuttavia, è rimasta più teorica che pratica, con pochi investimenti o la traduzione delle intenzioni in misure concrete».

Non solo quindi la memoria dei morti di Covid sta passando sempre di più sotto silenzio, ma anche l’aspetto su cui molti familiari delle vittime chiedono giustizia: le responsabilità individuali e politiche.

Allo stesso modo, non può essere dimenticata la mancata istituzione della zona rossa in Val Seriana nel 2020, una decisione che – stando all’accusa – avrebbe potuto portare a un numero ben minore di vittime. Il primo ministro Conte e l’allora ministro della salute Speranza, prima indagati, sono stati sentiti come testimoni più volte tra il 2020 e il 2023, con il premier pentastellato che si era smarcato dall’accusa dichiarando ai pm di Bergamo che «Con Regione Lombardia non ho avuto interlocuzioni dirette in materia di “zona rossa” per Nembro e Alzano. Le mie interlocuzioni sono state solo con il Presidente Fontana ed escludo che mi sia stata chiesta l’istituzione di una zona rossa per Nembro e Alzano», scaricando quindi la responsabilità sul presidente della Lombardia, riconfermato – nonostante lo scandalo dei malati di Covid stipati nelle RSA – alle ultime elezioni regionali.

Giulio Gallera e Attilio Fontana

Con la delibera regionale dell'8 marzo 2020, infatti, la Regione Lombardia permetteva alle RSA di ospitare pazienti Covid-positivi dimessi dagli ospedali. Il risultato? Molte strutture non erano attrezzate per gestire pazienti Covid-positivi, mancavano DPI (dispositivi di protezione individuale) e protocolli adeguati. Il virus si è diffuso rapidamente tra ospiti e operatori, provocando migliaia di morti tra gli anziani, la categoria più vulnerabile. Sono state però archiviate le indagini sull’assessore alla sanità lombardo Giulio Gallera.

Alberto Cirio

Uno scenario simile è avvenuto anche nel Piemonte di Alberto Cirio, anche lui confermato nonostante lo scandalo RSA. Con la delibera del 20 marzo 2020 (DGR 14-1150), la Giunta regionale disponeva che, per ridurre la pressione sulle strutture pubbliche, le Aziende Sanitarie Regionali potessero utilizzare posti letto accreditati presso erogatori privati convenzionati, inclusi quelli delle RSA, per la presa in carico di pazienti non affetti da Covid-19. Con la Delibera del 9 aprile 2021 (DGR 3-080), la Regione Piemonte approvava percorsi protetti di continuità assistenziale per anziani ultra 65enni non autosufficienti, dimessi dagli ospedali verso l'assistenza domiciliare erogata dalle RSA autorizzate, accreditate e contrattualizzate con il Servizio Sanitario Regionale.

La combinazione di trasferimenti di pazienti Covid-19 positivi nelle RSA, la mancanza di preparazione e risorse adeguate, e le difficoltà nell'isolamento e nel trasferimento dei casi gravi hanno sicuramente contribuito a un aumento significativo dei decessi nelle RSA piemontesi e lombarde durante la prima ondata della pandemia.

Sono migliaia quindi le famiglie che, davanti ad archiviazioni e processi con tempi “biblici”, chiedono che venga fatta giustizia, che ciascun governante si assuma le proprie responsabilità di quanto successo in sede penale, in modo che la memoria dei loro cari non venga ulteriormente oltraggiata.

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