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08 Marzo 2025 - 10:02
Matteo Chiantore
Come ampiamente prevedibile, la conferenza del 5 marzo, convocata a Torino per sciogliere il nodo sull’autorizzazione alla cava di San Bernardo, si è conclusa con un elegante nulla di fatto. A farne le spese, ancora una volta, sono i cittadini.
Da mesi, infatti, 221 abitanti delle piccola frazione di San Bernardo a Ivrea si sono mobilitati per impedire che venga autorizzata. "E' a poche centinaia di metri dalle nostre case - dicono - in una zona a vocazione agricola e con valenze storico-ambientali rilevanti, collocata peraltro a breve distanza da un Sito di Interesse Comunitario (SIC)...".
Il comitato NoCava di San Bernardo ha contestato la richiesta, fin da quando è venuto a sapere della sua esistenza, presentando osservazioni dettagliate, promuovendo una raccolta firme e depositando un esposto che è finito sulle scrivanie di tutte le autorità competenti. Tra le principali preoccupazioni ci sono l'inquinamento acustico derivante dalle operazioni di estrazione, l'incremento massiccio del traffico pesante su strade già inadeguate, il rischio di compromissione ambientale e paesaggistica, e l’assenza di garanzie sullo smaltimento delle acque meteoriche.
La questione più urgente è legata al rumore. Per mitigare il disagio acustico, la soluzione proposta dalla società consiste nell’erigere barriere alte fino a 7 metri, una misura che il comitato giudica insufficiente e soprattutto dannosa per il paesaggio. La conferenza dei servizi, tuttavia, ha rimandato ogni decisione in materia, stabilendo che le criticità acustiche potranno essere risolte solo con una nuova pianificazione comunale della zonizzazione acustica, che attualmente non c'è.
«La conferenza non è stata affatto decisoria – fa sapere il Comitato NoCava –, ci aspettavamo un passo avanti significativo, ma siamo fermi al punto di partenza. Il comune di Ivrea non può continuare a trattare una questione del genere come se si trattasse di un banale permesso per costruire un garage».
Durante l’incontro, il sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore, ha sollevato il problema del traffico, evidenziato anche con l'aiuto di un Mobility Manager. «Abbiamo accolto positivamente questa iniziativa – precisa il Comitato –, anche se riteniamo assurdo che ci sia voluto un esperto tecnico per ribadire ciò che abbiamo già denunciato, nero su bianco, con 221 firme. Speriamo che questo nuovo approccio prosegua».
Quel che al Comitato proprio non va giù è che il sindaco abbia dichiarato di aver partecipato in qualità di semplice uditore.
«Se questa informazione fosse vera, sarebbe gravissima – denuncia il Comitato – Gli uditori sono cittadini o comitati privati che chiedono umilmente via PEC di poter assistere ai lavori, senza poter intervenire, spesso esclusi senza motivazione. Sono quelli che dopo aver preso permesso dal lavoro, devono sperare fino all’ultimo di ricevere un link dalla Città Metropolitana di Torino, la quale può permettersi di negargli la partecipazione senza neanche dirglielo prima o addurre una motivazione (come è successo….), nonostante quanto sancito dall’art. 29 comma 6 della r. 23/16 sulla cave. Sono quelli che sperano che i partecipanti alla conferenza abbiano letto le loro osservazioni del comitato e con responsabilità ed onestà intellettuale, ne riconoscano la fondatezza. Pensare che il massimo rappresentante istituzionale di Ivrea partecipi come semplice spettatore è sconcertante, e dimostra ancora una volta la debolezza del Comune nell’affrontare questa delicatissima questione. In ogni caso, l’idea di essere rappresentati in un tavolo decisionale collegiale da un Sindaco che ritiene di esser coinvolto come uditore, la dice lunga sul peso politico ed istituzionale che il comune di Ivrea intende giocarsi in questa vicenda che, in ogni occasione pubblica, viene rimarcato essere in mano... a qualcun altro e non al Comune....».
Il comitato NoCava coglie l'occasione per ricordare che, proprio sul sito del Comune, è presente un documento del PRGC 2030 che precisa come sia proprio il Comune a dover approvare una variante del Piano di classificazione acustica prima di intervenire concretamente con piani di risanamento acustico.
«Chiediamo che il Comune aggiorni e rettifichi immediatamente il documento ufficiale del PRGC – sottolinea il Comitato –, per evitare ulteriori equivoci e chiarire una volta per tutte le proprie responsabilità politiche e amministrative. Non possiamo più tollerare questa confusione istituzionale».
Restano infine senza risposta una serie di altre domande che angosciano gli abitanti di San Bernardo: nessun chiarimento sulle valutazioni relative all’impatto sulla qualità dell’aria, nessuna considerazione sugli effetti devastanti per l’ambiente naturale e agricolo, e nessuna certezza sul sistema di gestione delle acque piovane, che finiranno inevitabilmente in collettori fognari già insufficienti per le esigenze attuali.
«Pretendiamo risposte chiare e immediate – conclude il Comitato NoCava – perché la nostra battaglia non si ferma qui. I cittadini meritano rispetto, attenzione e una gestione trasparente della vicenda, non ulteriori rinvii e silenzi istituzionali».
Insomma, la battaglia sulla cava di San Bernardo prosegue. E l'impressione, ancora una volta, è che la voce dei cittadini sia stata ascoltata troppo poco e troppo tardi.
La vicenda della cava di ghiaia e sabbia prevista in località Fornace di San Bernardo, nell’ex impianto Icas, parte da lontano e affonda le radici in un lungo percorso amministrativo che dura ormai da oltre un decennio.
Era il lontano 2008 quando la società Cogeis avanzò per la prima volta richiesta alla Regione Piemonte e all’allora Provincia di Torino per realizzare una cava di ghiaia e sabbia. Un progetto ambizioso, che prevedeva l’escavazione in un’area di circa 60.000 metri quadri, con profondità di scavo fino a 5 metri. Le operazioni, secondo i piani originari, avrebbero coinvolto circa cento camion al giorno, mezzi pesanti destinati ad attraversare numerosi comuni del Canavese, tra cui Ivrea, Strambino, Pavone, Samone, Banchette e Romano, causando inevitabilmente pesanti ripercussioni sul traffico locale.
Nel 2013 il progetto, dopo cinque anni di discussioni preliminari, arrivò finalmente all'attenzione del Consiglio comunale di Ivrea con una variante al Piano regolatore generale. Fu allora che si scatenò una vera e propria sollevazione popolare, con i residenti delle aree limitrofe preoccupati per l’impatto che la cava avrebbe avuto sulla qualità della vita e sull’ambiente circostante. Gli abitanti denunciarono da subito rischi concreti: inquinamento acustico derivante dai macchinari e dai camion, dispersione di polveri sottili, vibrazioni, degrado paesaggistico e una drastica riduzione della tranquillità quotidiana.
Il bilancio economico per il Comune, dal canto suo, sembrava poco allettante: appena 0,43 centesimi per metro cubo di materiale estratto, per un totale di circa 234.660 metri cubi. In cambio, la società Cogeis aveva promesso interventi compensativi come la realizzazione di un impianto semaforico su via Torino e la rimozione dell’amianto dal tetto dell’ex bocciodromo della Diocesi, sostituendolo con pannelli fotovoltaici—interventi, questi ultimi, effettivamente realizzati negli anni successivi.
La tensione tra residenti e amministrazione toccò il culmine in una famosa assemblea pubblica tenutasi a Bellavista, nel corso della quale l’allora sindaco Carlo Della Pepa venne duramente contestato e accusato apertamente di fare «gli interessi di un imprenditore». La battaglia fu sostenuta con forza dal Movimento 5 Stelle, che raccolse ben 2.601 firme e portò avanti denunce pubbliche contro l’impatto ambientale, la carenza di misure di mitigazione e la scarsa considerazione degli effetti negativi su un vicino agriturismo e sull’intero centro abitato.
Nel maggio del 2014, proprio un residente di Canton Garda, supportato dai pentastellati, presentò un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, segnalando pesanti anomalie procedurali e presunte forzature politiche. La vicenda giudiziaria si protrasse per anni: nel dicembre 2014 il Comune autorizzò comunque l'avvio della cava. A quel punto, nel febbraio del 2015, partì un secondo ricorso al Consiglio di Stato da parte dei Cinquestelle, accompagnato da una richiesta di sospensione immediata dei lavori in attesa della sentenza.
La sentenza arrivò nel settembre del 2016 e rappresentò una doccia gelata per il Comitato e per i cittadini coinvolti: ricorso respinto. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, non sussistevano elementi sufficienti per annullare il procedimento amministrativo seguito dal Comune di Ivrea.
Nonostante ciò, per ragioni non chiarite, l’attività estrattiva non è mai iniziata. Per circa dieci anni, della cava non si è saputo più nulla e nessun granello di sabbia è stato scavato. Tutto sembrava archiviato fino al 4 novembre scorso, quando Cogeis ha depositato una richiesta di rinnovo dell’autorizzazione per poter finalmente avviare le attività di escavazione.
Ed ecco riaccendersi improvvisamente la protesta dei cittadini, con il ritorno dei cartelli "No Cava" e la ripresa di iniziative popolari.
In una lettera di quattro pagine, inviata alla Città Metropolitana di Torino, alla Regione Piemonte e al sindaco di Ivrea il 12 febbraio scorso, un nutrito gruppo di residenti della frazione San Bernardo è tornato a ribadire tutta la propria contrarietà al progetto della cava della Cogeis S.p.A. Un progetto che sembrava definitivamente dimenticato e che invece oggi, per chi ha scelto di abitare qui attratto proprio dalla quiete e dalla bellezza del luogo, torna come una minaccia concreta.
Tra i firmatari c'è anche Fernando Scaduto, residente da sette anni in frazione San Bernardo, che ricorda come, al momento dell'acquisto della propria casa, l’agenzia immobiliare descrisse la cava come un'ipotesi remota e ormai superata dai fatti. «Oggi, invece, ci troviamo nuovamente di fronte a un incubo reale, con tutta la sua carica di preoccupazione e disagio», sottolinea Scaduto.
Accanto a lui, altri cittadini di via Borsellino, Canton Mussano e Cantone Paciotto denunciano preoccupazioni comuni: «Ci aspettiamo traffico pesante, polveri sottili e rumori insopportabili. Ma quello che ci preoccupa di più è la poca chiarezza nelle procedure amministrative».
Secondo il Comitato, infatti, la domanda di rinnovo presentata da Cogeis avrebbe dovuto essere inoltrata direttamente allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) di Ivrea e non alla Città Metropolitana di Torino, in quanto il progetto di cava, non essendo una discarica, rientra tra quelli esclusi dalla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Al contrario, nel 2002, era stato presentato un progetto differente per una discarica di inerti di seconda categoria con una profondità di scavo di 8 metri, poi modificato nei successivi documenti progettuali in cava agricola con profondità limitata a 5 metri.
«La normativa regionale (Legge Regionale 23/2016 e Regolamento 11/R del 2017) stabilisce chiaramente che i rinnovi debbano essere presentati almeno sei mesi prima della scadenza e valutati dal SUAP locale e non dalla Città Metropolitana. Inoltre, il comma 7 dell'articolo 4 del Regolamento 11/R 2017 prevede che solo i progetti già sottoposti a VIA debbano passare per Regione o Città Metropolitana. Questa differenza normativa pone ulteriori dubbi sulla legittimità dell’attuale iter», puntualizzano i cittadini.
Ultimo capitolo, quello della conferenza dei servizi del 5 marzo. ll Comitato avrebbe voluto partecipare ma non è stato possibile, nel senso che proprio non se li sono "filati". Han però fatto pervenire un lungo elenco di osservazioni...
Insomma, la partita della cava di San Bernardo è tutt'altro che conclusa e, ancora una volta, gli abitanti sono pronti a far sentire forte la loro voce.
Il dito, oltreché sul sindaco Matteo Chiantore, che almeno a parole, prima di essere eletto diceva di volersi occupare di tutti i problemi ed era addirittura arrivato ad arringare le folle contro la passata Amministrazione comunale di centrodestra che con l’elettrificazione della Ivrea-Aosta non sapeva che pesci pigliare, è anche puntato sugli assessori Massimo Fresc e Francesco Comotto. Quando erano seduti in opposizione sembravano lottatori di sumo. Ora che sono al governo, sono diventati più sordi dei predecessori, pronti a portare avanti, con il capo chinato, tutto quello che fino a prima avevano sempre criticato.
"Dieci anni fa, il sindaco Della Pepa, al circolo di Bellavista, ci aveva messo la faccia, loro si nascondono…" insistono a San Bernardo.
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