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Depuratore fuorilegge: il sistema "marcio" di alcuni amministratori comunali e di Smat Spa l'intoccabile

Un'opera costruita contro le regole, amministratori complici, tecnici irresponsabili e un colosso che si crede intoccabile. Ora la giustizia fa i conti con l'ennesimo scempio pubblico

Depuratore fuorilegge: il sistema "marcio" di alcuni amministratori comunali e di Smat Spa l'intoccabile

Sette anni di battaglie, raccolte firme, esposti ai carabinieri. Sette anni in cui cittadini esasperati hanno urlato il loro dissenso, denunciando irregolarità, abusi e una gestione amministrativa sorda e arrogante. Eppure, nonostante tutto, il depuratore di Volpetta è stato costruito. Ora, finalmente, si arriva in tribunale. Ma il vero scandalo è che questa vicenda, fin dall'inizio, abbia potuto svilupparsi nell'indifferenza totale di chi doveva garantire trasparenza e legalità.

Sul banco degli imputati ci sono nomi e cognomi: Adriano Bonadé Bottino, ex sindaco di Chialamberto, Gabriele Castellini, attuale primo cittadino, Alessandra Aimo Boot, ex assessora, Alessandro Di Gennaro, dirigente dell'ufficio tecnico. Ma attenzione: non sono soli. In questa storia la lista delle responsabilità si allunga pericolosamente, e il filo che lega il Comune a SMAT è troppo spesso per non essere visto da tutti. SMAT, l'intoccabile colosso dell'acqua pubblica, spunta in questo scandalo con i suoi tecnici, Chiara Manavello e Silvano Iraldo, accusati di aver avviato i lavori senza dichiararne l'inizio e la fine, senza le necessarie autorizzazioni e con un progetto che, secondo la Procura, non doveva mai vedere la luce.

Ma c'è di peggio. Non solo un'opera che non avrebbe dovuto essere costruita è stata realizzata, ma è stata difesa a spada tratta dagli stessi amministratori pubblici che avrebbero dovuto garantire il rispetto delle regole e che oggi sono chiamati a rispondere di abuso d'ufficio, omissioni, violazioni urbanistiche e ambientali, fino all'ipotesi di ingiusto vantaggio patrimoniale per SMAT Spa.

CHIALAMBERTO

Un depuratore costruito in un'area ad alto rischio idrogeologico, troppo vicino alle case, senza autorizzazioni ambientali, senza il deposito dei calcoli strutturali e senza passare per la Conferenza dei Servizi. Un'opera che sarebbe dovuta essere provvisoria, secondo le rassicurazioni ai cittadini, ma che è rimasta inchiodata al suolo senza che nessuno muovesse un dito. Eppure, anche davanti all'evidenza, l'attuale sindaco Gabriele Castellini, che avrebbe avuto il dovere di porre rimedio, ha fatto finta di nulla. Il Comune di Chialamberto, dopo anni di denunce e sentenze che ne hanno certificato le criticità, ha scelto di mantenere in piedi questo obbrobrio. Nessuna revoca, nessun intervento per correggere gli errori del passato. Solo la stessa insopportabile arroganza di chi crede di poter passare sopra la legge, sopra la volontà dei cittadini, sopra la logica stessa.

Ora la giustizia ha preso in mano il caso. Se le accuse verranno confermate, la demolizione del depuratore sarà l'inevitabile epilogo di questa vicenda, con un danno economico per il Comune e per i suoi amministratori, e con uno schiaffo politico che dovrebbe far tremare tutte le giunte locali che si comportano come feudi privati.

Ma il vero problema è un altro: chi pagherà davvero per tutto questo? Se anche il depuratore verrà abbattuto, se anche i responsabili saranno condannati, chi restituirà ai cittadini di Chialamberto i loro diritti calpestati? Chi farà pagare a SMAT, ai tecnici, agli amministratori pubblici e ai funzionari ASL la loro colpevole inerzia?

Per troppi anni, questo sistema ha agito senza ostacoli. Ora i cittadini chiedono una cosa sola: giustizia vera, e non solo una sentenza da archiviare con l'ennesimo insabbiamento.

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