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San Bernardo ostaggio della cava fantasma. Il Comune di Ivrea resta a guardare

Da dieci anni un’autorizzazione mai utilizzata blocca lo sviluppo del quartiere, mentre l’amministrazione comunale non muove un dito. Nessuna verifica, nessun aggiornamento, nessuna richiesta di chiarimenti: la cava può rimanere sulla carta per altri dieci anni, mentre i cittadini chiedono risposte

Cittadini arrabbiati con il sindaco

Cittadini arrabbiati con il sindaco

San Bernardo di Ivrea ostaggio di una cava che non esiste. Da dieci anni, un progetto mai realizzato blocca lo sviluppo della frazione, congelando il territorio in un limbo burocratico con l’amministrazione comunale completamente assente.

Oggi, con la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione presentata dalla COGEIS SpA, la farsa raggiunge il suo apice: si pretende di far passare per attuale un progetto vecchio di 16 anni, ignorando totalmente le profonde trasformazioni avvenute nell’area.

Il dato più sconcertante? Non esiste alcun vincolo che imponga alla ditta di iniziare i lavori. L’autorizzazione può restare valida per altri dieci anni, vincolando una porzione significativa di territorio "alle sole volontà imprenditoriali di una ditta nemmeno proprietaria del sito, ma affittuaria".

In pratica, il futuro di San Bernardo non è nelle mani dell'Amministrazione comunale, che dovrebbe governare il territorio con visione e responsabilità, ma di un’impresa privata che può decidere se e quando scavare

Quel che fa letteralmente "incazzare" i cittadini è che l’amministrazione comunale abbia ritenuto di non dover intervenire in alcun modo, lasciando che la richiesta di rinnovo seguisse il suo corso senza alcuna verifica, senza alcun aggiornamento, senza alcuna reale valutazione dell’impatto.

cava

Il paradosso è evidente: "l’istruttoria rimane di fatto congelata al momento del rilascio (anno 2014), che la cava in quanto inattiva non ha prodotto nel frattempo alcun impatto valutabile, ma nel contempo le normative di settore, variate in senso più restrittivo, non risultano applicabili per un mero automatismo che non ne consente l’applicazione".

In altre parole, siccome la cava non è mai stata attivata, le nuove normative ambientali non si possono applicare. Se qualcuno volesse aprire oggi una cava ex novo nella stessa area, dovrebbe sottoporsi a una valutazione d’impatto ambientale secondo la L.r. 13/23. Ma siccome questo progetto è nato prima, può andare avanti senza alcun controllo aggiornato. Un trucco burocratico perfettamente legale, ma profondamente ingiusto per chi vive qui.

Ma il vero scandalo resta l’atteggiamento del Comune di Ivrea, che in tutto questo tempo non ha fatto nulla.

"La Città Metropolitana e la Regione Piemonte - scrivono quello del Comitato Vocava - hanno provato ad attualizzare l’istanza chiedendo integrazioni sui nuovi impatti acustici e sul regolamento regionale per il riempimento delle cave. Il Comune di Ivrea, invece, non ha ritenuto necessario chiedere alcun chiarimento al proponente. Nulla sulla compatibilità acustica con il nuovo PRGC approvato nel 2024, nulla sull’evoluzione dell’area, nulla sul cambiamento della viabilità, nulla sulla qualità dell’aria. Un silenzio assordante che sa di totale disinteresse per il futuro del quartiere...".

E dire che di cambiamenti ce ne sono stati.

Oggi, a meno di 100 metri dalla cava, vivono famiglie che fino a pochi mesi fa non avevano idea che un giorno avrebbero potuto ritrovarsi con camion e scavi a due passi da casa.

Per non parlare delle nuove attività produttive sorte negli anni: "realizzazione nell’anno 2016 di un’area a verde pubblico sull’impronta del vecchio campo sportivo di San Bernardo a distanza di circa 200 metri dal margine sud della cava", "ampliamento della ditta ICAS (anno 2012) con creazione di un nuovo capannone e di un parcheggio dipendenti lungo Via delle Fornaci", "apertura di un grosso magazzino e vendita al dettaglio di materiali edili (anno 2013) in Via della Grangia (ditta Struktura) con transito di mezzi anche di grossa portata", "insediamento di un’impresa edile in Via delle Fornaci (anno 2024) con transito e sosta di mezzi per il trasporto macerie, autoarticolati, ecc." Tutto questo senza che nessuno, in Comune, abbia ritenuto necessario fermarsi a riflettere.

Non è un caso che anche la procedura amministrativa sia stata gestita in modo disastroso.

L’istanza di rinnovo è stata trasmessa all’ente sbagliato: doveva essere presentata al SUAP di Ivrea, ma è finita direttamente alla Città Metropolitana di Torino, in violazione delle normative vigenti. Non solo: è stata depositata in ritardo, il 4 novembre 2024, quando il termine ultimo era il 4 maggio. Un’anomalia palese, che chiunque avrebbe potuto segnalare. Ma il Comune? Silenzio assoluto.

Questo è il punto più inquietante dell’intera vicenda: il Comune di Ivrea ha dimostrato, ancora una volta, di non avere alcun controllo sul proprio territorio, lasciando che decisioni cruciali vengano prese senza nemmeno chiedere un aggiornamento, senza nemmeno verificare che tutto sia stato fatto nel rispetto delle regole. La petizione è chiarissima: "Purtroppo non si può dire la stessa cosa del Comune di Ivrea che, nel tempo disponibile per le integrazioni, non ha ritenuto di dover richiedere alcun chiarimento al proponente, neppure sulle questioni di specifica competenza".

Di chi è la responsabilità? Di chi governa, certo. Ma anche di una cultura amministrativa che preferisce il silenzio alla responsabilità, che lascia andare avanti i vecchi progetti per inerzia, che considera il territorio come un problema da evitare anziché da gestire. Nessuno, oggi, può garantire che tra dieci anni la cava non sarà ancora lì, sulla carta, pronta a essere riattivata senza preavviso. Nessuno può garantire che San Bernardo non resterà ostaggio di questa eterna attesa.

Ma una cosa è certa: i cittadini non si arrenderanno. Il Comitato NoCava ha chiesto di partecipare alla conferenza dei servizi del 5 marzo, per portare le proprie istanze davanti agli enti competenti.

La domanda è: il Comune di Ivrea continuerà a fare finta di niente? Oppure, per una volta, si prenderà la responsabilità di governare davvero il proprio territorio?

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