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01 Marzo 2025 - 10:24
A Issogne, in Valle d'Aosta, si è sollevato un polverone che ha messo in allarme non solo gli abitanti locali, ma anche le autorità regionali e nazionali.
Lunedì 24 febbraio, i carabinieri hanno posto sotto sequestro due cave di marmo verde, un'operazione che ha portato all'indagine di tredici persone per reati ambientali. Tra gli indagati figura anche Luigi Pietro Bianchetti, dirigente regionale della struttura economia circolare, rifiuti, bonifiche e attività estrattive dell’assessorato opere pubbliche. Un nome che, per chi conosce le dinamiche amministrative della regione, non passa inosservato.
Le cave, appartenenti ai fratelli Renato e Marino Dal Bosco e alla società Cave Priod, sono state messe sotto sigilli insieme ai macchinari, in un'operazione che ha visto coinvolti il gruppo carabinieri di Aosta e il nucleo operativo ecologico carabinieri di Torino, con il supporto di ARPA Valle d'Aosta e ARPA Liguria. Ma cosa ha portato a un'azione così drastica? Le indagini, avviate lo scorso autunno a seguito di una segnalazione, hanno rivelato la presenza di fibre di materiale sospetto, che secondo una prima ipotesi investigativa potrebbe essere amianto. Un materiale noto per la sua pericolosità e per le gravi conseguenze sulla salute pubblica.
L'amianto, un tempo considerato un materiale miracoloso per le sue proprietà isolanti e resistenti al fuoco, è oggi riconosciuto come un pericolo mortale. Le fibre, se inalate, possono causare gravi malattie respiratorie e tumori. La scoperta di queste fibre all'interno del pietrisco prodotto nelle cave di Issogne ha sollevato preoccupazioni non solo per la salute dei lavoratori, ma anche per quella dei consumatori finali che acquistano la pietra verde per usi decorativi. Le analisi sono ancora in corso, ma le concentrazioni rilevate sembrano essere nocive, un dettaglio che non può essere ignorato.
Le indagini non si fermano alla semplice presenza di amianto. Gli inquirenti ipotizzano una serie di carenze amministrative e violazioni delle norme di sicurezza. La pietra verde, estratta e commercializzata senza il rispetto delle regole, rappresenta un rischio non solo per chi la lavora, ma anche per chi la utilizza. La collaborazione con ARPA Piemonte - Centro Regionale Amianto (CRA) e la struttura complessa di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (SPRESAL) di Aosta ha permesso di delineare un quadro indiziario che punta il dito contro una gestione poco attenta e potenzialmente pericolosa.
Interessante notare come tra le persone coinvolte nell'inchiesta vi siano anche individui di fuori valle, che acquistavano la pietra per lavorarla altrove. Questo dettaglio apre uno scenario più ampio, che potrebbe coinvolgere altre regioni e portare a ulteriori sviluppi. La questione non riguarda solo la Valle d'Aosta, ma si estende a un mercato più vasto, dove la sicurezza e la salute pubblica devono essere priorità assolute.
In un contesto così delicato, il ruolo delle istituzioni diventa cruciale. La presenza di un dirigente regionale tra gli indagati solleva interrogativi sulla trasparenza e l'efficacia dei controlli amministrativi. Le istituzioni sono chiamate a rispondere non solo alle autorità giudiziarie, ma anche ai cittadini, che meritano chiarezza e sicurezza. La fiducia nelle autorità è un pilastro fondamentale per la gestione del territorio e delle sue risorse, e ogni ombra su di essa deve essere dissipata con rigore e trasparenza.
Mentre le indagini proseguono, il futuro delle cave di Issogne rimane incerto. La comunità locale, che ha sempre visto in queste attività una fonte di lavoro e sviluppo, ora si trova a fare i conti con una realtà diversa, dove la sicurezza e la salute pubblica devono essere messe al primo posto. Le autorità sono chiamate a un compito arduo: garantire che la giustizia faccia il suo corso e che le lezioni apprese da questa vicenda portino a una gestione più responsabile e sostenibile delle risorse naturali.
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