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Amiantifera di Balangero e Corio. Bonificati i due terzi della miniera. Ma c’è ancora molto da fare

Giovanni Poma, presidente della società incaricata di effettuare i lavori di bonifica, conferma il raggiungimento dell’obiettivo di risanare i due terzi dell’area. In cantiere l’ultimo intervento prioritario

Amiantifera di Balangero e Corio. Bonificati i due terzi della miniera. Ma c’è ancora molto da fare

C'era amianto dappertutto, come una neve cenerina : se si lasciava per qualche ora un libro su di un tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo; i tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente a terra”. Così, Primo Levi, nel suo Il sistema periodico, commentava la più grande cava di amianto d’Europa, l’amiantifera di Balangero e Corio, la cui bonifica ha raggiunto i due terzi della superficie.

Il giacimento, situato sul Monte San Vittore, venne scoperto nel 1904 da Callisto Cornut. Da quel momento iniziò il processo di estrazione, che attraversò quasi tutto il secolo. La cava fu una delle principali fonti di reddito per i minatori delle Valli di Lanzo. Si pensi che negli anni '60 la produzione annuale arrivò a circa 35.000-40.000 tonnellate. Molto presto, però, questo “tesoro” mostrò il suo volto negativo e si trasformò in uno spettro di morte dal quale è stato difficile liberarsi. La miniera fu chiusa definitivamente nel 1990 e da allora iniziò una fase di bonifica, che mira tutt’ora a riqualificare quest’area fortemente compromessa dalle attività estrattive passate.

Oggi questo luogo si trova in una fase cruciale della sua storia. Lo scorso 5 aprile, il Ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e l'Assessore regionale Matteo Marnati avevano fatto il punto sui lavori di bonifica. Secondo le dichiarazioni ufficiali, i lavori avrebbero dovuto raggiungere importanti traguardi, con circa due terzi del sito bonificati entro la fine dell’anno. L’obiettivo era stato confermato a luglio durante una visita guidata e organizzata da RSA s.r.l., la società che si occupa della realizzazione degli interventi di riqualificazione. “C’è una risanazione in atto, con la collaborazione di tutti gli enti locali, ma anche di Città metropolitana e Regione, ed è un esempio virtuoso di quanto si possa fare con la collaborazione fra enti” aveva commentato Alessandro Sicchiero, Consigliere delegato ambiente della Città di Torino.

A distanza di 6 mesi dalle ultime dichiarazioni, abbiamo raggiunto Giovanni Battista Poma, presidente della RSA s.r.l., per avere un quadro aggiornato sull’avanzamento dei lavori e sulle prospettive che si stagliano per questo 2025 appena iniziato e, più in generale, per il futuro delle Valli di Lanzo. “I lavori sono stati finiti. La bonifica dei due terzi della superfice interessata dall’attività estrattiva è stata ultimata. Adesso siamo in attesa che la città metropolitana di Torino e l’Arpa effettui una valutazione e ci restituisca i terreni. Ci vorrà ancora qualche settimana” commenta Poma. 

Il territorio dell’amiantifera si estende per 310 ettari. Questo non vuol dire che siano stati bonificati 200 ettari. Infatti, Il direttore ricorda che l’area interessata dai lavori comprende solamente la miniera vera e propria. “L’area che avevano scavato e dove avevano messo l’amianto a contatto con l’aria. Al termine della verifica da parte di Città di Torino e di Arpa, i terreni potranno essere destinati ad altre attività. A questo proposito, RSA e il comune di Balangero confermano la proposta di installare dei pannelli fotovoltaici, al fine di costituire una comunità energetica. Poma annuncia anche che è in cantiere l’idea di realizzare una rete sentieristica che possa dare nuova vita a quest’area.

Si tratta sicuramente di progetti molto interessanti, di cui però si parlerà solamente dopo che tutti i lavori di riqualificazione saranno terminati. Infatti, c’è ancora molto da fare. L’accesso all’ex miniera è tuttora vietato per motivi di sicurezza. Il sito è circondato da una recinzione con cartelli di pericolo e di divieto. Le immagini dell’ultima visita effettuata a luglio, documentate da un video della Città di Torino, restituiscono un’immagine ancora lontana dall’idea di ‘luogo risanato’.

Al momento RSA sta pensando al prossimo intervento: la demolizione degli stabilimenti, che dovranno essere confinati in un’area specifica della cava. “Quest’area conterrà tutti i materiali contaminati derivanti dalla demolizione degli stabilimenti. Ci sarà amianto, cemento, calcinacci. Tutti questi materiali verranno sotterrati” spiega il presidente. Questo volume confinato sarà ricoperto da strati impermeabili e da un capping, così che l’area possa essere finalmente destinata ad altre attività.

La demolizione degli stabilimenti è l’ultimo degli interventi prioritari definiti a livello statale. “A febbraio andremo al ministero per farci finanziare quest’ultimo progetto” commenta Poma. “In due anni pensiamo di realizzare il volume confinato. Intanto andrà avanti il lavoro di demolizione” conclude.

Il futuro dell'area è legato al successo della bonifica. Infatti, il progetto di trasformare l’ex miniera in un polo di produzione di energia rinnovabile apre scenari potenzialmente interessanti per lo sviluppo economico del territorio. Vedremo, però, come e quando questi lavori verranno ultimati.  

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