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19 Febbraio 2025 - 22:34
Robin Piazzo
E poi c'è lui. Robin Piazzo. Nell'opuscolo "Interventi, riflessioni dei primi sei mesi di mandato" edito dal gruppo consigliare del Partito Democratico di Settimo Torinese, il consigliere comunale si lascia andare a una lunga riflessione sulle difficoltà della partecipazione politica. Il titolo scelto, "Partecipare è difficile", sembra il lamento di chi ha scoperto solo ora che la politica non è un dopolavoro rilassante e che fare il pubblico amministratore richiede tempo, impegno e sacrificio.
È una rivelazione sconcertante, senza dubbio, che farà tremare i polsi ai lettori: l’attività amministrativa non è compatibile con la vita precaria di chi lotta per la stabilità lavorativa. Peccato che questa non sia una novità per nessuno, se non forse per Piazza stesso.
Il consigliere ci racconta di come il suo lavoro nella ricerca universitaria sia minacciato da riforme che potrebbero azzerare i posti stabili e ridurre drasticamente quelli precari. Una situazione certamente problematica, che riguarda migliaia di ricercatori in Italia, ma che c'entra poco con l’amministrazione di Settimo Torinese e ancor di meno con il titolo dell'opuscolo.
Eppure, Piazza la usa per giustificare le difficoltà nel seguire l’attività consiliare. Morale? I cittadini che leggono il resoconto del gruppo di maggioranza potrebbero aspettarsi un bilancio sulle iniziative politiche messe in campo nei primi sei mesi, ma invece si trovano davanti a un'analisi personale su quanto sia difficile conciliare carriera accademica e politica. Come se il problema della città fosse la fatica di un consigliere comunale a trovare tempo per le riunioni.
Sia chiaro, la precarietà è una questione seria e strutturale, che colpisce un’intera generazione. Ma non è certo un’esclusiva di chi siede nei banchi del consiglio comunale. Chiunque lavori con contratti instabili sa bene che ogni giorno è una lotta per la sopravvivenza professionale. La differenza è che la maggior parte delle persone non può permettersi di usare un opuscolo istituzionale per sfogarsi sulle proprie difficoltà personali. La politica non è un blog di riflessioni private e chi sceglie di entrarci dovrebbe sapere che il proprio compito è risolvere problemi collettivi, non condividere quelli individuali.
Il rischio di questa narrazione è evidente: trasformare la politica in un eterno lamento e giustificare l’inefficienza con le difficoltà personali. Ma il mandato di un consigliere comunale non è un hobby da incastrare tra una scadenza e l’altra. Nessuno obbliga nessuno a candidarsi, e chi lo fa deve essere consapevole del peso della responsabilità che assume. Perché partecipare può essere difficile, ma governare lo è molto di più. E i cittadini non hanno bisogno di sapere quanto sia complicata la vita di chi li amministra, ma di vedere risultati concreti nelle loro vite.
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