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Falò della Libertà a Chivasso: un impegno per l’accoglienza e la dignità dei migranti

Una serata di testimonianze e accoglienza

Falò della Libertà a Chivasso: un impegno per l’accoglienza e la dignità dei migranti

Falò della Libertà a Chivasso: un impegno per l’accoglienza e la dignità dei migranti

C’è un’umanità che si aggrappa alla speranza. Un’umanità che sfida il mare, i deserti, le barriere, perché non ha altra scelta. E c’è un’altra umanità, quella che tende la mano, che non resta indifferente, che sceglie di accogliere invece di respingere. Questa seconda umanità è stata protagonista giovedì 13 febbraio al Tempio Valdese di Chivasso, dove si è tenuto l’incontro "Migranti e diritti umani violati: proposte di accoglienza", all’interno della Settimana della Libertà.

Due voci hanno raccontato storie che non possono lasciare indifferenti. Vito Fiorino, il pescatore che la notte del 3 ottobre 2013 si è trovato davanti a una delle più grandi tragedie del Mediterraneo, e Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope, il programma della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI) dedicato ai migranti e ai rifugiati. Due storie diverse, unite da un unico filo conduttore: la volontà di non voltarsi dall’altra parte.

Relatori e ospiti dell'incontro tenutosi giovedì scorso a Chivasso

Marta Bernardini ha spiegato come i corridoi umanitari rappresentino una risposta concreta e sicura al dramma delle migrazioni forzate: "Sono ormai quasi dieci anni che portiamo avanti il progetto dei corridoi umanitari, un’iniziativa che permette ai rifugiati di raggiungere l’Italia e l’Europa in modo sicuro e legale. Questo significa che le persone possono partire con un volo di linea, senza dover affrontare viaggi pericolosi via mare, e arrivano con un visto umanitario. Una volta giunti in Italia, vengono accolti da comunità, chiese e associazioni della società civile, che li accompagnano in un percorso di inclusione e integrazione."

Un’alternativa concreta ai viaggi disperati nel Mediterraneo, un modo per impedire che il mare continui a inghiottire vite innocenti.

Ma non tutti hanno avuto la possibilità di salire su un volo sicuro. Molti, troppi, hanno affidato il loro destino alle onde. Vito Fiorino quella notte del 3 ottobre 2013 era sul suo peschereccio a Lampedusa, quando si è ritrovato di fronte a una scena che non avrebbe mai voluto vedere. Quel naufragio costò la vita a 368 persone, ma lui e il suo equipaggio riuscirono a salvare 47 migranti.

"Il termine 'soccorritore' è legato a ciò che è accaduto quella notte. A differenza di quello che racconta Marta, che con i suoi corridoi umanitari permette alle persone di arrivare in sicurezza, io mi sono trovato a salvare chi non aveva altra scelta se non affrontare il mare. Oggi quei ragazzi mi chiamano 'papà'. Con loro si è creato un legame profondo. La maggior parte non vive in Italia, ma ha costruito la propria vita in altri Paesi europei, trovando amicizie, famiglie, una nuova possibilità. Questo dimostra quanto sia importante accogliere e integrare, perché non sono altro che persone come noi."

Un racconto che ha toccato profondamente il pubblico, facendo emergere la brutalità di un fenomeno che ancora oggi miete vittime, ma anche la possibilità di un futuro diverso.

L’incontro dell'altra sera, moderato da Libero Ciuffreda, ex sindaco e membro del Consiglio della FCEI, è stato anche l’occasione per riflettere su cosa può fare una comunità locale per diventare un esempio di solidarietà e inclusione. Luciano Cannone e il Comitato per la Pace stanno lavorando per costruire un sistema di accoglienza che coinvolga le parrocchie di San Giuseppe Lavoratore e del Duomo, la Chiesa Valdese, le ACLI, la Caritas, i sindacati dei pensionati, il QUAM, gli Scout e molte altre realtà.

"Viviamo in un mondo in cui si parla sempre più spesso di respingimenti e confini, ma noi vogliamo seguire una strada diversa: quella dell'accoglienza."

L’incontro si è chiuso con un momento di musica e condivisione, un segnale di speranza in un mondo che troppo spesso guarda altrove. Perché accogliere non è solo una scelta politica o sociale. È prima di tutto una scelta di umanità.

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