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Amianto killer nella Marina: lo Stato sapeva e non ha protetto i militari

Dopo anni di battaglie legali, il Tribunale di Torino ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire la figlia di Luigi Angelo Pittau, motorista navale morto di mesotelioma. Ma il dramma dell’amianto non si ferma: migliaia di vittime e nuovi casi in aumento

Amianto killer nella Marina

Amianto killer nella Marina: lo Stato sapeva e non ha protetto i militari. Risarcita la figlia di una vittima

Il Ministero della Difesa è stato condannato dal Tribunale Civile di Torino a risarcire con circa 280mila euro Monica Pittau, figlia di Luigi Angelo Pittau, motorista navale morto a 60 anni a causa di un mesotelioma pleurico, una malattia letale legata all’esposizione all’amianto.

Pittau ha lavorato per anni sulle unità navali della Marina Militare e nelle basi arsenalizie, svolgendo operazioni di manutenzione su caldaie e turbine a vapore senza alcuna protezione dalle micidiali fibre di amianto. Nel 2009 la diagnosi della malattia, che nel giro di un anno lo ha portato alla morte. Un destino segnato da anni di esposizione a un materiale che lo Stato avrebbe dovuto eliminare e mettere in sicurezza da decenni.

La figlia della vittima si è rivolta all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che ha ottenuto il riconoscimento del diritto al risarcimento, evidenziando come il Ministero abbia omesso di informare i militari sui rischi dell’amianto e non abbia garantito strumenti di protezione adeguati. Questa sentenza è solo l’ultima di una lunga serie di condanne contro la Difesa per aver lasciato i propri uomini esposti a un killer silenzioso.

Il Ministero della Difesa è stato condannato dal Tribunale Civile di Torino

Amianto: un’emergenza che non finisce mai

Nonostante il divieto dell’uso dell’amianto in Italia dal 1992, la tragedia continua a mietere vittime. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, ogni anno muoiono in media 1.545 persone per mesotelioma e tumori correlati all’esposizione alle fibre tossiche. Nel 2023, sono stati registrati circa 2.000 nuovi casi, e il numero è destinato a salire nei prossimi anni.

Uno studio dell’Osservatorio Nazionale Amianto ha confermato che il picco delle vittime è previsto tra il 2025 e il 2030, a causa del lungo periodo di latenza della malattia, che può manifestarsi anche decenni dopo l’esposizione. Oltre al mesotelioma, l’amianto è responsabile di tumori polmonari, malattie respiratorie e altre patologie mortali, che continuano a colpire lavoratori, militari e cittadini ignari di essere stati esposti a questa sostanza letale.

Le condanne per i danni causati dall’amianto si susseguono, ma il risarcimento economico non può restituire le vite spezzate. Il caso di Luigi Angelo Pittau non è isolato: decine di altri militari sono morti per le stesse cause, e molte famiglie sono ancora in attesa di giustizia.

La domanda è sempre la stessa: quante vite dovranno ancora essere distrutte prima che si arrivi a una vera bonifica dell’amianto nei luoghi di lavoro e nelle strutture pubbliche? Mentre le vittime aumentano, le bonifiche procedono a rilento e i processi sono spesso lunghi e dolorosi per chi ha perso un familiare a causa di questa ingiustizia.

Lo Stato continua a pagare con sentenze di condanna, ma la vera soluzione sarebbe prevenire nuove tragedie, non risarcire le famiglie dopo che il danno è fatto.

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