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Per chi suona la campana?
02 Febbraio 2025 - 04:00
Monsignor Salera
In questi giorni circola sul web un articolo apparso a fine anno su «Il Faro di Roma», quotidiano di informazione online, che sembra dettato dal desiderio di condizionare e dettare l'agenda al nuovo vescovo di Ivrea, monsignor Daniele Salera, che farà il suo ingresso in diocesi sabato 15 febbraio. Il titolo già dice tutto: «Mons. Salera lascia la periferia romana».
L'articolo, zeppo di luoghi comuni, così si conclude: «La scelta di Francesco è certamente dirompente rispetto all'attuale gestione diocesana e Ivrea torna a testimoniare una chiesa aperta e inclusiva, come l'hanno voluta Bettazzi e Miglio».
Apprendiamo così che - giudichi il lettore - monsignor Edoardo Cerrato sarebbe stato «chiuso ed esclusivo» e che il nuovo vescovo proietterà la diocesi di Ivrea, caduta nell' «indietrismo», verso le sorti «magnifiche e progressive» del passato. Insomma, un grande futuro dietro le spalle.
Il nostro caro Direttore ha voluto invece avvisare il nuovo pastore che in diocesi ci sono fedeli che sì, pregano, ma che appaiono un po’ sospetti. Non perché siano lefebvriani, seguaci di don Minutella o eterodossi, ma perché, con l'autorizzazione del vescovo, lo fanno, pensate un po’, ... in latino.
Che è la lingua della Chiesa e che il Concilio Vaticano II, nella costituzione «Sacrosanctum Concilium» sulla Sacra Liturgia, così stabilisce al numero 36: «L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini»e al numero 54: «Si abbia cura che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'ordinario della Messa che spettano ad essi».
Circa la musica sacra poi, lo stesso Concilio dispone che: «La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana, perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale» (n.116).
E allora, in una Chiesa dove si tollera chi balla e si maschera sull'altare, dove si inventano i riti e si celebra nelle lingue più esotiche, compreso il piemontese, cosa ci sarebbe di strano?
Sarà forse perché la Messa in latino è quella dei grandi santi della Chiesa come, per esempio, san Giovanni Bosco? O forse perché alcuni ideologi - spesso laici attempati - preferiscono, alle chiese dove ogni giorno si prega (anche magari in latino), quelle vuote, o affollate di «diversamente giovani»?
Sono domande che il fedele comune si pone.
Non potrebbe essere il Giubileo l'occasione propizia per una riconciliazione nella Chiesa cattolica tra progressisti e conservatori, per avviare un dialogo, per gettare ponti e non alzare steccati?
Se la tradizione non è il culto delle ceneri del passato, ma la fiamma viva che si trasmette da un tempo all'altro, ogni buon progresso si impianta sulla tradizione, non la tradisce e non la ferisce.
Perché, secondo Bernardo di Chartres, «siamo nani sulle spalle dei giganti», e dunque non dobbiamo scendere dalle spalle di chi ci ha preceduto, dai maestri, dalla tradizione, ma, per andare avanti, restarvi e far tesoro della posizione che ci è stata concessa.
* Frà Martino
Chi è Fra Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconta di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E non è una santa messa ma di sicuro una gran bella messa, Amen
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