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31 Gennaio 2025 - 22:11
Daniele Segre
La notizia è di oggi. L'intera opera di Daniele Segre è stata depositata presso l’Archivio Nazionale Cinema Impresa di Ivrea, un passo fondamentale per la conservazione e la valorizzazione del cinema documentario italiano. Il regista, noto per il suo sguardo autentico e crudo sulla realtà sociale, ha lasciato un corpus di opere che continua a interrogare il presente con forza e attualità. A un anno dalla sua scomparsa, il minuzioso lavoro di archiviazione, restauro e digitalizzazione portato avanti dal team della sede piemontese del Centro Sperimentale di Cinematografia ha già prodotto risultati significativi. Tra i film restaurati, spiccano titoli come Morire di lavoro, Ragazzi di stadio e Il potere dev’essere bianco e nero, opere che hanno segnato la storia del documentario italiano per il loro impegno civile e la capacità di raccontare con spietata onestà le contraddizioni della società contemporanea. Queste pellicole, tornate a nuova luce, sono state presentate in importanti contesti cinematografici, tra cui il Torino Film Festival, e saranno protagoniste di rassegne e retrospettive dedicate alla sua opera.
Daniele Segre, regista, produttore e documentarista tra i più autorevoli della scena italiana dagli anni Settanta in poi, si è spento il 4 febbraio 2024, pochi giorni prima del suo 72° compleanno, a causa di una malattia fulminante. Fino all’ultimo ha lavorato instancabilmente a un documentario sulla vita di Bruno Segre, storico avvocato e attivista torinese, scomparso a 105 anni, appena pochi giorni prima di lui. Un progetto che riflette il costante interesse di Daniele Segre per le figure di uomini e donne impegnati nella difesa dei diritti civili e delle libertà. Il film non è stato abbandonato: a portarlo avanti è stato il figlio Emanuele Segre, che ha seguito le orme del padre nella casa di produzione I Cammelli, fondata nel 1981, diventata un punto di riferimento per il cinema documentario indipendente.
Il lavoro di Daniele Segre è sempre stato caratterizzato da un forte impegno sociale e da una particolare attenzione agli emarginati, ai lavoratori, agli ultras delle curve e a tutte quelle realtà che raramente trovano spazio nella narrazione ufficiale. Tra le sue opere più significative figurano anche Perché droga (1976), Nome di battaglia donna (2016), e il potente Morire di lavoro (2008), presentato alla Camera dei Deputati e al Parlamento Europeo come testimonianza sulle morti bianche. Il suo cinema ha sempre avuto un taglio di inchiesta sociale, affrontando temi scomodi con uno stile diretto, senza filtri e compromessi.
Oltre alla sua prolifica attività di cineasta, Daniele Segre ha lasciato un’impronta indelebile nel campo della formazione, trasmettendo la sua esperienza a generazioni di cineasti. A Torino, è stato il fondatore della Scuola Video di Documentazione Sociale, un laboratorio che ha permesso a molti giovani di avvicinarsi alla regia documentaristica con un approccio immersivo e partecipativo.
A Pisa e provincia ha tenuto masterclass e laboratori per affinare la tecnica del reportage audiovisivo, mentre a L’Aquila ha diretto il corso triennale di Reportage Audiovisivo.
A Roma, il Centro Sperimentale di Cinematografia lo ha visto tra i docenti più severi, ma anche più amati, per il suo approccio esigente e formativo. La sua capacità di trasmettere la passione per il cinema documentario e il rigore nel raccontare la realtà lo hanno reso una figura centrale nel panorama dell’insegnamento cinematografico italiano.
L’Archivio Nazionale Cinema Impresa, con il contributo dei figli e di storici collaboratori del regista, ha iniziato un vasto processo di catalogazione, archiviazione e digitalizzazione delle sue opere, un patrimonio culturale e sociale di inestimabile valore. Questa operazione, oltre a preservare la memoria del suo lavoro, consente di riscoprire e rendere nuovamente fruibili film che, nonostante il passare del tempo, conservano una potenza espressiva straordinaria.
Lo sguardo critico e appassionato di Daniele Segre continua così a interrogare il presente, dimostrando che il cinema non è solo arte, ma anche e soprattutto uno strumento di denuncia, indagine e memoria storica.
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