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Parco della Salute, l’ennesima rivoluzione: separare per unire, moltiplicare per risparmiare

Il Sant’Anna e il Regina Margherita diventeranno un polo materno-infantile autonomo. La Giunta Cirio promette efficienza e risparmi, ma tra ospedali verticali, IRCCS e critiche bipartisan, il caos è servito

L'assessore Federico Riboldi

L'assessore Federico Riboldi

La saga infinita del Parco della Salute di Torino si arricchisce di un nuovo capitolo. Dopo anni di annunci roboanti, smentite strategiche e cambi di rotta degni di una commedia dell’assurdo, arriva l’idea del momento: scorporare il Sant’Anna e il Regina Margherita dalla Città della Salute per creare un’azienda autonoma.

Obiettivo?

Un polo materno-infantile unico in Italia, ci tiene a precisare l’assessore alla Sanità Federico Riboldi, che non lesina dettagli su questa mossa definita “strategica”.

Riboldi, con l’entusiasmo di chi vede solo vantaggi, assicura che non ci saranno duplicazioni di costi: «Non raddoppieremo centralini, uffici del personale o servizi amministrativi. Sarà un’unica grande struttura con suddivisioni efficienti».

E mentre lui spiega con candore il miracoloso equilibrio tra autonomia e accorpamento, qualcuno si domanda se abbia già trovato la formula magica per mantenere gli ospedali fisicamente separati ma amministrativamente uniti.

Sul fronte delle certezze, però, emergono le prime crepe.

Secondo Daniele Farina, ex direttore di Neonatologia del Sant’Anna, separare fisicamente i due ospedali sarebbe una follia: «L’anno scorso il Sant’Anna ha richiesto 9.000 consulenze specialistiche dal Regina Margherita. Un conto è fare un corridoio, un altro è perdere 20 minuti di auto».

Per i pazienti e i loro familiari, insomma, sarà un’esperienza altamente educativa: impareranno a gestire il traffico torinese con spirito zen.

Nel frattempo, dall’opposizione arriva il consueto coro di critiche.

Daniele Valle, consigliere del Pd, punta il dito contro l’assenza di trasparenza e la mancanza di progettualità.

«In sei anni di Giunta Cirio - dice - non è stato posato nemmeno un mattone. Ora si parla di scorporo, ma nemmeno i primari erano stati informati. E tutte le collaborazioni tra Sant’Anna e Molinette che fine faranno?». La sensazione è che il Parco della Salute sia diventato una specie di gioco di società: ogni tanto qualcuno pesca una carta a sorpresa e cambia le regole.

Il Movimento 5 Stelle, sempre pronto a sottolineare le storture del sistema, non si è fatto sfuggire l’occasione per dire la sua.  

«L’improvvisazione sul tema sanità è ormai sotto gli occhi di tutti - commenta Sarah Disabato Questo scorporo non solo contraddice anni di rassicurazioni da parte della Giunta, ma rischia di ridimensionare un’opera fondamentale per il Piemonte. Solo la presenza di reparti specialistici nella stessa struttura può garantire un livello di sicurezza adeguato».

Sarah Disabato e Daniele Valle

Parole condivise dai colleghi pentastellati Alberto Unia e Pasquale Coluccio, che hanno aggiunto: «Ci sono ancora troppi dubbi sui progetti di edilizia sanitaria, e il Parco della Salute sembra il simbolo di questa mancanza di visione».

Tra le ipotesi per il futuro spunta quella di ospedali verticali: torri avveniristiche dove il Sant’Anna e il Regina Margherita potrebbero convivere su piani diversi. Una visione che fa sognare gli architetti ma meno chi immagina mamme con neonati affrontare ascensori sovraffollati o scale di emergenza. Per non parlare delle attrezzature mediche, che probabilmente avranno bisogno di un montacarichi dedicato.

Il tutto, ovviamente, per inseguire il miraggio dell’IRCCS, quella qualifica che richiede bilanci in positivo e autonomia amministrativa per almeno tre anni. Peccato che, come ricorda Valle, «l’azienda sia oggi un guscio vuoto, senza bilancio né autonomia reale».

Ma non temete, perché la Giunta è fiduciosa: se continuiamo a riorganizzare, magari entro il 2030 qualcosa succederà.

E mentre Franca Fagioli, direttrice dell’Oncoematologia pediatrica, minimizza dicendo che «noi procediamo tranquilli, se li accorpano moduliamo», c’è chi, come Farina, insiste sul rischio di smantellare l’eccellenza che il Sant’Anna rappresenta. «Quando siamo finiti nel calderone della Città della Salute, abbiamo perso molti pezzi. Ora serve un ritorno a un’azienda materno-infantile, ma con una visione chiara».

Insomma, la sanità piemontese si conferma una fucina di creatività. Non importa se la confusione aumenta o se i cittadini si sentono abbandonati: l’importante è cambiare idea abbastanza spesso da far sembrare che qualcosa si muova. E nel frattempo, possiamo sempre consolarci con l’idea di un Piemonte leader mondiale nell’arte dell’improvvisazione sanitaria.

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