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12 Gennaio 2025 - 21:58
Ramy
"Fate manifestazioni pacifiche per mio figlio. Non voglio che il nome di Ramy sia usato per distruggere, ma per unire."
Con una voce rotta dal dolore ma ferma nella sua richiesta, Yehia Elgaml, padre di Ramy, ha lanciato un appello toccante: "Quando ci sono persone che fanno manifestazioni per chiedere giustizia e verità per mio figlio, non devono fare casino né cose brutte. Per favore, fate manifestazioni con calma, nelle quali si cammina e basta, pacifiche." Parole semplici, dirette, pronunciate con il peso insostenibile della perdita di un figlio, il 19enne del quartiere Corvetto, morto lo scorso 24 novembre a Milano durante un inseguimento con i carabinieri.
Nel suo messaggio, il padre ha ribadito un concetto chiaro: il dolore non deve trasformarsi in rabbia distruttiva. "Io ho fiducia nella Repubblica italiana e nel presidente Sergio Mattarella. C’è qualche carabiniere sbagliato, ma gli altri sono bravi. Io ho fiducia nei carabinieri bravi, non in quelli sbagliati. Non fate casini contro la polizia, perché la polizia difende la sicurezza in tutta Italia." Yehia Elgaml ha chiesto di evitare scontri e violenze: "Quando ci sono ragazzi che fanno manifestazioni per la giustizia di Ramy, fatele solo pacifiche. Non fate casino, non fate niente. Questo è il messaggio."
La famiglia, attraverso l’avvocato Barbara Indovina, ha diffuso una nota in cui prende fermamente le distanze dagli scontri avvenuti ieri a Roma e Bologna durante i cortei organizzati dal Coordinamento Antirazzista italiano in memoria di Ramy. "Condanniamo fermamente tutte le forme di violenza. La perdita di Ramy è un dolore grande, indescrivibile. Il nostro unico desiderio è che la giustizia sia fatta senza alcuno sfruttamento o manipolazione. Siamo profondamente rattristati e preoccupati nell'apprendere che il nome di Ramy viene utilizzato come scusa per atti di violenza."
Per la famiglia, Ramy deve diventare "un simbolo di unità, non di divisione o distruzione." Il loro appello è rivolto a tutti coloro che vogliono onorare la sua memoria: "Fatelo in modo pacifico e costruttivo, attraverso il dialogo e il rispetto reciproco. Inoltre, ci dissociamo da qualsiasi utilizzo politico del nome di nostro figlio. Ramy era un ragazzo pieno di vita, amato dalla sua famiglia e dai suoi amici, e non vogliamo che la sua figura venga strumentalizzata per fini che non hanno nulla a che fare con la nostra richiesta di verità e giustizia per cui abbiamo riposto massima fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine."
Anche la comunità egiziana, rappresentata dal suo presidente Aly Harhash, ha preso le distanze dagli scontri: "Non c’entriamo niente. Però le autorità dovrebbero parlare con queste persone per capire da dove arriva quella rabbia."Un messaggio che esprime non solo la solidarietà verso la famiglia, ma anche una critica al silenzio istituzionale: "L’Arma dei carabinieri dovrebbe fare le condoglianze. Soltanto per umanità. È un padre che ha perso un figlio, l’Arma dei carabinieri dovrebbe stargli vicino."
Nelle parole dei familiari, si avverte una disperazione composta ma irremovibile. La loro battaglia non è solo per ottenere giustizia, ma anche per proteggere la memoria di Ramy da ogni strumentalizzazione. Una memoria che chiedono di trasformare in un messaggio di pace, nella speranza che il dolore di una famiglia non venga mai più utilizzato come pretesto per alimentare la violenza.
Piazze molto diverse fra loro si sono unite e hanno trovato un comune denominatore nella richiesta di giustizia per Ramy Elgaml, il 19enne del quartiere Corvetto, morto lo scorso 24 novembre in scooter durante un inseguimento con i carabinieri a Milano. Le manifestazioni, promosse dal coordinamento antirazzista che si sono svolte fra giovedì e ieri, hanno raccolto una galassia eterogenea che va dalla sinistra milanese agli studenti medi di Bologna.
A Milano, la città di Ramy e dove è in corso l'indagine che riguarda il suo caso, c'è stata la manifestazione più partecipata e anche quella più pacifica, grazie anche alla presenza dei genitori e della fidanzata di Ramy, che rinnovano in continuazione gli appelli a chiedere giustizia senza lasciarsi andare ad episodi di violenza.
Ieri sera a Roma e giovedì a Torino, la protesta è stata guidata da collettivi e centri sociali. A Roma, nel quartiere San Lorenzo, era presente anche il fumettista Zerocalcare. Qui è andato in scena uno scontro, con la polizia che ha caricato il corteo dopo il lancio di fumogeni e bombe carta.
A Torino, la manifestazione di giovedì sera è stata organizzata dal Collettivo autonomo universitario, vicino all'area antagonista dei centri sociali, fra cui Askatasuna, storico punto di riferimento della galassia antagonista, uno dei centri sociali più attivi e longevi d'Italia. Anche in questo caso sono stati lanciati esplosivi verso la polizia e, come a Roma, i manifestanti sono stati respinti con lacrimogeni e manganelli.
Diversa invece la situazione di Bologna, dove, quasi in contemporanea con quello di Milano, era stato organizzato un presidio in piazza San Francesco. Qui, come ha ricostruito anche il questore di Bologna Antonio Sbordone, non si è trattato, come negli altri casi, di una manifestazione finita male. Piccoli gruppi di manifestanti si sono infatti divisi e sparpagliati per le strade del centro della città. Per questo, a differenza di quello che è successo a Roma, non ci sono state cariche di alleggerimento fra un corteo e un cordone di polizia, ma tafferugli sparsi.
Fra i manifestanti bolognesi, incappucciati e col volto coperto, moltissimi minorenni (gli studenti medi sono stati molto attivi anche nelle proteste per Gaza), alcuni dei quali di seconda generazione. In questo caso, però, con un disegno politico molto meno riconoscibile rispetto ad altre città, ma animati, sempre secondo le parole del questore, dalla "violenza per la violenza".
La famiglia di Ramy rilancia l'appello a non fare del loro dolore un pretesto per la violenza: ma la protesta per chiedere giustizia per il 19enne del quartiere Corvetto, morto lo scorso 24 novembre in scooter durante un inseguimento con i carabinieri a Milano, si allarga. Se la manifestazione milanese, grazie anche alla presenza dei familiari, si è svolta in maniera pacifica, non sono mancate le violenze a Torino (giovedì), a Roma, dove il corteo si è scontrato con la polizia, e a Bologna, dove la manifestazione è sfociata in una notte di guerriglia urbana. E gli scontri finiscono per occupare l'agenda politica.
"Tra bombe carta, fumogeni e aggressioni - scrive di buon mattino la presidente del Consiglio Giorgia Meloni - ieri sera a Roma abbiamo assistito all'ennesimo, ignobile episodio di disordine e caos ad opera dei soliti facinorosi scesi in piazza non per manifestare per una causa, bensì per puro spirito vendicativo. Non si può utilizzare una tragedia per legittimare la violenza. Alle forze dell'ordine va la nostra solidarietà, insieme agli auguri di pronta guarigione agli agenti feriti. Siamo dalla vostra parte".
Alla fine il bilancio è di otto agenti feriti a Roma e dieci rimasti lievemente contusi a Bologna: se a Roma, sabato sera, c'è stato un corteo che si è scontrato con le forze dell'ordine, a Bologna la protesta è stata più disorganizzata e incontrollata. Nella tarda serata, anche sulla scorta delle notizie che arrivavano dalla Capitale, gruppetti di ragazzi che avevano partecipato al presidio si sono sparpagliati per la città, seminando vandalismi e distruzione: ne hanno fatto le spese vetrine di banche e marchi di lusso, auto parcheggiate, cassonetti e fioriere. Una notte, come l'ha definita il questore di Bologna Antonio Sbordone, di "violenza per la violenza", senza uno specifico obiettivo politico.
"Non vi è stata nessuna manifestazione politica - ha detto il sindaco di Bologna Matteo Lepore - ma solo devastazione. Un fatto di enorme gravità. A nome dei cittadini bolognesi chiedo che i responsabili vengano individuati, anche perché molte sono le immagini a disposizione. Come Amministrazione denunceremo e chiederemo i danni. Non ci sono cause giuste per devastare Bologna".
Nel percorso di devastazione un gruppetto di giovani incappucciati è passato da via de' Gombruti, dove ha sede la sinagoga di Bologna: qui hanno divelto un cantiere stradale per costruire una barricata e hanno imbrattato i muri della strada con scritte per Ramy, ma anche per Gaza. "Un grave attacco antisemita, che deve essere condannato con assoluta fermezza", lo ha definito l'ambasciatore d'Israele in Italia Jonathan Peled. E la comunità ebraica ha invitato Lepore, dopo questi fatti, a togliere dal palazzo comunale la bandiera della Palestina.
Alla fine sono stati fermati e portati in questura due giovani che sono poi stati denunciati a piede libero. Ma indagini sono in corso, anche con l'aiuto delle telecamere di videosorveglianza, per identificare e sanzionare gli autori delle devastazioni andate avanti fino a notte fonda in varie zone del centro storico. La Digos di Roma, nelle prossime ore, trasmetterà alla procura una prima informativa, sulla base delle immagini della scientifica, per poter dare un volto e un nome ai responsabili delle violenze.
L'attenzione resta alta, nelle varie città, con il timore che il caso del giovane morto a Milano possa tornare di nuovo a catalizzare scontri e violenze. Con i familiari che però non si stancano di rilanciare l'appello: "il nostro unico desiderio - dicono - è che la giustizia sia fatta senza alcuno sfruttamento o manipolazione. Siamo profondamente rattristati e preoccupati nell'apprendere che il nome di Ramy viene utilizzato come scusa per atti di violenza".
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