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11 Gennaio 2025 - 00:59
cannabis terapeutica
Doveva essere una svolta per chi combatte contro dolore cronico e gravi patologie. E invece, la cannabis terapeutica in Piemonte si rivela un'odissea senza fine per i pazienti che, pur avendo diritto a questa cura, si trovano abbandonati tra burocrazia, normative restrittive e una gestione sanitaria che definire inefficiente sarebbe un eufemismo.
Le segnalazioni aumentano: malati lasciati senza terapie, ASL prive dei farmaci necessari e istituzioni che sembrano incapaci di garantire un accesso adeguato alle cure. La Legge regionale n.11 del 15 giugno 2015, che dovrebbe regolare la distribuzione, appare tanto inadeguata quanto confusa. La norma limita l’erogazione dei medicinali all’“ambito ospedaliero o a strutture assimilabili”, un vincolo che di fatto ostacola i pazienti anziché aiutarli.
“In questi anni, la Regione non ha creato una banca dati per monitorare quante persone utilizzano la cannabis terapeutica né per pianificare l’approvvigionamento necessario. Il risultato? Malati lasciati soli e senza cure”, denunciano Igor Boni e Federica Valcauda di Europa Radicale. “Abbiamo formalmente richiesto alle principali ASL piemontesi i dati sul numero di pazienti, le scorte attuali e quelle realmente necessarie. Aspettiamo risposte, ma intanto invitiamo la Regione Piemonte a lavorare per una banca dati trasparente e a garantire accesso alle cure”.
Tra le tante storie, quella di Federica, dell’Associazione Pazienti Canapa Medica, è emblematica della sofferenza e della frustrazione di chi vede il proprio diritto alla salute calpestato.
“A inizio estate 2024, dopo otto mesi di terapia con olio di cannabis, ho chiesto al reparto antalgico dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti di fornirmi, oltre all’olio, anche le cartine per vaporizzare il farmaco in caso di dolore acuto e insonnia. Mi è stato negato: secondo loro, il principio attivo è lo stesso e quindi non serve. Ma la scienza dice il contrario: l’olio e la vaporizzazione hanno effetti diversi. Ho presentato un reclamo, aspettato quattro mesi per una risposta imbarazzante, dove hanno persino confuso i miei documenti con quelli di un’altra paziente”.
Federica prosegue con amarezza: “Secondo loro, sarebbe imprudente usare due modalità diverse di somministrazione. Mi chiedo: allora, tutti i medici che prescrivono entrambe le modalità sono incompetenti? Intanto io, con una prescrizione specialistica in mano, non posso accedere a una cura completa. I costi elevati mi impediscono di integrarla autonomamente”.
Questa terapia, racconta, ha cambiato la sua vita: “Mi ha salvato dalla dipendenza da oppiacei, sostituendo quattro farmaci diversi e restituendomi una dignità. La Regione deve intervenire: siamo malati, non numeri”.
Ma Federica non è sola. Decine di pazienti vivono situazioni analoghe, rimbalzati tra uffici, vincoli normativi e risposte vaghe. La gestione dell’approvvigionamento è un problema grave, ma ancora più grave è l’assenza di un monitoraggio chiaro e trasparente da parte della Regione Piemonte.
La cannabis terapeutica non è una concessione, ma un diritto. Eppure, per molti malati piemontesi, continua a essere un miraggio. Di fronte a questa realtà, le istituzioni hanno una sola opzione: agire. Ma la domanda è, quando?
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