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Il Canavesano

Da Draghi alla Meloni: la continuità della disfatta italiana

Promesse tradite, governi "della svolta" e manovre che impoveriscono: un viaggio tra ipocrisie, armi e diseguaglianze in nome della "democrazia"

Mario Draghi e Giorgia Meloni

Mario Draghi e Giorgia Meloni

Eccoci nel 2025, ancora una decina di anni e tutti, visto che viviamo nella “democratica” Unione Europea, saremo obbligati a viaggiare su auto elettriche; ad avere i tetti coperti di pannelli fotovoltaici; a vivere in case ben isolate da cappotti termici, unicamente utili alla creazione di muffe e ambienti insalubri, “liberi”, però, di sederci e sdraiarci su prati e spiagge all’ombra di svettanti pale eoliche. 

Sino a “ieri” abbiamo avuto un Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, che in occasione di qualsivoglia intervento pubblico, così come in ogni dichiarazione rilasciata alla carta stampata, aveva sempre lasciato trasparire come l’incarico conferitogli dal Presidente della Repubblica e confermatogli dalle Camere, fosse stato da lui accettato esclusivamente per farci un favore.

Dietro il suo manierismo, che gli impediva, allora come oggi, di rispondere a qualsiasi domanda gli giungesse da un comune mortale, mal si nascondeva l’arroganza, che gli imponeva di ricorrere ad oscuri tecnicismi così da apparire ancora più colto. Ricordava un po’ quegli insegnanti di italiano, avanguardisti di sinistra, che ai miei tempi scolastici si ritenevano padroni di quella cultura sommaria tipica di chi sapeva tutto e non poteva essere importunato con delle domande banali.

Ricordava Don Abbondio con il suo “latinorum” di “impedimenti dirimenti”, “lingua” utilizzata al solo scopo di ingannare il povero Renzo. I suoi tratti caratteristici, certamente accentuati negli anni, erano lo sguardo da pesce bollito, il fare del gagà di provincia, il linguaggio di chi diceva tutto senza che ci si capisse niente ed infine, un sorriso “smagliante”, di plastica, però, a solo uso e consumo di giornalisti e discepoli.  

Oggi abbiamo la Giorgia Meloni, doveva cambiare tutto, ma non è cambiato niente. Doveva essere il “Governo della svolta”, l’ennesimo, ma come tutti gli altri "governi della svolta” non ha fatto altro che tirar diritto, sordo ai bisogni degli italiani, rispettando i dettami dell’Unione Europea, della N.A.T.O. e dei nostri “fratelli” americani, gente tutta d’un pezzo, sempre pronta ad aiutarci, ovviamente pagando molto più del giusto, gente che al meglio rappresenta la più grande “democrazia” esistente sul pianeta Terra: gli Stati Uniti d’America, che in circa 250 anni di esistenza sono riusciti a vivere 8 anni di pace. Decisamente non male, è sempre bello avere per amici i più grandi consumatori di droghe, alcol e farmaci; i più grandi esportatori di sigarette di tranq, fentanyl e di “democrazia”, però, di democrazia a mano armata.  

salvini meloni

Comunque, di “svolta in svolta”, credendo ingenuamente che al peggio potesse esserci un limite, eccoci in balia di personaggi come Giorgia Meloni e Matteo Salvini, gente che opera con convinzione, capace di autosuggestionarsi sino a ricordare il goldoniano Lelio, figura dal fascino oscuro, capace di attrarre, di mentire convinto che le sue menzogne fossero spiritose invenzioni, ma alla fine, unicamente capace di condurre alla rovina.

La memoria è un dovere, diceva Primo Levi, ma a ben vedere, tanto a destra quanto a sinistra, non vedo un solo politico possedere il passo del dovere, piuttosto, è ben visibile ciò che il grande umorista inglese del 19° secolo, Wiliiam Makepeace Thackeray, avrebbe descritto come oggetto di studio della vanità e della miserabilità umana.

La memoria è un dovere, certo, ma è un dovere per tutti, soprattutto per il popolo elettore, infatti, probabilmente a causa di una “maledetta” memoria corta, sono tanti gli italiani che non si accorgono dell’ipocrisia di Giorgia Meloni, che solo “l’altro ieri” urlava in Spagna con i camerati di Vox, promettendo sfaceli e additando come criminali i poteri forti.

Oggi, dopo aver incassato nel 2022 il 26% su un misero 63,8% di votanti, ripetendo che non andava bene niente, che tutti erano sbagliati e che il suo merito più grande fosse quello di essersi opposta al Governo dei “migliori”, fra un viaggio in America, un elogio all’Unione Europea, una pacca sulle spalle a Zelensky e un continuo cinguettio con Draghi, il tutto descritto come comportamento maturo dai media compiacenti, la Giorgia nazionale, in un batter di ciglia, ha tradito le promesse fatte a famiglie, pensionati e lavoratori.

Spero che qualcuno ricordi, tutto cominciò in un pomeriggio d’autunno, il 19 ottobre 2019, quando dal palco di piazza San Giovanni in Roma, in occasione della manifestazione unitaria del centro-destra, convocata da Matteo Salvini per protestare contro la nascita del secondo Governo Conte, la leader di Fratelli d’Italia pronunciò la frase, divenuta iconica: “Io sono Giorgia! Sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana! Non me lo toglierete”.

Parole rimbalzate in ogni dove attraverso il web, divenute un tormentone, riprese nei fumetti, montate su scene di film e serie famose, coreografate con ogni stile di danza e persino rivendute da agenzie di marketing, un neme divenuto pubblicità gratuita. Parole, che hanno strappato applausi, che hanno scaldato i cuori di milioni di italiani, che tutto potevano far presagire, ma non i numeri della vergogna dell’attuale Governo:

Trentadue miliardi di spese per gli armamenti. 

Sedici miliardi all’Ucraina.

Dodici  miliardi per il ponte sullo Stretto.

Un miliardo per i Centri di accoglienza dei clandestini in Albania.                                     

Tre euro di aumento per le pensioni.               

Praticamente niente per il Servizio Sanitario Nazionale .                                                      

Niente imposte sugli extra profitti bancari.                                                                   

Trentacinque euro al giorno per il mantenimento di ogni clandestino che sbarca liberamente in Italia.

Circa sette milioni, dati Istat, di cittadini italiani in povertà assoluta. 

Circa un milione e duecentomila bambini italiani, sempre secondo i dati Istat, che non hanno adeguato accesso a cure mediche e alimentazione.

Insomma, va tutto bene, ma oramai sembriamo davvero giunti al capolinea, pare che i cervelli abbiano smesso di funzionare in massa, forse hacherati in attesa che venga introdotto l’obbligo di avvalersi dell’intelligenza artificiale. 

La promessa della mamma cristiana Giorgia Meloni era chiarissima, la sua terza legge di Bilancio doveva essere improntata sull’aiuto alle famiglie, ai pensionati, ai lavoratori, al sostegno della natalità.

Le voci che uscivano dal Palazzo, buone solo per i creduloni, parlavano di taglio alle tasse, di riforme, di buste paga e assegni pensionistici più pesanti ma, si sa, nella nostra Italia sono tutti cristiani e cattolici quando vengono battezzati e quando ricevono l’estrema unzione, nel mezzo c’è solo tanta ipocrisia e un po’ tutti preferiscono raccontarsi delle favole, esibendo un’innocenza ormai da tempo completamente perduta.

Di fatto, alla fine di un iter segnato da due lunghissimi mesi di “litigi” nella maggioranza, credo più per spartirsi qualche mancetta che non per seri motivi, due terzi della manovra finanziaria se ne sono andati per riconfermare misure in scadenza, mentre, alla faccia dello spot che parlava di riforme, il resto è stato tutto un susseguirsi di inasprimenti fiscali, di introduzione di multe, controlli e di regaloni a banche e assicurazioni.

Il tutto, mentre le condizioni economiche peggiorano e i redditi degli italiani valgono sempre meno, quasi a voler rendere il più evidente possibile come il testimone, passato dalle mani di Draghi a quelle della Meloni, voglia significare continuità nel raggiungere l’obiettivo, non dichiarato, ma molto bene manifestato, di creare fratture nella società, favorire la guerra tra poveri, aumentare il controllo e trascinarci sempre più dentro un conflitto militare dagli esiti imprevedibili.

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