Cerca

Attualità

Siri ci spia? Apple paga 95 milioni di dollari

Dopo cinque anni di battaglie legali, il colosso tecnologico chiude il caso della privacy con un accordo, ma la fiducia degli utenti è a rischio

Apple - Siri

Apple - Siri

Dopo un lungo braccio di ferro durato cinque anni, la vicenda legale che ha coinvolto Apple e il suo assistente vocale Siri si conclude con un patteggiamento da 95 milioni di dollari. L’azienda di Cupertino ha accettato di pagare questa somma per mettere fine alla class action avviata con l'accusa che Siri avrebbe registrato conversazioni private senza autorizzazione e condiviso tali dati con terze parti per scopi pubblicitari.

La cifra, seppur significativa, rappresenta una spesa modesta per Apple, che registra profitti giornalieri ben superiori. Tuttavia, il pagamento evidenzia la volontà del colosso tecnologico di chiudere rapidamente la questione ed evitare ulteriori danni alla reputazione, soprattutto su un tema delicato come la privacy degli utenti.

Apple ha sempre negato ogni illecito, dichiarando che le registrazioni erano limitate al miglioramento del servizio e che i dati non venivano utilizzati per scopi pubblicitari. In una nota, l’azienda ha ribadito la sua posizione: “La protezione della privacy è un valore fondamentale per Apple. Le accuse mosse nella causa non riflettono il nostro impegno per la sicurezza dei dati personali.”

Nonostante le difese, il patteggiamento è una chiara mossa per evitare un lungo processo che avrebbe potuto mettere ulteriormente in discussione l’immagine di Apple come paladina della privacy, un aspetto su cui l’azienda ha sempre basato le sue campagne di marketing per distinguersi dai concorrenti come Google.

Questo episodio, tuttavia, rappresenta una battuta d’arresto per l’azienda fondata da Steve Jobs, soprattutto considerando che anche altri giganti della tecnologia, come Google, affrontano accuse simili riguardanti i propri assistenti vocali. La differenza sta nel fatto che Apple si è sempre presentata come un’azienda intransigente sulla protezione dei dati personali, rendendo questa vicenda particolarmente delicata.

La class action e la decisione di patteggiare sollevano interrogativi più ampi sul futuro delle tecnologie vocali e sul rispetto della privacy. Gli assistenti vocali, sempre più integrati nella quotidianità delle persone, offrono comodità ma anche rischi, poiché la loro capacità di ascoltare e registrare solleva legittime preoccupazioni.

Questo episodio servirà probabilmente da monito per Apple e per altre aziende del settore, che dovranno dimostrare maggiore trasparenza nella gestione dei dati e lavorare per ricostruire la fiducia degli utenti.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori