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Religione
24 Dicembre 2024 - 11:18
Roberto Repole
La conferenza stampa di fine anno dell’arcivescovo di Torino, Roberto Repole, si è trasformata in un’occasione per riflettere sulle contraddizioni e le sfide che la società contemporanea si trova ad affrontare. L’arcivescovo ha colto l’opportunità per proporre una visione diversa del Natale, lontana dal consumismo che caratterizza questo periodo, e ha lanciato un messaggio forte sulla necessità di riscoprire il silenzio come strumento di empatia e riconnessione umana.
«Dobbiamo riscoprire il silenzio, soltanto così la parola eterna può essere accolta e diventare fonte di speranza», ha dichiarato il cardinale, nominato di recente da Papa Francesco. Il silenzio di cui parla Repole non è semplice assenza di rumore, ma una condizione profonda che permette di comprendere le sofferenze e le solitudini che popolano le nostre città. Per il cardinale, il Natale è l’occasione per riflettere su ciò che spesso rimane invisibile: gli anziani soli, i malati dimenticati, e i carcerati, una realtà che l’arcivescovo ha toccato con mano durante una recente visita alla casa circondariale Lorusso e Cotugno. «Una realtà che sembra estranea alla nostra città», ha osservato, sottolineando come sia facile dimenticare non solo i detenuti ma anche le guardie carcerarie, entrambe categorie che emergono nel dibattito pubblico solo in occasione di eventi tragici.
Il cardinale ha poi parlato del clima di frenesia e ansia che precede le festività natalizie. Questo affannarsi per i regali e le celebrazioni, ha detto, spesso lascia un «senso di svuotamento e infelicità» una volta terminato il periodo delle feste. A preoccupare particolarmente Repole è la crescente mancanza di empatia nella società contemporanea. «Fino a poco tempo fa pensavo che l’empatia fosse una qualità diffusa. Ora mi sembra una merce sempre più rara», ha commentato, invitando a una riflessione su come le relazioni umane siano sempre più frammentate e superficiali.
Tra le categorie più colpite da questa crisi di empatia ci sono i giovani, ha osservato il cardinale, che si trovano a fronteggiare paure spesso ignorate dagli adulti. Il timore della guerra, che si trasforma in «angoscia» quando il pensiero dei conflitti si fa più vicino, è una delle principali preoccupazioni delle nuove generazioni. Ma non è l’unica. Il senso di precarietà economica, la difficoltà a immaginare un futuro migliore del presente, e l’impoverimento che colpisce anche chi ha un lavoro sono altre paure che gravano sulle spalle dei giovani. «In una città con una disparità sociale sempre più netta, l’impoverimento riguarda anche chi un lavoro ce l’ha», ha sottolineato, mettendo in luce le contraddizioni di una Torino che fatica a trovare una direzione.
Interrogato sulla situazione industriale, il cardinale ha espresso una speranza cauta per il futuro, facendo riferimento alla crisi di Stellantis e delle aziende dell’indotto. «Voglio sperare e credere che ci sia un cambiamento di rotta che possa portare qualcosa di nuovo per Torino, dopo un trend di sofferenza», ha dichiarato. Ma il suo giudizio è stato molto più netto quando si è parlato della buonuscita dell’ex amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares. «Chi è responsabile del depauperamento dell’economia non dovrebbe ricevere un premio», ha detto senza mezzi termini, evidenziando come certe dinamiche economiche vadano a discapito di intere comunità.
Con lo sguardo rivolto al 2025, anno del Giubileo, Repole ha lanciato un augurio che va oltre i confini della celebrazione religiosa: «La speranza non è ottimismo. Vorrei che il Giubileo fosse un’occasione per ritrovare questa forza, perché una delle grandi crisi culturali del nostro mondo è proprio una crisi di speranza». Per il cardinale, la speranza non è una semplice attesa passiva, ma una forza attiva che può aiutare a ricostruire legami e a superare le difficoltà che caratterizzano il presente.
Le parole di Roberto Repole, pronunciate in questo tradizionale appuntamento di fine anno, risuonano come un invito pressante a ripensare il modo in cui viviamo le festività e la nostra quotidianità. In un momento storico in cui le disuguaglianze sociali si fanno sempre più evidenti e il futuro appare incerto, l’appello del cardinale a riscoprire il silenzio, l’empatia e la speranza si rivela più che mai attuale. Un messaggio che, oltre a richiamare il significato autentico del Natale, propone una visione di comunità in cui nessuno venga lasciato indietro.
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