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23 Dicembre 2024 - 16:01
"Voleva seppellirmi": l'attrice Blake Lively denuncia le molestie subite a Hollywood (foto di repertorio)
La realtà che imita l'arte. Dopo aver interpretato il ruolo di Lily, una vittima di abusi domestici, nel film di successo "It Ends with Us - Siamo noi a dire basta", l’attrice americana Blake Lively ha deciso di affrontare la sua personale battaglia, denunciando il co-protagonista Justin Baldoni per molestie sessuali e diffamazione.
La vicenda, rivelata in un articolo pubblicato dal New York Times, ha scosso l’opinione pubblica e sollevato interrogativi sull’ambiente tossico che può ancora annidarsi a Hollywood. Lively ha raccontato dettagliatamente una campagna di diffamazione orchestrata da Baldoni e dal suo team di manager, che avrebbe avuto lo scopo di distruggere la reputazione dell'attrice, etichettandola come "prevaricatrice" e difficile con cui lavorare.
Tra le prove presentate da Blake Lively emergono messaggi ed email, ottenuti tramite citazioni a giudizio, in cui Baldoni e il suo team discutevano apertamente della strategia di screditare l’attrice. Uno dei messaggi incriminati parlava dell'intenzione di "seppellirla", un riferimento esplicito alla pratica della cancel culture, che colpisce figure pubbliche accusate di comportamenti inaccettabili.
La campagna diffamatoria sarebbe stata amplificata da un video su YouTube dell'intervistatrice norvegese Kjersti Flaa, in cui venivano riportate critiche al comportamento dell’attrice durante un’intervista del 2016. Tuttavia, dopo l’articolo del NYT, Flaa ha rilasciato un nuovo video negando qualsiasi coinvolgimento nella strategia di Baldoni.
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Lively ha inoltre rivelato che durante le riprese del film, Baldoni e alcuni membri della casa di produzione Wayfarer Studios avrebbero violato ripetutamente le norme di comportamento sul set, facendo commenti sessuali inappropriati nei suoi confronti.
Il contesto è ancora più inquietante considerando che il film tratta proprio il delicato tema della violenza domestica. Baldoni, che nel film interpreta Ryle, il marito abusivo del personaggio di Lively, aveva dichiarato durante la promozione della pellicola che le scene di violenza gli avevano causato attacchi d’ansia e depressione, guadagnandosi così l’appoggio del pubblico. Ma, secondo Lively, queste dichiarazioni facevano parte di una strategia per nascondere le sue reali azioni.
L’avvocato di Baldoni, Bryan Freedman, ha definito le accuse dell’attrice un "disperato tentativo di salvare la sua reputazione", respingendo ogni responsabilità. Ma la reazione del mondo di Hollywood sembra schierarsi dalla parte di Lively. Tra le prime a sostenerla c’è stata Colleen Hoover, autrice del romanzo da cui è tratto il film, che ha espresso indignazione per la campagna subita dall’attrice, definendola "inaccettabile".
Blake Lively spera che la sua denuncia possa mettere in luce le sinistre tattiche di rappresaglia e proteggere altre vittime da simili azioni di diffamazione. La sua decisione di esporsi pubblicamente richiama alla mente i movimenti come il #MeToo, che hanno già portato alla ribalta casi emblematici come quello di Harvey Weinstein.
Questa vicenda dimostra quanto sia ancora necessario combattere per ambienti di lavoro sicuri e rispettosi, anche nel mondo del cinema. La strada per una Hollywood libera da abusi e manipolazioni è lunga, ma storie come quella di Blake Lively possono rappresentare un punto di svolta per il cambiamento.
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