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Sindaca nella bufera! Il grido dei residenti: ‘Non siamo un ghetto’

Si ribellano alle dichiarazioni, tra accuse di immobilismo e parole che non trovano riscontro nei fatti. Il caso dei palazzi popolari infiamma il dibattito politico e sociale

Sindaca nella bufera! Il grido dei residenti: ‘Non siamo un ghetto’

Giorgia Bondesan e Elena Piastra

“Finora ho sempre avuto rispetto, pur essendo di partiti diversi. Ma ora basta! Ogni 2x3 leggo articoli sui palazzoni di via Foglizzo... palazzi nei quali io vivo, e che lei vede sì e no durante la campagna elettorale. Invece di rilasciare interviste o mettere il terrore a persone anziane che prendono per oro colato ogni cosa che lei dice, perché non dice la verità su queste case?!”

Così Giorgia Bondesan, membro del comitato inquilini riconosciuto da ATC e figlia del caposcala di uno di quei palazzi di via Foglizzo, affonda la sindaca di Settimo Torinese Elena Piastra, all’indomani di un'intervista rilasciata a La Stampa che poteva sembrava innocua, un modo come un altro per rilanciare l’immagine di sè medesima come paladina della rigenerazione urbana e aggiungere un pezzettino di autobiografia nella corsa a un posto per la Camera dei Deputati.

E invece no! Questa volta no. Stavolta qualcosa si è incrinato.  Le sue parole, abracadabra si sono trasformate in un boomerang capace di generare critiche da tutte le parti, così tante da oscurare quei “Brava! Bene! bis” che affollano il suo profilo di Facebook.

Complice forse l’eccesso di enfasi, o quel linguaggio a metà tra il filosofico e l’utopistico che fatica a fare presa su chi, ogni giorno, deve fare i conti con problemi concreti: marciapiedi dissestati, spazi verdi lasciati al degrado, trasporti inefficienti, topi, pantegane, scarsa illuminazione..

L’idea di abbattere le palazzine popolari di via Foglizzo – definite dalla sindaca “ghetti privi di riscatto sociale” – e di ricostruirle come simbolo di una nuova Settimo ha irritato profondamente i residenti.

Bondesan, che in quelle case vive da anni, non le manda a dire.
“La invito a venirmi a trovare – commenta – così le posso mostrare come sono davvero i palazzi! Perché non sono come vengono descritti. Solo perché sono case popolari, non vuol dire che siano un degrado stile le Vele di Napoli. Come in ogni condominio, c’è chi rispetta e chi meno i beni comuni. In più, lei parla di buttarle giù: come può farlo, se attualmente queste case non appartengono né al Comune né a Torino? Ecco, forse le sue interviste hanno effetto su persone che non conoscono i retroscena, ma la domanda è: a che pro?”

L’affondo più duro però è sul piano umano.
“Spesso - sintetizza Bondesan - mi fermano signori che potrebbero essere miei nonni, come suoi, terrorizzati perché soli, chiedendomi:Ma davvero li butta giù? Dove andrò? Sono da solo!’. Sappiamo bene che per lei esiste solo Settimo centro, e che tutto il resto è periferia. Vuole guardare a una Settimo futura… certo, bello. Ma che senso ha pensare al futuro, se attualmente cammino su marciapiedi fatiscenti? Se, oltre a rotonde e supermercati, non abbiamo altro? Se non parchi inaugurati e poi abbandonati? Rinnovo il mio invito a venirmi a trovare, così forse vede realmente come sono queste palazzine che vuole buttare giù. Perché vederle una volta ogni tre anni non ha senso!”.

A farle eco ci pensano i due consiglieri comunali della Lega, Manolo e Moreno Maugeri.
“La sindaca ha affermato che le case popolari di via Foglizzo rappresentano ghetti privi di riscatto sociale e che dovrebbero essere abbattute - dichiarano -  La prima domanda è: con quali risorse intende realizzare questo piano di abbattimento e ricostruzione, dato che quelle case sono di proprietà del Comune di Torino? Ha già chiesto al sindaco Lo Russo? Dove intende collocare le famiglie nel frattempo? Un piano di demolizione deve essere associato a un progetto di riqualificazione che offra alle famiglie soluzioni alternative e migliorative. Altrimenti, queste dichiarazioni rimangono sulla carta e non fanno altro che mettere in allarme le numerose famiglie perbene che vi abitano”.

E sulla definizione di “ghetto” usata dalla Piastra i due consiglieri comunali non fanno sconti: “Questo termine è inadeguato e offensivo nei confronti di chi vive in quell’area. Sabato scorso, visitando via Foglizzo, abbiamo incontrato residenti che ci hanno accolto in uno chalet decorato per le festività natalizie, con l’albero, le luci e messaggi positivi. Un segno tangibile di comunità e speranza. Accanto allo chalet, una panchina rossa, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, assume un significato ancora più profondo in questo contesto. I volontari del comitato, impegnati nell’autogestione degli spazi, si occupano con dedizione della manutenzione e pulizia delle aree verdi”.

Una constatazione amaro. 

“È proprio dove l’amministrazione dovrebbe intervenire  ma non lo fa - concludono i Maugeri - che si creano le condizioni per marginalizzare un’area che, però, per volontà e dedizione degli inquilini, non può essere chiamata ‘ghetto’. E presto ci torneremo con molto piacere”.

Anche Antonino Iaria, deputato dei Cinque Stelle, si unisce al coro.“Condivido la necessità di intervenire sulle case popolari, ma è fondamentale farlo in modo condiviso e partecipato con i cittadini. Definire queste abitazioni un ‘ghetto’ e parlare di demolizioni può essere controproducente. Ci sono esempi virtuosi, come corso Racconigi a Torino, dove collaborazioni tra enti e incentivi come il sisma bonus hanno permesso soluzioni reali. A Settimo, invece, si continua a navigare a vista”.

Tra le voci critiche spicca quella di Erica Forlani“Più che abbattere e ricostruire - suggerisce - perché non pensare a una ristrutturazione meno costosa? Con i risparmi si potrebbero rinnovare le scuole, perché studiare è l’unico vero ascensore sociale”.

A ridimensionare la retorica della sindaca anche Massimo Benedetto“Ghetti? Parlona… Sono stabili da riqualificare, non ecomostri -  stigmatizza -  La politica, invece di fare annunci, dovrebbe intervenire senza clamore. Le case popolari non sono il problema: sono il riflesso di anni di mancata programmazione”.

Finale a sorpresa? Macché! Ci voleva un pippozzo ed è arrivato pure quello. Un classico di Piastra per dire tutto e il contrario di tutto, in sostanza per ribadire che non c'è nulla, solo idee, tante idee per una lunga, lunghissima campagna elettorale in vista delle politiche... Insomma Piastra la chiacchierona si candida a deputata o a senatrice, poco importa...

"Se hai letto l'intervista - risponde Piastra rivolgendosi a Iaria, da candidata a deputato -  non trovi la parola ghetto da nessuna parte nelle mie risposte e non è una parola che uso in generale. E siccome sai a cosa servono i titoli e ci sei più abituato di me, mi stupisco che tu lo dia per scontato. L'esempio che stiamo seguendo è quello di via Artom, più che via Racconigi, perchè le situazioni abitative sono profondamente diverse (queste sono case consegnate nel 1982 per gestire un'emergenza pensata per 20 anni, e oggi hanno più di 40 anni). Il progetto è molto complesso e si tratta di un programma (sul modello degli anni '90) per il quale vanno coinvolti i proprietari (comune di Torino) e i gestori (ATC e Regione), oltre ai fondi di investimento (in particolare CEB e Banca degli investimenti europei che abbiamo attivato nei mesi scorsi). Il lavoro è cominciato da tempo, anche perchè non riguarda solo la parte abitativa, ma l'intero quartiere (si tratta di investimenti nell'area per 110 milioni). Sono volentieri a disposizione per gli approfondimenti che questo articolo non riprende perchè come hai letto, fa un ragionamento più ampio che non si limita alla situazione edilizia specifica a Settimo, ma ragiona sulla necessità di riattivare un piano casa e in particolare sul fatto che la casa sia uno degli elementi più importanti sui quali lavorare dal punto di vista politico, in questo senso non si sofferma solo sull'edilizia residenziale pubblica, ma sull'accesso e il diritto alla casa, in particolare per i più giovani. Siamo fermi da almeno 50 anni in Italia e lo sai bene e il ragionamento non tocca solo la rigenerazione urbana o la riqualificazione di un quartiere, ma riguarda il diritto stesso all'autonomia abitativa, alla facilitazione dell'accesso alla casa per tutte le famiglie che hanno reditto, ma troppo basso per pagare gli affitti nelle nostre città ecc. Settimo rimane tra le città in Piemonte con maggior numero di case popolari rispetto al numero di abitanti e un po' di esperienze in questi anni sono state costruite, anche insieme agli abitanti, penso che come sempre possiamo essere un buon luogo di sperimentazione. A presto!".

Che poi -  e la chiudiamo qui - come dice Cinzia Geninatti-Croco  "ci sono famiglie che con difficoltà si sono acquistate gli alloggi in cui vivono quindi le case non sono completamente della ATC e se vengono abbattute quelle famiglie che ci hanno investito soldi e ancora pagano i mutui che fine faranno? Perché invece di abbatterle non si recuperano ?"

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