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Ecco chi sono le vittime dell'esplosione al deposito Eni di Calenzano

Indagini in corso: la Procura di Prato apre un’inchiesta per omicidio colposo plurimo

Ecco le vittime dell'esplosione al deposito Eni di Calenzano

Le cinque vittime dell'esplosione

È un bilancio drammatico quello dell’esplosione verificatasi lunedì 9 dicembre nel deposito di carburanti dell’Eni a Calenzano. Cinque lavoratori hanno perso la vita, trasformando una normale giornata di lavoro in un evento tragico che ha sconvolto l’intero Paese. Le vittime, tre autotrasportatori e due manutentori, erano impegnate in operazioni quotidiane presso l’impianto quando una violenta deflagrazione, innescata presumibilmente da un’autobotte, ha spezzato le loro vite.

La prima vittima identificata è stata Vincenzo Martinelli, 51 anni, originario di Napoli e residente a Prato da oltre 25 anni. Autista di cisterna, era noto per la sua dedizione al lavoro e l’amore per la famiglia. Martinelli, che stava attraversando una fase delicata della sua vita personale, era tornato da un’esperienza lavorativa in Germania per rimanere vicino ai suoi cari.

Tra le vittime figura anche Davide Baronti, 49 anni, nato ad Angera (Novara) e residente a Bientina (Pisa) con moglie e figli. Baronti, appassionato di tennis, era un volto noto presso il tennis club Torretta White di Bientina.
"Era un uomo sempre sorridente e gentile, con una grande passione per il tennis come valvola di sfogo dallo stress del lavoro", lo ricordano commossi gli amici e colleghi del club, che hanno annunciato un torneo in sua memoria.

Dalla Basilicata arrivavano invece Franco Cirelli, 50 anni, e Gerardo Pepe, 45 anni, entrambi manutentori inviati al deposito per interventi tecnici. Cirelli, residente a Cirigliano (Matera) e padre di due figli, era un ex militare della Brigata Folgore.
Pepe, nato in Germania e residente a Sasso di Castalda (Potenza), lascia una figlia. I due uomini lavoravano per una ditta specializzata in manutenzione petrolifera.

Completa il tragico elenco Carmelo Corso, 57 anni, originario di Catania ma residente a Prato. Autotrasportatore esperto, lascia moglie e due figli. Corso si trovava nell’area di carico del deposito per fare rifornimento quando è stato investito dall’esplosione.

È un bilancio drammatico quello dell’esplosione verificatasi lunedì 9 dicembre nel deposito di carburanti dell’Eni a Calenzano

L’incidente: indagini in corso e responsabilità da chiarire

L’esplosione è avvenuta nella zona delle pensiline di carico, dove erano parcheggiate diverse autobotti.
La Procura di Prato ha aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro colposo, nominando due esperti di esplosivi, già coinvolti nelle indagini sulla strage di Capaci. L’autopsia e i test del DNA saranno necessari per identificare con certezza tutte le vittime.

Il sindaco di Calenzano, Giuseppe Carovani, ha espresso preoccupazione per i rischi legati alla presenza del deposito e ha chiesto una revisione completa delle misure di sicurezza. “Nonostante le esercitazioni regolari, il piano di emergenza non è bastato a evitare una tragedia di tale portata”, ha dichiarato.

Oltre ai cinque morti, l’incidente ha causato oltre venti feriti, di cui due in gravi condizioni, ricoverati nei centri specializzati di Pisa e Firenze. Numerosi ospedali della regione hanno accolto i feriti, la maggior parte dei quali è stata dimessa nelle ore successive.

Sul fronte logistico, la tragedia ha avuto ripercussioni anche sul trasporto pubblico locale: la carenza di carburante causata dall’incidente e da uno sciopero presso la raffineria Eni di Livorno rischia di paralizzare il servizio autobus a Firenze.

Eni ha espresso il proprio cordoglio alle famiglie e assicurato piena collaborazione con le autorità per accertare le cause dell’esplosione. Nel frattempo, le comunità locali si stringono attorno ai familiari delle vittime, ricordando i loro cari come lavoratori instancabili e persone dal cuore grande.

Questa tragedia riaccende il dibattito sulla sicurezza sul lavoro e sull’opportunità di collocare infrastrutture ad alto rischio in aree densamente popolate. "La vita di ogni lavoratore è preziosa e va protetta con ogni mezzo", ha dichiarato il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi.

Le vite di Vincenzo, Davide, Carmelo, Franco e Gerardo non torneranno, ma il loro ricordo sarà un monito per un impegno rinnovato verso la sicurezza e la prevenzione.

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