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Giudiziaria

Tributaristi assolti: Boaglio annuncia denunce per calunnia

Si è concluso senza alcuna condanna un processo iniziato nel 2015

Caluso

Il processo è iniziato nel 2015 in tribunale a Ivrea

Massimiliano Boaglio, il tributarista al centro di un'inchiesta giudiziaria durata quasi un decennio, è stato assolto da tutti i capi d'imputazione per i quali aveva rinunciato alla prescrizione.

La sentenza è stata emessa ieri, giovedì 5 dicembre, dal collegio presieduto dalla giudice Rossella Mastropietro, affiancata dai togati Andrea Cavoti e Lucrezia Natta, ponendo fine a un processo che, iniziato nel 2015, si è concluso senza alcuna condanna.

Insieme a Boaglio erano imputate anche la sorella Giuliana Boaglio, per la quale è intervenuta la prescrizione su tutte le accuse, e la dipendente Simona Ventre, assolta grazie alla richiesta dello stesso pubblico ministero Filippo De Bellis, che aveva riconosciuto la mancanza di elementi sufficienti per sostenere l'accusa di associazione a delinquere, fulcro dell'intero procedimento.

L'avvocata della difesa di Boaglio e Ventre, Cristina Morrone dello studio Chiesa di Milano, ha criticato duramente l'operato investigativo, sostenendo che le indagini siano state condotte in modo lacunoso, senza riscontri oggettivi sui presunti mancati pagamenti all'Agenzia delle Entrate. 

Per il legale, le accuse si sono basate su presupposti "fragili".

Durante il processo, Massimiliano Boaglio ha risposto direttamente a molte delle parti civili, definendosi «completamente innocente ed estraneo ai reati contestati».

L'ingresso del tribunale di Ivrea

In aula ha sottolineato come alcune delle accuse a suo carico siano state ritirate perché prive di fondamento. Fuori dal tribunale, Boaglio ha annunciato battaglia legale: «Nei prossimi giorni renderò pubbliche tutte le prove che dimostrano come le persone offese abbiano mentito. Procederò con denunce per calunnia contro chiunque abbia mosso accuse senza prove concrete.»

La difesa di Giuliana Boaglio, rappresentata dall'avvocato Paolo Micheletta, ha evidenziato come la sua assistita fosse solo marginalmente coinvolta nella vicenda. «Abbiamo sempre ribadito la sua estraneità ai fatti, e oggi il tribunale l’ha riconosciuta,» ha dichiarato.

La vicenda giudiziaria aveva visto il pm chiedere per Massimiliano Boaglio una condanna di 2 anni e 9 mesi, oltre a una multa di 1.900 euro. Dei 62 capi d'imputazione originari, la maggior parte risultava già prescritta a maggio scorso, ma Boaglio aveva scelto di rinunciare alla prescrizione su una ventina di accuse per dimostrare la propria innocenza. Anche Simona Ventre aveva rinunciato alla prescrizione, ottenendo però l’assoluzione su tutti i fronti. La sua posizione, ritenuta decisiva, ha fatto cadere l'accusa di associazione a delinquere, che richiede almeno tre persone coinvolte.

L’intero impianto accusatorio, dunque, si è dimostrato troppo debole per arrivare a una condanna. Nonostante ciò, il pm De Bellis ha difeso la tesi dell’accusa, sostenendo che i Boaglio avrebbero utilizzato «artifici per nascondere l’esistenza di debiti alle persone offese.» Durante la requisitoria, il magistrato ha definito il procedimento una «lunga epopea giudiziaria», iniziata con le prime denunce nel 2015 e portata avanti con grande difficoltà da uffici sottodimensionati.

Con questa sentenza si chiude uno dei processi più discussi degli ultimi anni, ma per Massimiliano Boaglio la battaglia legale sembra tutt'altro che finita.

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