Torino, 14 febbraio 1991.
Mentre tantissime coppie riempiono ristoranti e locali celebrando il giorno degli innamorati, ce ne sono almeno due, in città, che, per motivi diversi, non partecipano a questo rito collettivo.
Una
è composta da due amici. Si chiamano
Paolo Scialuga e Corrado Giordano Uno ha 26 anni e viene da una ricchissima famiglia di pubblicitari, l'altro ha 24 anni ed è un perito chimico figlio di un colonnello dell’esercito. Due ragazzi della buona borghesia della città.
Paolo Scialuga e Corrado Giordano
L’altra è invece composta da due fratelli.
O meglio, due uomini per l’anagrafe, di cognome Andriani e di nome Antonio e Cosimo, che, da qualche anno e dopo l’operazione, sono conosciute come Ascia e Valentina. Due transessuali che vendono il proprio corpo l’una sul marciapiede di fronte all’altra, in via Cialdini, all’angolo con corso Ferrucci.
Sono le 22 e Corrado si sta annoiando nella sua casa di via Moncalvo, in collina, guardando la TV. Decide allora di uscire e di andare a prendere, con la Renault 5 blu del padre, il suo amico Paolo.
Non hanno grossi programmi per la serata e così a Giordano viene in mente di prendere dal cassetto la sua pistola da tiro, una Luger calibro 22, e di portarsela dietro. I due girano a caso per un po’ e poi finiscono in un campo a Villastellone dove, lontani da occhi indiscreti, si mettono a fare il tiro al bersaglio. Sparano tre, quattro volte ciascuno contro alberi e bottiglie, nel tipico crescendo di eccitazione di una “bravata” da ragazzi. Quando nel caricatore sono rimaste solo un paio di pallottole, i due vanno via.
Ma la loro serata non è ancora finita.
Tornati a Torino, si dirigono proprio nella zona dove lavorano Ascia e Valentina. Vogliono divertirsi un po’ e, dato che Corrado la conosce, vanno dritti da Ascia, caricandosela in macchina.
È circa l’una della notte di San Valentino.
Dieci minuti dopo un uomo, da un bar di via Principi D’Acaja, telefona alla polizia denunciando di aver subito il furto della sua utilitaria. È una Renault 5 blu e la persona che parla riferisce che gli è stata rubata in piazza Statuto, dopo essere stato colpito con calci e pugni da tre balordi. Passa un altro quarto d’ora e allo stesso centralino arrivano altre due chiamate. La prima racconta che, in un controviale di corso Francia, quasi all’angolo con piazza Bernini, un’auto sta prendendo fuoco. Una Renault 5 blu.
L’altra che, in via Sangano, quasi in via Trana, è stato trovato il cadavere di un transessuale, in un lago di sangue. Ha i documenti addosso e le forze dell’ordine la conoscono bene: è Antonio Andriani, Ascia.
I tre eventi, accaduti in rapidissima serie e tutti in luoghi molto vicini tra loro, vengono subito messi in correlazione. Viene individuato e convocato in questura il proprietario della macchina incendiata. Messo alle strette e incastrato da alcune macchie di sangue sui pantaloni che non è riuscito a pulire, dopo cinque ore di interrogatorio, Corrado Giordano confessa.
Ha caricato Ascia in compagnia del suo amico Paolo. Lui e lei davanti, Scialuga di dietro. Dopo neanche duecento metri, improvvisamente, sente uno sparo. Si gira spaventato e vede Paolo con la sua pistola in mano. Di fianco Ascia esanime, con un foro in testa.
Nonostante il panico, i due riescono ad architettare una specie di piano. Scaricano il trans in via Sangano e si dividono. Corrado chiama la polizia e lascia la vettura in corso Francia, mentre Paolo si procura una tanica di benzina con la quale darle fuoco. Non sono però molto accorti, e infatti vengono notati scappare con l’auto dal luogo del delitto da Valentina e da altre colleghe e una pattuglia in servizio nota il rifornimento al distributore.
Interrogato sul movente, Paolo Scialuga non riesce a fornire motivazioni convincenti, neanche a sé stesso. Farfuglia, non ha idea del perché abbia sparato. Viene processato col rito abbreviato e, il 4 ottobre dello stesso anno, riconosciutegli le attenuanti generiche in quanto incensurato e per aver risarcito con 100 milioni la famiglia della vittima, viene condannato a 6 anni e 4 mesi per omicidio volontario. Corrado Giordano, invece, riconosciuto innocente in relazione alla morte di Ascia, patteggia un anno per detenzione illegale d’arma e simulazione di reato.
La sentenza verrà ribaltata in appello, l’8 maggio 1992. Il reato di Scialuga viene derubricato a omicidio colposo. Per i giudici il 26enne, nell’intento scherzoso di spaventare il trans con la pistola, l’avrebbe uccisa con un colpo partito per sbaglio a causa di una frenata improvvisa dell’amico alla guida. Rideterminata la pena a 2 anni e mezzo, uscirà appena dopo il processo.
Sentitasi tradita dalla giustizia, Valentina non supererà mai la morte di Ascia.
Valentina è sconvolta e non può far altro che rinsaldare il rapporto con l'altra sua sorella che vive a Torino, Agnese, ma, contemporaneamente, inizia ad alternare le sue prestazioni tra la strada e una casa che ha comprato in via Ghemme 3bis, al Campidoglio.
Qui, dal gennaio 1995, vive insieme a un ragazzo di 24 anni che si chiama Umberto Prinzi.
Si sono conosciuti qualche mese in un locale e si sono innamorati. Il loro è un rapporto molto passionale ma dalle molte contraddizioni. Lui la riempie di attenzioni e accetta il suo lavoro, anzi, spesso la accompagna in strada e la va a prendere quando finisce, a notte fonda. Si dice addirittura che la porti davanti ai cancelli di alcune ville di clienti particolarmente munifici, in collina. Non riesce però ad accettare che Valentina accolga i clienti in casa, non sopporta di dormire nello stesso letto dove sono passati tutti quegli uomini. È per questo che, alla fine di aprile, si lasciano.
Primo maggio 1995.
Valentina chiama Agnese intorno alle 12 e le dà appuntamento per le 17, ma non si incontreranno mai. La sorella ne denuncia la scomparsa il primo di settembre e si scopre subito che insieme alla trans sono spariti la macchina e il cellulare.
Dando un’occhiata ai tabulati telefonici, si viene a sapere che dal 2 maggio da quel numero non è partita neanche una chiamata.
Scatta l’allarme e la polizia irrompe nell’alloggio di via Ghemme. Lo trovano sottosopra e chi l’ha lasciato cosi evidentemente sapeva che avrebbe trovato molto contante da quelle parti. Agnese riferisce di aver saputo che, a parte 700 milioni di lire in banca, la sorella ne aveva in casa qualcosa come 600 in contanti oltre a pellicce e gioielli. Gli inquirenti ne trovano circa 110 dietro un armadio e altri 65 e dei preziosi di poco valore in cantina. Chi è arrivato prima di loro se n’è andato con le tasche piene di soldi e con le pellicce.
Iniziano le indagini e viene subito sentito Umberto. Questi racconta di essere rimasto in buoni rapporti con la Andriani e che, anzi, la stessa, il primo maggio, le aveva prestato l’auto per andare a trovare un parente a Bergamo (che nega la circostanza) e poi per recarsi a Milano. Sulla stessa ci sarebbe stato anche il cellulare. Il giorno dopo avrebbe ridato la macchina a Valentina e la stessa gli avrebbe richiesto di impegnare due pellicce al banco dei pegni. Consegnatole i soldi, sarebbe partita anch’essa per Milano per effettuare un’operazione al naso. Non arriverà neanche lì. Si appura che il giorno dopo Prinzi ha acquistato una Peugeot 205, in contanti, per sei milioni con la quale sarebbe andato a Valenza. Lui dice per restituire una licenza di venditore ambulante, per la questura per piazzare i gioielli rubati.
Questa traballante ricostruzione porta all’arresto di Prinzi. Insieme a lui finisce dentro anche la cugina, Marzia Ferrari. L’uomo le avrebbe confessato di aver strangolato Valentina per una questione di soldi e che poi avrebbe buttato il cadavere in Val di Lanzo. La Ferrari, tra l’altro, ha anche una sorella di nome Barbara. La ragazza, tossicodipendente, fermata con 4 grammi di eroina, si offre di collaborare con la giustizia pur di non finire dentro. Dice di sapere qualcosa sulla fine di Valentina e, con un registratore nascosto, raccoglierà la confessione di Marzia.
A processo Umberto si dichiarerà sempre innocente e anche le due sorelle ritratteranno, ma questo non eviterà, dopo un lungo iter, la condanna a 22 anni per l’uomo e 2 anni e 3 mesi per favoreggiamento alla Ferrari.
Prinzi ammette la sua colpevolezza solo nel 2007 quando, innamorato della propria insegnante di legge in carcere, confessa l’omicidio e fa ritrovare il cadavere (in un “orrido” della Stura, in Val Di Lanzo) sperando in uno sconto di pena in modo da coronare il suo nuovo sogno d’amore.
Esce nel 2017 ma dura poco.
Finisce in un giro di orologi e preziosi rubati e, il 14 dicembre 2018, viene ucciso dopo aver truffato, evidentemente, la persona sbagliata. Viene strozzato e finito con un colpo dietro un orecchio. Il cadavere buttato in un dirupo, in collina, dalle parti di Moncalieri.
Una pallottola dietro l’orecchio, come ad Ascia, sorella di Valentina, da Umberto strangolata e buttata in un fosso, come poi è esattamente successo a lui. Un cerchio rosso sangue che si chiude dopo 30 anni.
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