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Il Canavesano
24 Novembre 2024 - 22:25
I due candidati alla Presidenza della Regione Emilia Romagna: Elena Ugolini e Michele De Pascale
Eccoli lì, proprio non riescono a farne a meno, il pudore e la vergogna per loro sono cose sconosciute.
Immaginavo che le elezioni regionali da poco archiviate in Liguria, con la ridicola partecipazione ai seggi del 45,96% dei cittadini aventi diritto di voto, avessero insegnato qualcosa, invece no, niente! Come se nulla fosse, anche stavolta, nonostante il drastico calo dell’affluenza ai seggi, tanto in Umbria come in Emilia Romagna, tutti a gioire e brindare nel centro-sinistra vincitore e tutti impegnati ad “arrampicarsi sui vetri” ed a fare mille distinguo fra gli sconfitti del centro-destra. Insomma, nulla è cambiato, c’è chi ha vinto di poco e c’è chi ha perso di poco; c’è chi dice che “gli elettori hanno capito” e c’è chi dice che “gli elettori hanno perso un’occasione”, però, mi pare che nessuno dica come risolvere il problema dei terremotati umbri, ormai da quasi dieci anni accampati in moduli abitativi, sempre più simili a baracche che non a case.
Mi pare anche che gli alluvionati dell’Emilia Romagna sino ad oggi abbiano ricevuto tante promesse e pacche sulle spalle, ma niente più. Comunque, la volta scorsa in Umbria aveva votato il 64,7% degli aventi diritto, oggi il 52,3%, risultatone! Soprattutto se messo a confronto con quello dell’Emilia Romagna, dove il calo è stato ancor più sensibile, visto che dal 67,7% del 2020 si è scesi al 46,4% dei giorni scorsi.
Ancora una volta un clamoroso flop della politica partitocratica, che però riesce a legittimarsi; riesce, nonostante non rappresenti più la maggioranza dei cittadini, a sopravvivere, diventando sempre più aggressiva e cattiva. Se “ieri”, molto ben mascherata, rappresentata da attori diversi, più capaci, più intelligenti, più istruiti e meno inclini a farsi dettare l’agenda politica da soggetti esteri, la partitocrazia riusciva a portare la gente ai seggi, capace di vendere ideologie un tanto al voto, oggi, senza più nessun ritegno, la maggioranza degli italiani l’ha capito, vive e si nutre di democrazia, dei sogni e delle speranze della gente, è diventata vorace, addirittura divora le sue creature con la stessa rapidità con cui le crea in un turbinio di partiti, che nascono, crescono a dismisura in poco tempo e poi rapidamente implodono rovinosamente.
Nei fatti il secolo nascente, seppur ancora giovane, pare essere molto avaro nella produzione di pensiero, ovunque, non conta da quale parte della barricata, c’è un grande sfoggio di opinioni, affermazioni, roboanti promesse e parole, parole sino alla nausea, ma il tutto condito dal niente, dal niente che rappresentano gli attuali leader politici, gente senza capacità e senza motivazioni ideali. Da qui il rifiuto della politica romanocentrica, soprattutto oggi, rappresentata com’è da partiti inventati a tavolino, calati dall’alto, legati a leader che poco o nulla hanno fatto per radicare le loro formazioni politiche nella carne viva della società.
Ormai, se n’è accorta più della metà della popolazione, in Italia si è creata una situazione particolare, che non esiste in nessun’altra parte al mondo ove esistano democrazie degne di essere così definite e cioè, si può votare tanto a destra quanto a sinistra, sicuri che a decidere delle sorti degli italiani continueranno ad essere l’Unione Europea, gli Stati Uniti d’America, la B.C.E. e la N.A.T.O.
Vogliamo continuare a chiamarla democrazia?
Si può fare, non è vietato, ma non descrive correttamente ciò che politicamente e socialmente è l’Italia.
In realtà, all’interno dei nostri confini, democrazia è una parola senza significato, o tuttalpiù una forma vuota.
In Emilia Romagna, nel segno della continuità, ha vinto Michele De Pascale, tradotto: “I quattro gatti, che ancora credono che votare possa servire a qualcosa, evidentemente soddisfatti della disastrosa amministrazione di centro-sinistra, confidando che De Pascale continui l’opera di demolizione della Regione Emilia Romagna, così ben avviata dal suo predecessore, Stefano Bonacini, hanno voluto testimoniare il loro gradimento e la loro soddisfazione, già manifestata pochi mesi fa, quando si resero responsabili dell’elezione di Bonacini al Parlamento Europeo.”
In Umbria, invece, la coalizione di centro-destra è semplicemente crollata su sé stessa.
Gli elettori nel 2019 avevano voluto lanciare un segnale di discontinuità, l’avevano fatto con forza, credendo alle promesse di Salvini e per la prima volta dal 1970 avevano tolto dalle mani della sinistra il governo regionale. Da qui il loro manifesto “stupore”, figlio dell’inganno e della delusione, che si è tradotto in un forte calo della percentuale dei votanti e nella riconsegna del governo regionale nelle mani della “sinistra”.
Di fatto, sono sempre più quelli che hanno capito che in Italia il voto ha da tempo, da molti anni, mutuato la “proprietà commutativa dell’addizione e della moltiplicazione”. Tradotto: “Cambiando l’ordine degli addendi dell’addizione, la somma non cambia, così come cambiando l’ordine dei fattori della moltiplicazione, il prodotto resta lo stesso.” Insomma, allo stato attuale si può votare chi si vuole certi che il risultato finale non cambierà.
La verità, quella nascosta dai padroni dell’informazione, che continuano nella loro stucchevole demagogia, riuscendo anche, ricorrendo ad eufemismi naïf, a parlare di “ritorno del Pd” o di crescita di “Forza Italia”, è che ormai la maggioranza degli italiani, ben oltre il 50% dell’elettorato, rifiuta di farsi rappresentare da qualsivoglia forza politica appartenente al club della partitocrazia romanocentrica.
Sia chiaro, lungi da me criticare la libertà di stampa e d’opinione, “La Voce” è la testimonianza che nel nostro Paese è merce rarissima, fra l’altro, cosa ampiamente dimostrata nei periodi post elettorali. Il dopo elezioni è fantasticonell’evidenziarlo, sia sulla carta stampata che nelle televisioni, è tutta una sfilata di facce presuntuose e spudorate, facce libere e indipendenti, ma sempre estremamente rispettose dei loro padroni. Sui “giornaloni” si leggono editoriali talmente strampalati, probabilmente partoriti da “giornalisti” più inclini ad usare le mani per grattarsi i coglioni che non per scrivere, che non si capisce se vogliono essere seri o umoristici.
Nelle televisioni, soprattutto in quelle nazionali, invece, sfilano i Segretari di partito con tanti giornali sotto il braccio, a voler dimostrare quanto tengano al pluralismo e alla libertà di stampa, ma anche sul piccolo schermo il meglio lo offrono loro: gli “opinionisti”, i “sondaggisti”, gli “economisti”, i “politologi”, i “sociologi”, gli “analisti” ed i più disparati saccenti “tuttologi”.
Sono le televisioni che portano nelle case degli italiani i “grandi missionari dell’informazione”, geniali specialisti nel gridare, litigare, insultare e trasgredire, capaci di sceneggiate, allo stesso tempo, rispettose dei loro padroni e degli indici d’ascolto. Non cosa facile, io ad esempio non ne sarei capace, sono richieste competenze che io non ho, bisogna essere abili a mostrare coraggio, a mantenersi fidi leccaculo ed a travestirsi da ribelli, cose per le quali non sono decisamente idoneo.
Quello che emerge, senza tanti giri di parole, la si può mettere come si vuole, è che in Italia la politica partitocratica non rappresenta più la maggioranza degli italiani.
Le nostre istituzioni, soprattutto quelle più importanti, non rappresentano il popolo italiano. Dentro i “Palazzi” non contano le idee, a spadroneggiare è l’egoismo, l’avidità, la smania di affermarsi e la sete di potere.
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