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Dibattito
22 Novembre 2024 - 19:52
La piscina delle donne
“In questi giorni si è parlato di nuovo di piscina al femminile, a seguito di una nuova proposta presentata al Comune di Ciriè dalla Uisp di Bra. Un’attività sportiva importante, raccontata negli anni anche attraverso articoli e servizi televisivi, della quale ci fa piacere ricordare il vero obiettivo e valore. La proposta della Uisp di Bra trae spunto dall’esperienza torinese”, spiega Patrizia Alfano, presidente regionale di UISP Piemonte APS
La piscina al femminile non è solo un luogo dove fare sport, ma un simbolo di resistenza, accoglienza e rinascita. Tutto è cominciato nel 2007, quando UISP Torino ha lanciato il progetto “Lo Sport quotidiano delle donne”, con un’idea semplice ma rivoluzionaria: creare uno spazio sicuro, dedicato alle esigenze e ai tempi delle donne, dove ogni barriera – culturale, sociale, religiosa – potesse essere abbattuta. Uno spazio dove le donne di ogni età potessero sentirsi accolte, rispettate, libere.
L’iniziativa prevedeva di riservare quattro ore settimanali di una piscina esclusivamente alle donne, all’interno delle sessanta ore di apertura totale. In poco tempo, quello spazio è diventato molto di più. Le vasche si sono riempite di madri con i figli, nonne, giovani ragazze, e persino intere famiglie, unite dalla voglia di scoprire qualcosa di nuovo, di ritagliarsi un momento per sé stesse, lontano dalle pressioni quotidiane.
“In questi 17 anni, nella piscina di Torino sono passate tante donne di culture e religioni diverse, italiane, egiziane, marocchine che portavano il velo per scelta, ma anche donne che lo hanno ripudiato e ne hanno combattuto l’imposizione. Tra di loro, studentesse universitarie, professioniste con incarichi importanti, suore italiane e tante donne impegnate contro il patriarcato, nella difesa e nell’affermazione dei loro diritti”, racconta Daniela Conti, responsabile politiche per l’interculturalità e la cooperazione di UISP Nazionale APS.
Ma questa piscina non è solo un luogo fisico: è una comunità. Qui le donne si sono incontrate, hanno condiviso storie, paure e sogni. Donne siriane, arrivate in Italia attraverso i corridoi umanitari della chiesa valdese, hanno trovato in quell’acqua un rifugio dove ricominciare. Sopravvissute alla tratta di esseri umani hanno affrontato il trauma con il sostegno di psicologhe e assistenti sociali, mentre donne operate al seno hanno riscoperto la forza del loro corpo attraverso la riabilitazione in acqua. Una piscina può sembrare un luogo semplice, eppure qui ha significato rinascita.
Durante la pandemia, questo spazio è diventato persino una linea di salvezza.
“Una donna ha usato la chat della piscina per chiedere aiuto: era chiusa in casa con un uomo violento”, ricorda Patrizia Alfano.
Questo episodio, così doloroso, ha evidenziato come lo sport, a volte, sia molto più che semplice attività fisica: può diventare un’ancora, una voce, una mano tesa.
Il progetto ha ottenuto riconoscimenti importanti, come il titolo di Buona pratica nella Carta Europea dei Diritti delle Donne nello Sport e, più recentemente, è stato validato all’interno del programma internazionale Sentry Sport. Nel 2024, questa iniziativa è stata presentata come modello di successo a Saint Denis, una delle sedi dei Giochi Olimpici e Paralimpici, per il suo approccio inclusivo e rispettoso delle differenze.
Daniela Conti sottolinea il cuore di questa idea: “Questa metodologia non vuole essere ghettizzante né escludente, ma vuole creare un luogo dove ogni donna si senta a proprio agio. Donne con storie personali di violenza fisica e psicologica, disturbi alimentari, disabilità o background culturali diversi trovano qui uno spazio sicuro”. La piscina diventa così il simbolo di una battaglia più grande: quella per l’inclusione, per i diritti, per l’emancipazione.
L’impegno della UISP non si ferma qui. “Come UISP ci siamo sempre battuti per dare alle donne (a tutte le donne) pari opportunità nel mondo dello sport, ma dobbiamo farlo anche nel rispetto che si deve a culture, sensibilità personali e fedi religiose differenti, come sancito anche nella nostra Costituzione”, conclude Conti.
Oggi, la proposta di portare questa esperienza a Ciriè accende nuove speranze. Non si tratta solo di un progetto sportivo: è un modo per creare legami, abbattere muri, dare alle donne il coraggio di alzare la testa e trovare il proprio posto nel mondo. La piscina femminile non è solo acqua: è forza, consapevolezza, rinascita. Un luogo dove ogni bracciata porta con sé un nuovo respiro di libertà.
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