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Fibromialgia, pazienti in sciopero della fame a staffetta: “Non ci fermeremo finché non saremo ascoltati”

La loro richiesta principale è l’inserimento della fibromialgia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), accompagnata dall’approvazione di un Testo Unico che regoli diagnosi, cure e tutele per una patologia che colpisce oltre due milioni di italiani

fibromialgia

#riprendiamoilpercorso è il nome dell'iniziativa per sensibilizzare sulla fibromialgia

Negli ultimi mesi, i malati di fibromialgia hanno portato avanti una lotta che non può più essere ignorata. Tra manifestazioni pubbliche, scioperi della fame a staffetta e richieste sempre più pressanti alle istituzioni, questa comunità di pazienti si sta battendo per il riconoscimento della propria malattia come cronica e invalidante. La loro richiesta principale è l’inserimento della fibromialgia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), accompagnata dall’approvazione di un Testo Unico che regoli diagnosi, cure e tutele per una patologia che colpisce oltre due milioni di italiani.

Nonostante la mobilitazione e il crescente supporto politico, i malati si sentono ancora inascoltati. Lo scorso 14 novembre, in Conferenza Stato-Regioni, è stato approvato il decreto tariffe, un piccolo passo avanti accolto con cautela dall’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica (AISF). Ma come sottolineato dalla vicepresidente dell’associazione, Giuseppina Fabio, si tratta di una misura insufficiente per rispondere alle vere necessità dei pazienti: «Chiediamo azioni concrete, come lo stanziamento di fondi dedicati a diagnosi, cure e ricerca, che siano inseriti già nella prossima legge di bilancio».

La fibromialgia: una malattia invisibile che spezza le vite

La fibromialgia è una patologia complessa, caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, affaticamento cronico, disturbi del sonno, ma anche sintomi cognitivi, gastrointestinali e neurologici. Colpisce prevalentemente le donne, rappresentando una sfida sia per i pazienti che per i medici. Le diagnosi spesso arrivano dopo anni di sofferenza, a causa della mancanza di marcatori biologici specifici e della scarsa consapevolezza del personale sanitario.

Secondo l’AISF, circa il 2-3% della popolazione italiana soffre di fibromialgia, ma il dato potrebbe essere sottostimato. La malattia compromette gravemente la qualità della vita dei pazienti, rendendo difficili o addirittura impossibili attività quotidiane come alzarsi dal letto, lavorare, o prendersi cura dei propri cari. Per molti, il dolore è accompagnato da un senso di isolamento e dalla sensazione di non essere compresi, sia dalle istituzioni che dalla società.

Una storia di promesse mancate

Il percorso per il riconoscimento della fibromialgia è iniziato anni fa, ma è stato segnato da battute d’arresto e promesse non mantenute. Nel 2016, un sit-in davanti a Montecitorio aveva acceso i riflettori sulla patologia, spingendo il Governo ad avviare tavoli di lavoro per studiare il problema. In seguito, sono stati presentati diversi disegni di legge, tra cui il DDL n. 299, che proponeva di riconoscere la fibromialgia come malattia cronica e invalidante, garantendo ai pazienti l’accesso gratuito a diagnosi e cure attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Tuttavia, il disegno di legge è decaduto con la fine del Governo dell’epoca.

Nonostante i progressi compiuti, come la creazione del Registro Italiano della Fibromialgia e l’assegnazione di un fondo di 5 milioni di euro nella legge di bilancio del 2022 per progetti di ricerca e ambulatori multidisciplinari, il riconoscimento ufficiale della malattia continua a rimanere fuori portata.

La mobilitazione: una lotta per la dignità

Lo scorso 29 ottobre, l’AISF ha organizzato una conferenza stampa nella Sala Caduti di Nassirya del Senato, seguita da una manifestazione pubblica in piazza Vidoni, a pochi passi dal Parlamento. L’evento ha visto la partecipazione di numerose associazioni, tra cui la Società Italiana di Reumatologia (SIR), Cittadinanzattiva, e il CSV Lazio, che hanno espresso solidarietà alla causa.

Durante la manifestazione, è stato annunciato l’inizio di uno sciopero della fame e della sete, portato avanti dai volontari dell’AISF con modalità a staffetta per evitare rischi per la salute. Giuseppina Fabio, vicepresidente dell’associazione, ha scelto di incatenarsi in segno di protesta estrema, dichiarando: «Non troviamo altra strada se non quella di azioni forti per mostrare il malcontento di una popolazione di pazienti che si sente abbandonata».

Le richieste dei pazienti

Le richieste avanzate dall’AISF e dalle altre associazioni di pazienti sono chiare:

  • Inserimento della fibromialgia nei LEA, garantendo così l’accesso gratuito a diagnosi, cure e terapie per tutti i pazienti.
  • Approvazione di un Testo Unico che riconosca ufficialmente la malattia come cronica e invalidante, tutelando i diritti dei malati.
  • Stanziamento di fondi dedicati nella legge di bilancio per il 2024, per sostenere la ricerca e l’apertura di centri specializzati.
  • Superamento del regime di proroga dei LEA 2017, che impedisce l’approvazione di aggiornamenti fondamentali per includere nuove prestazioni.

Come sottolineato dal senatore Pietro Patton, promotore della conferenza stampa in Senato, «Non c’è più tempo da perdere. Il Governo deve agire per tutelare il diritto alla salute di milioni di italiani. Riconoscere la fibromialgia è una questione di giustizia sociale».

Le sfide economiche e sociali

Un ostacolo significativo è rappresentato dall’impatto economico del riconoscimento della fibromialgia sul Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia, come evidenziato dalla Società Italiana di Reumatologia, una gestione adeguata della malattia, attraverso diagnosi precoci e terapie mirate, potrebbe ridurre notevolmente i costi a lungo termine, migliorando al contempo la qualità della vita dei pazienti.

Sul fronte sociale, la fibromialgia resta una malattia invisibile. I pazienti devono affrontare non solo il dolore fisico, ma anche lo stigma e la mancanza di comprensione da parte della società. Per molti, la malattia rappresenta un ostacolo insormontabile alla vita professionale e personale, costringendoli a ritirarsi dal mondo del lavoro e dalle attività sociali.

Un futuro ancora incerto

Nonostante l’impegno delle associazioni e il supporto crescente da parte della comunità scientifica, il futuro dei pazienti fibromialgici rimane incerto. La Società Italiana di Reumatologia continua a lavorare per migliorare la presa in carico dei pazienti, attraverso l’implementazione di Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) e l’ampliamento della rete reumatologica sul territorio.

Ma come sottolineato dal presidente dell’AISF, Piercarlo Sarzi Puttini, «Dopo quasi vent’anni di battaglie, è tempo che lo Stato riconosca il nostro dolore e ci garantisca il diritto alle cure. La mancata risposta a più di due milioni di malati è insostenibile».

Conclusione: una battaglia di civiltà

La protesta dei malati di fibromialgia rappresenta molto più di una semplice richiesta di riconoscimento sanitario. È una battaglia per la dignità, il rispetto e il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione Italiana. Fino a quando non ci saranno risposte concrete da parte delle istituzioni, i pazienti e le loro famiglie continueranno a lottare, uniti nella speranza di un futuro migliore. Il loro messaggio è chiaro: «Non chiediamo privilegi, ma il diritto di vivere una vita dignitosa».

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