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18 Novembre 2024 - 16:41
Telecamere in Comune
A Cirié si punta su un’idea che, nella sua semplicità, si rivela tanto efficace quanto innovativa: mettere in rete le telecamere private con quelle pubbliche per costruire un sistema di videosorveglianza integrato, capillare e al servizio della sicurezza urbana. Il progetto, battezzato “Telecamere in Comune”, rappresenta un tentativo concreto di coniugare collaborazione tra pubblico e privato, tecnologia e prevenzione, in un’ottica di tutela collettiva.
Il cuore del progetto è un censimento delle telecamere private presenti sul territorio comunale e nelle frazioni. Il modulo di adesione, disponibile a questo link, può essere compilato online in pochi minuti.
Ai cittadini viene chiesto di fornire alcune informazioni essenziali, come la posizione delle telecamere, le aree inquadrate e i tempi di conservazione delle immagini. Tutto, ovviamente, nel rispetto delle normative sulla privacy e in linea con il “Regolamento comunale per la disciplina ed utilizzo degli impianti di videosorveglianza della Città di Cirié” e il GDPR.
La gestione dei dati è affidata esclusivamente alla Polizia Locale di Cirié, che li metterà a disposizione delle Forze dell’Ordine solo in caso di necessità investigative.
Questo significa che le registrazioni delle telecamere private rimarranno sotto il controllo dei proprietari, ma in caso di reati o indagini, potranno essere utilizzate per ricostruire eventi in modo rapido e preciso.
Un esempio pratico? Pensiamo a un furto, a un atto vandalico o a un’aggressione: sapere che esistono telecamere nei dintorni e avere accesso immediato alle immagini può fare la differenza tra un caso risolto e uno irrisolto.
L’idea non è nuova, ma è di certo intelligente.
In altre città italiane sono già stati avviati progetti simili.
A Perugia, ad esempio, è stato introdotto un sistema di censimento obbligatorio per gli impianti di videosorveglianza privata. In quel caso, i titolari delle telecamere devono comunicare i dati delle proprie installazioni entro 60 giorni dall’installazione o da eventuali modifiche. L’obiettivo è lo stesso: velocizzare l’accesso alle immagini da parte delle autorità in caso di necessità.
Anche a Torino è stata sviluppata un’idea analoga, con il progetto “Scudo”, che coinvolge attività commerciali e privati nel creare una rete di sicurezza integrata. Questi esempi dimostrano come il modello possa essere replicato con successo, portando benefici tangibili sia in termini di prevenzione che di intervento rapido.
Il progetto “Telecamere in Comune” non è solo una soluzione tecnologica, ma anche un tentativo di creare una rete sociale più coesa. Coinvolgere i cittadini nella sicurezza urbana significa responsabilizzarli e renderli parte attiva di un sistema che punta a proteggere tutti. Il Comune di Cirié ha deciso di non rendere obbligatorio il censimento, ma di puntare sulla collaborazione spontanea. È un approccio che punta sul senso civico e sulla consapevolezza che la sicurezza è un lavoro di squadra.
L’idea è anche economicamente vantaggiosa. In un momento in cui molte amministrazioni comunali faticano a trovare fondi per implementare nuovi sistemi di sorveglianza, utilizzare le risorse già esistenti rappresenta una scelta pragmatica e sostenibile. Non si tratta di installare nuove telecamere o di gestire infrastrutture complesse, ma di valorizzare ciò che è già presente sul territorio.
Progetti come questo aprono scenari interessanti per il futuro della sicurezza urbana. La possibilità di avere una rete capillare e integrata di videosorveglianza potrebbe, in prospettiva, ridurre i costi per le amministrazioni e aumentare il livello di sicurezza percepita dai cittadini. Tuttavia, resta fondamentale garantire un equilibrio tra controllo e tutela della privacy, un tema su cui molte città, non solo in Italia, si stanno interrogando.
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