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Scuola
18 Novembre 2024 - 10:17
Prima Settimo Torinese e Brandizzo, poi Chivasso: i vermi nei pasti delle mense scolastiche sono diventati il simbolo di un sistema che, tra appalti milionari e controlli insufficienti, non riesce nemmeno a garantire pasti sicuri ai bambini. Invece di trovare un luogo protetto e accogliente, gli alunni si ritrovano davanti a piatti indegni, mentre le Istituzioni si rimpallano le responsabilità. Ma chi avrebbe dovuto agire per prevenire questo degrado?
Tanto per cominciare, il sindaco. Come autorità sanitaria locale, avrebbe potuto – e dovuto – intervenire immediatamente. La legge gli consente di emettere ordinanze urgenti per sospendere un servizio che mette a rischio la salute pubblica, soprattutto dopo segnalazioni gravi. Ma, né a Settimo né a Chivasso, si è vista traccia di questo intervento.
E poi il dirigente scolastico. Responsabile della sicurezza degli alunni all’interno della scuola, avrebbe potuto sospendere autonomamente il servizio mensa, tutelando i bambini e inviando un messaggio chiaro alle società di ristorazione. Anche qui, però, il silenzio ha prevalso sull’azione.
Di fronte a questa catena di omissioni, il diritto al panino da casa diventa l’unica via d’uscita per genitori esasperati. Ma anche qui, le famiglie si trovano intrappolate in un dibattito surreale. Si può o non si può? La risposta è arrivata solo dopo anni di battaglie legali, culminate in una sentenza che ha riaperto il dibattito.
Nel 2016, alcuni genitori di Torino hanno rivendicato il diritto per i propri figli di consumare pasti domestici a scuola, alternativa a un servizio mensa ritenuto inadeguato. Dopo una serie di pronunciamenti favorevoli, la Corte di Cassazione nel 2019 aveva ribaltato tutto, sostenendo che non esiste un diritto soggettivo perfetto all’autorefezione. Tuttavia, il TAR del Lazio, con la sentenza n. 14368 del 13 dicembre 2019, ha riconosciuto nuovamente il diritto degli studenti a consumare pasti portati da casa nei locali della scuola, ribaltando il precedente orientamento.
Secondo il TAR, il servizio mensa è facoltativo per l’ente locale, che può decidere di non erogarlo, e per le famiglie, che sono libere di non servirsene. Inoltre, non esistono motivazioni igienico-sanitarie valide per vietare agli studenti di consumare cibo portato da casa, considerando che gli stessi sono già autorizzati a portare merende e spuntini. Infine, il TAR ha sottolineato un principio fondamentale: il diritto al panino tutela non solo la libertà di scelta alimentare, ma anche il diritto degli studenti a frequentare il tempo mensa senza essere esclusi, anche se non si servono del servizio di refezione.
In un sistema che sembra incapace di garantire nemmeno l’essenziale, il panino da casa non è più una semplice opzione: è un atto di autodifesa e di protesta. Almeno quello, per ora, resta libero da sorprese sgradite.
Insomma la sentenza del TAR Lazio ha riaperto il dibattito sulla possibilità per gli alunni di consumare pasti domestici a scuola, ponendosi in contrasto con la precedente decisione della Corte di Cassazione e privilegiando le scelte alimentari delle famiglie.
In particolare, ad avviso del giudice amministrativo, non vi sarebbero ragioni per impedire ai genitori la facoltà di scegliere tra mensa scolastica e pranzo da casa:
TAR-Lazio-sez.-III^-bis-sentenza-n.14368-del-13-dicembre-2019Download
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