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Bullismo: una piaga sociale
12 Novembre 2024 - 04:30
Un altro suicidio di una minore, anzi un bullicidio, questa volta di una ragazzina, Larimar Annaloro, a Piazza Armerina, in Sicilia.
L’ennesima tragedia nata tra le mura della scuola e data in pasto alla rete con un copione maledettamente identico in ogni caso di questo tipo. La latitudine cambia, ma le dinamiche, il dolore, le conseguenze e la rabbia sono sempre uguali.
Non sono uno psicologo né un pedagogista, ma uno che il bullismo l’ha vissuto sulla propria pelle, evitando il cyberbullismo solo per una questione anagrafica.
Quando leggiamo di questa vicenda, come nelle altre tragiche morti, i ragazzini, perché a 15 anni sei appena uscito dall’infanzia e adulto non lo sei ancora, possono apparire e comportarsi in maniera profondamente gretta, meschina e priva di empatia come un pessimo adulto a cui però a manca il vissuto di un pessimo adulto.
Senza contare che l'esperienza che può mitigare o rendere più saggi può anche peggiorare ed esacerbare i tratti caratteriali. Ripicche, prese in giro; anche pesanti, pestaggi, minacce, violenza psicologica, umiliazione, isolamento, in modo continuativo e sistematico. Un piano di divertimento che contempla la distruzione emotiva e psicologica del bersaglio per la soddisfazione di sé e di qualche complesso interiore. Questa si chiama persecuzione e la praticano con metodo. Non dite sono ragazzini e non sanno quello che fanno.
A quell’età in media sai distinguere il bene il male già fin dalla prima infanzia. Motivi scatenanti?
Rabbia, disagio, noia, idea distorta del divertimento, gelosia, invidia, idea del più forte che schiaccia colui o colei identificati come deboli; qui si inserisce tutta la problematica familiare e del contesto sociale, la differenza da un presupposto standard sociale nel modo di comportarsi e di definirsi (omotransfobia), la nazionalità e la cultura diversa, il semplice modo di vestirsi (vedesi il triste caso del ragazzo dai pantaloni rosa che si chiamava Andrea Spezzacatena).
Stessa cosa si può dire anche della cultura neuro divergenze e disabilità. Le cause possono essere infinite, ma alcune volte non esistono cause ma solo istinto predatorio e di sopraffazione.
Dalla mia esperienza; esperienza utile oggi, nel gestire il bullo adulto, ma che al tempo avrei fatto volentieri a meno, come avrei fatto a meno delle conseguenze di lungo termine sul mio carattere e il mio atteggiamento verso il mondo e i rapporti umani.La vita del bullizzato diventa un inferno fuori e dentro.
Il terrore ti prende la mano e ti accompagna verso la disperazione. Disperazione che porta a pensieri oscuri e negativi che aumentano con il senso dell’abbandono che circonda la vittima, non solo dai compagni/e ma spesso verso la famiglia i docenti che spesso guardano e non capiscono e se sospettano qualcosa sminuiscono: i problemi di un minore sono spesso liquidati come piccolezze rispetto alla vita adulta, alcuni adulti pensano addirittura che fortificano. Che errore madornale.
Qui arriva poi la vergogna, il senso d’inadeguatezza, il senso di colpa della vittima che giunge a pensare che forse se lo merita.
La rassegnazione di quella normalità, del non poter far nulla. Parlare e reagire può perdere di senso.
Chiedere aiuto agli adulti viene percepito come vano: ci sono dei muri tra adulti e ragazzini davvero difficile da scavalcare per un ragazzino/a che sta ancora crescendo e un adulto preso totalmente dalle responsabilità della vita che si è dimenticato cosa sia la vita di un adolescente.
Se trovi il coraggio di parlare, di denunciare, e la reazione degli adulti può essere blanda o inesistente, dopo sarà ancora peggio. Vivresti nella certezza della ritorsione.
Gli adulti da quel momento, se avevi qualche speranza di soccorso in loro, saranno visti come il problema e non la soluzione. Anche la reazione propria diventa un'opzione rischiosa perché un impeto, un moto d’orgoglio, se non hai le spalle coperte da compagni fidati o da un carattere d’acciaio sei finito.
Spesso l’impotenza è figlia prediletta della solitudine e dell’isolamento che il bullo riesce a creare attorno alle vittime.
Parlo della massa silenziosa che non vuole problemi e si limita a guardare. Chi ha vissuto simili esperienze anche da adulto ricorda quegli sguardi come forse la cosa peggiore che l’ha fatto soffrire: occhi spenti che negano la salvezza e la solidarietà.
Occhi omertosi e sollevati.
Così la forza del gruppo del bullo capobranco si può scatenare senza inibizioni: il bullo antropologicamente non è mai solo e capeggia quasi sempre un gruppo di altri bulli nella pura logica del branco. Questa forza soverchiante agli occhi della vittima può annichilire l’animo.
Qui arriva il momento in cui o decidi la resa interiore o la resistenza a oltranza. Due antipodi che possono manifestarsi in molti modi.
La resa si manifesta con lo straniamento, dove ti rifugi in un tuo mondo, la passività; prenderle e subire in silenzio finché tutto non passa in attesa di tempi migliori; l’adeguamento e rinunciare a ciò che sei e di come vuoi vivere nella speranza di togliere pretesti, trasformarsi a sua volta in un bullo; dove scarichi rabbia e risentimento su chi ti vuole bene o su un perfetto estraneo che ritieni più debole di te, c’è la fuga, dove pur di liberarsi sei pronto a cambiare scuola o a perdere anche anni scolastici, poi c’è la resa alla vita; ossia l’idea suicidaria come unica idea di vera liberazione.
Il punto di partenza di ognuno può essere diverso e questi gironi danteschi possono mischiarsi e ricombinarsi con diverse sfumature, svanire e riapparire al variare della gravità del bullismo ricevuto e dal senso d’isolamento dentro e fuori la scuola. La differenza da qui in poi, come già detto, la fa tutta la resilienza della vittima.
Chi non crolla invece spesso lo fa grazie all’idea della rivalsa futura, reale e immaginaria che sia; morale economica o fisica. Poi c'è chi sfida i bulli volutamente pur di non cambiare ed essere libero nell’animo, accettando le conseguenze fisiche e psicologiche.
Poi c'è il vicolo cieco della vendetta, dove non importano le conseguenze su se stessi e che consuma l’animo fino a portare anche ad atti estremi sui persecutori e gli indifferenti.
Resa e resistenza presentate così possono sembrare per brevi tratti simili nei comportamenti esterni: da fuori non sembra esserci questa grande differenza.
Quello che cambia è l’animo con cui sopravvivere all’inferno che ti vuole inghiottire le conseguenze su se stessi e gli altri, amici o nemici che siano.
Il tempo passa, la scuola finisce, la vita va avanti, ma questa persecuzioni hanno effetti terribili non solo nel momento in cui vengono vissute dal bambino/a o ragazzo/a adolescente, già di per se’ impegnato a fare i conti con un’età difficile, ma può lasciare cicatrici persistenti e pervasive su chi lo subisce, e sia a livello sociale, psicologico di salute che perdurano anche nell’età adulta.
Ansia, depressione, isolamento sociale volontario, difficoltà nelle relazioni interpersonali, manifestazioni psicosomatiche, possono essere le conseguenze che un parte dei bullizzati si porterà dietro anche dopo decenni.
Altri lo superano è diventano molto forti e resilienti.
Famiglia, gruppo sociale, fattori, percorso di studi e di lavoro, indole e carattere, fattori biologici, tutto questo brodo fa la differenza tra chi supera incolume e chi no.
Se mi guardo indietro alla mia esperienza, con il senno di allora, sarebbe stato buttarli fuori dalla scuola e/o punirli platealmente fino all’umiliazione. Quante volte vuoi vittime che leggete avreste voluto questo a quel tempo? Ma oggi so che quello di cui avevo bisogno al tempo sarebbe stato il dialogo, instaurare un rapporto di fiducia con gli insegnanti, coinvolgere i genitori, la solidarietà anche di un solo compagno e un percorso psicoterapeutico.
Osservate i vostri figli, chiedetegli come è stata la giornata e siate pronti ad ascoltarli per davvero. Potete dirgli tante cose ma per favore non ditegli mai di adeguarsi o arrendersi perché il mondo va così. Perché il mondo non deve per forza andare così. La legge della giungla dovremmo averla superata da qualche millennio.
Lottare insieme ai vostri figli e denunciare per far capire a chi vuole fare l’ignorante (insegnanti, compagni) fino a che il bullo/i non viene sconfitto o salvato da se stesso. Mai lasciare sola la vittima. Ci sono anche associazioni come il Centro nazionale contro il bullismo che fanno prevenzione e aiutano le vittime.
Parliamo del bullo, parliamo dell’altra parte. Cosa fare con un bullo? Cosa può fare la scuola e la famiglia. Punizioni, umiliazioni, sospensioni, divieti, carcere servono a poco. Con questi mezzi la possibilità di pentimento del bullo sono sostanzialmente nulle. Il bullo la vedrà come conferma che i suoi metodi sono gli stessi che usano gli adulti.
Per curare il bullo la soluzione più coerente e ancora più ore scuola, interazione col mondo di chi aiuta i deboli e tanta terapia. Risvegliare la sensibilità interiore, la capacità di mettersi nei panni altrui che ognuno di noi possiede, così assopita dalla desensibilizzazione alle emozioni di questi ultimi decenni impongono come modello. Prendere coscienza delle proprie emozioni e di quelle altrui. Far capire che la vita non è un videogioco e che ci sono conseguenze su se stessi e sugli altri.
Io come maschio ho conosciuto fin troppo bene il bullismo maschile ma sono stato anche sfiorato da quello femminile per un breve periodo e l’unica cosa che posso dire è che il bullismo femminile esiste e ha caratteristiche proprie, diverse da quello maschile. Come evidenziato dall’UNESCO, la percentuale di ragazzi che subiscono atti di bullismo risulta infatti poco più elevata di quella delle ragazze. Stando ai dati GSHS, nel 30,4% dei casi, le vittime tra i 13 e i 15 anni sono femmine e nel 34,8% dei casi sono maschi. I dati HBSC mostrano una fotografia simile, dove nel 28,2% dei casi le vittime sono femmine e, nel 30,5%, maschi.
Mentre quello maschile è più fisico e diretto e non fa discriminazione di genere, quello femminile, più difficile e facile da nascondere, è prevalentemente intragenere, più psicologico, relazionale di esclusione che solo alla fine può diventare fisicamente violento verso le altre ragazze. Le cause e le conseguenze invece, con sfumature diverse, sono sostanzialmente le stesse sia per maschi che per le femmine.
L'arrivo dei social media, che io per fortuna non ho vissuto in età scolastica, ha creato il cyberbullismo che non è nient'altro che il trasporto del bullismo dal mondo reale virtuale che ha regalato al bullo l’anonimato e il potere di abbattere le barriere dello spazio e del tempo.
Perdonare e non dimenticare, non per qualche grazia dello spirito santo ma principalmente per vivere in pace con se stessi. Scegliere di non odiare più per non essere consumato da esso: l’odio non ha mai portato a nulla di buono e utile. Peggiora solo la vita della vittima e si allarga come una malattia nell’animo che rende irriconoscibili a se stessi e agli altri.Non odiare più però non vuol dire né perdonare il bullo e dimenticare. Vuol dire chiudere un capitolo della propria vita. Essere egoisti e amarsi.
Suggerisco alcuni libri per approfondire l’argomento:
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