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Stellantis annuncia 1.100 Licenziamenti per recuperare competitività sul mercato

Con 1.087 nuovi esuberi e l'incertezza sul piano di elettrificazione, Stellantis lascia nell'incertezza migliaia di lavoratori. La Fiom-Cgil denuncia: "È un piano di dismissione industriale". Il governo chiamato a intervenire

Stellantis: 1.100 Licenziamenti a Toledo per Risanare la Competitività

Stellantis

È un novembre caldo quello di Stellantis. Tra le preoccupazioni sindacali e un clima di crescente incertezza, il colosso automobilistico ha diramato una nuova nota sugli esuberi in Italia, annunciando la riduzione di altri 1.087 posti di lavoro, che si sommano ai precedenti 2.500 già programmati per il 2024. La mossa, giustificata dall’azienda come un “adeguamento necessario” alla transizione verso l’elettrificazione, ha scatenato un’ondata di proteste e di apprensione, non solo tra i lavoratori, ma anche tra i rappresentanti sindacali e i cittadini delle aree coinvolte. Ma cosa c’è realmente dietro questa decisione? È solo un tassello di una strategia globale o si tratta dell’inizio di una “dismissione industriale”, come la Fiom-Cgil non ha esitato a definire?

Il piano Stellantis: gli stabilimenti italiani colpiti

Nella nota diffusa da Stellantis, il gruppo ha specificato come i nuovi esuberi siano distribuiti tra diversi stabilimenti italiani: a Melfi, cuore pulsante della produzione italiana, verranno eliminati 500 posti, mentre Pomigliano d'Arco ne perderà 424, Termoli 121, Cento 30 e Verrone 12.

Il totale delle uscite incentivate raggiunge così le 3.597 unità in pochi mesi. L’azienda ha scelto la via delle dimissioni volontarie, sperando di ridurre al minimo l'impatto sociale, ma la realtà è che questo massiccio ridimensionamento non può non lasciare ferite profonde nel tessuto produttivo e occupazionale italiano.

La reazione dei sindacati: “È un piano di dismissione industriale”

Non si è fatta attendere la risposta dei sindacati. La Fiom-Cgil, tra i primi a intervenire, ha parlato senza mezzi termini di un “piano di dismissione industriale mascherato”.

Secondo il sindacato, la direzione intrapresa da Stellantis non riflette una vera volontà di rilancio e innovazione, ma piuttosto un graduale disimpegno dalla produzione in Italia. A pesare su questo giudizio sono i numerosi dubbi sollevati sull'effettiva volontà del gruppo di portare avanti piani di elettrificazione e transizione verso tecnologie ecologiche, come previsto dall’European Green Deal e dagli obiettivi di sostenibilità prefissati a livello europeo. La Fiom ha anche richiesto un intervento governativo urgente e un incontro chiarificatore con l’amministratore delegato Carlos Tavares, con l’obiettivo di ottenere garanzie e certezze sui progetti futuri di Stellantis in Italia.

I rischi per l’intero settore: Italia sempre più marginale?

Se il futuro di Stellantis in Italia appare incerto, le ripercussioni di questa situazione vanno ben oltre i confini aziendali. Con una filiera dell'automotive che conta centinaia di migliaia di occupati e rappresenta una fetta significativa del PIL nazionale, una riduzione della produzione o uno spostamento verso altri paesi potrebbe avere conseguenze devastanti per l’economia del Paese. Il settore, infatti, non solo crea lavoro diretto, ma genera un indotto che impiega migliaia di piccole e medie imprese che dipendono dai grandi gruppi per la loro sopravvivenza.

La transizione ecologica e l’elettrificazione dei veicoli, per quanto necessari e inevitabili, stanno mettendo sotto pressione soprattutto i produttori europei, chiamati a riconvertire rapidamente i loro stabilimenti per competere con colossi internazionali come Tesla o i produttori cinesi, che hanno ormai una posizione predominante nel mercato dei veicoli elettrici. Le case automobilistiche europee, come Stellantis, devono fronteggiare non solo una concorrenza spietata, ma anche un cambiamento epocale nel modo in cui le automobili vengono progettate, prodotte e vendute.

Maserati e l’elettrificazione: un’altra incognita

A complicare ulteriormente lo scenario è la questione Maserati. Durante un recente incontro con i rappresentanti sindacali, Tavares non ha confermato i piani di elettrificazione del brand di lusso italiano, che erano stati annunciati in precedenza. Maserati, uno dei marchi di punta di Stellantis, rischia di diventare il simbolo delle difficoltà della transizione in atto: da un lato, la necessità di modernizzare l’offerta, dall’altro l’impatto economico e produttivo di una riconversione su larga scala. Se i piani per Maserati dovessero arenarsi, non solo verrebbero compromessi posti di lavoro specializzati, ma anche l’immagine del marchio “Made in Italy”, che da sempre rappresenta il prestigio dell’automobilismo italiano nel mondo.

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La questione politica: dove sta il governo?

In questo clima di incertezza, cresce la pressione sul governo italiano. I sindacati hanno chiesto l’intervento dell’esecutivo, affinché si possa aprire un tavolo di confronto con Stellantis e ottenere rassicurazioni sul futuro degli stabilimenti italiani. Il Ministero dello Sviluppo Economico, infatti, non può ignorare il rischio di un “effetto domino” sull’economia nazionale che potrebbe derivare dal ridimensionamento di Stellantis in Italia. Le domande in gioco sono molte: è possibile evitare che Stellantis segua la strada della delocalizzazione e del disimpegno? Quali incentivi e garanzie possono essere messi in campo per assicurare che la produzione resti in Italia?

In un periodo storico in cui l’Italia lotta per non perdere competitività nei settori strategici, Stellantis diventa una cartina tornasole della capacità politica ed economica del Paese di sostenere la transizione ecologica senza sacrificare il lavoro e l'occupazione.

Futuro incerto: sarà davvero sostenibile?

Dietro la decisione di Stellantis, appare una realtà complessa e, per molti versi, drammatica. La transizione ecologica, pur essendo una necessità imposta dalle esigenze ambientali e dalle normative europee, rischia di lasciare sul campo troppe vittime. Gli obiettivi di sostenibilità e riduzione delle emissioni di CO₂, che tutti i grandi gruppi automobilistici sono tenuti a rispettare, comportano investimenti ingenti e una trasformazione radicale dell’intera struttura produttiva. Ma chi pagherà il conto di questa transizione? E gli impegni presi da Stellantis verso l’Italia saranno mantenuti o rappresentano solo promesse destinate a evaporare di fronte alla necessità di ottimizzare i costi e aumentare i profitti?

La questione non è solo economica, ma sociale e politica. L'Italia si trova di fronte alla sfida di proteggere i suoi lavoratori e il suo know-how industriale in un settore in piena rivoluzione. Tuttavia, la mancanza di risposte certe e la percezione di una progressiva dismissione degli stabilimenti italiani da parte di Stellantis mettono in discussione la capacità del Paese di mantenere un ruolo di primo piano nel panorama industriale internazionale.

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