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29 Ottobre 2024 - 08:00
Il nucleo orientale di Succinto raccolto attorno alla chiesa parrocchiale.
A differenza di decenni fa, oggi Succinto conta pochissimi residenti. Il borgo sembra essersi fermato alla gloria passata: una chiesa imponente, case tipiche di montagna con tetti in losa, un’aria vissuta e la vista, splendida e unica, verso una vallata che toglie il fiato. Quando si arriva alla frazione ci si immerge in un’aria nuova, silenziosa ma al tempo stesso piena delle vita che fu».
Questo scrive Renza Colombatto, sindaco di Traversella, nella presentazione al libro recentemente dato alle stampe da Guglielmo Berattino: Succinto. Vicende di una piccola comunità nell’alta Valle del Chiusella. Il libro è una fonte preziosa di informazioni.
Dal 1929 Succinto, così come gli altri dieci cantoni di Valchiusella, – questo era il nome originario delle borgate di alta quota – è diventato una frazione di Traversella.
Oggi c’è poca gente, ma non sempre è stato così. Lassù c’era vita.
Da una relazione di metà Ottocento (luglio 1847) inviata dalla Comunità di Valchiusella al Maggiore Generale Governatore del Castello di Ivrea apprendiamo che il paese era composto da undici piccole borgate.
Queste erano Chiara (80 anime), Cappia (45 anime), Succinto (187), Lasazzo (13), Fondo (75), Tissone (61), Talorno (90), Perotto (44), Ghedo (60), Durando (25), Delpizzen (35), tutte assieme contano 715 anime.
Qualche decennio prima, ad inizio Ottocento, erano 988. È interessante notare che in tutto il Canton di Vico, com’era definito, gli abitanti erano 5474: 893 a Brosso, 832 a Drusacco, 292 a Meugliano, 186 a Novareglia, 902 a Traversella, 465 a Trausella, 916 a Vico, oltre a quelli già detti di Valchiusella, di cui Succinto faceva parte.
«In questo Comune alpestre – è scritto nella relazione del 1847 – non si fa traffico di sorta, tranne lo smercio delle grassine (cioè i derivati del latte come burro e formaggio, nda) da cui gli abitanti ritraggono la maggior loro sussistenza, non producendo questo territorio che fieno, patate e qualche poso di segale».
Delle strade di collegamento, alcune sono praticabili solo da pedoni e d’inverno «la neve giunge talvolta all’altezza di due o più metri». Per questo, in tanti vanno a svernare altrove (Lessolo, Alice Superiore, Issiglio, Fiorano, Vico e Drusacco) e ritornano solo a primavera inoltrata.
Anno 1938, parte della popolazione di Succinto in festa per l’inaugurazione della centralina di produzione della luce elettrica. Al centro, in alto, il parroco don Carlo Rolfo.
Succinto, tra tutte le borgate che formavano allora la Comunità, era chiaramente quella più popolata.
Queste, e molte altre informazioni, si desumono dalla recente opera dell’instancabile ricercatore Gugliemo Berattino, che nelle curatissime pagine affronta nel dettaglio molti aspetti della vita del paese: le vicende civili, la vita religiosa, le opere pubbliche, la scuola, i pascoli.
Arrivare al paese non era facile. Fino a poco tempo addietro era raggiungibile solo attraverso ripide mulattiere.
Quasi cinquant’anni fa, nel 1977, scriveva Mario Perucca in Invito alla Valchiusella: «Andarci è un duro salire e c’è tempo di vedere tra l’erba l’andirivieni delle formicole e i germogli dei fiori che verranno e di sentire in petto la voglia di voci gioiose. Il rintocco dell’orologio ti piglia quasi a tradimento.
Non l’aspetti: sei come impreparato a sapere la vita lassù, quasi tutto l’anno. (..) L’erba è pingue e profuma di voli di grilli e c’è sempre una bovina dagli occhi miti che si ferma a guardarti ed il cane abbaia e l’uomo si volta e ti saluta alzando il bastone. Nel piccolo cimitero non c’è tristezza: solo accorata pacatezza».
Berattino ricorda che forse nessuno meglio di Perucca è riuscito a rendere, in poche parole, l’incanto che si prova nel raggiungere, dall’antica mulattiera, questo piccolo borgo posto quasi a 1200 metri di quota.
Una piccola curiosità, tra le tante che si possono trovare tra le pagine del libro: lassù c’era già un telefono nel 1886.
«L’allora parroco di Fondo Valchiusella, don D.G. Tonso (originario di Montalenghe, morto nel 1938), “versatissimo nella scienza e nella meccanica”, d’accordo con il Rettore di Succinto, don Giacomo Francesco Minola, anche lui versato nella fisica e nella matematica, realizzarono il primo apparecchio telefonico che collegava le due case parrocchiali dai due cantoni. I due si costruirono manualmente le pile, la cabina, le cuffie e tutto l’occorrente e distesero il filo, sorretto da apposita palificazione, tra le due borgate. Anche se col tempo l’opera divenne obsoleta (un uragano distrusse il filo e nessuno mai più pensò di riattivarlo) fino a qualche anno fa quel rudimentale apparecchio telefonico era conservato, quale prezioso cimelio, nella casa parrocchiale di Fondo».
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